Articolo pubblicato su IUA n° 1, anno X, Gennaio 2023

Già nel 1266 e 1268 con le battaglie di Benevento e Tagliacozzo in cui aveva trionfato il guelfismo, Pisa per il suo ghibellinismo aveva avuto la peggio, sormontata dalle città guelfe di Firenze e Lucca. Nonostante avesse aiutato il papato per le crociate e la lotta per le investiture, in questo periodo lo stesso papato le si tramutò in nemico accanito. Così nel 1267 il papa pensò di concedere l’investitura per la Sardegna a un principe straniero. Aspiravano a ciò Carlo d’Angiò, Giacomo d’Aragona ed Enrico di Castiglia, a discapito di Pisa che avrebbe perso la maggior parte dei suoi redditi di provenienza sarda.

Con i Vespri Siciliani del 1282 i Siciliani, ribellandosi agli Angioini (capi dei Guelfi in Italia), offrirono la propria isola a Pietro III d’Aragona e questo fu un duro colpo per i guelfi e per gli Angiò in Italia. La casa Aragonese stava dalla parte dei Ghibellini e, mentre Alfonso III figlio di Pietro III si riconciliava con il papato, non così i fratelli Giacomo e Federico che gli successero nel governo d’Aragona e di Sicilia. Federico divenne emblema del ghibellinismo italiano. Il papa Bonifacio VIII volle staccare a questo punto gli Aragonesi dai Ghibellini e strappare loro la Sicilia. Pietro III morì nel 1285, gli successe il figlio Alfonso chiamato “Il Liberale” che lasciò il regno di Sicilia al figlio minore Giacomo II.

Il 20 gennaio del 1296 il papa Bonifacio VIII (Benedetto Caetani) nominò Giacomo II d’Aragona Grande Ammiraglio della Chiesa, staccandolo dai Ghibellini, e nel 1297 gli concesse l’investitura della Sardegna e della Corsica in cambio della rinuncia alla Sicilia, da consegnare a Carlo II d’Angiò, e del non intervento contro il fratello Federico. Lo scambio risultò subito conveniente per entrambe le parti. In virtù degli accordi di Anagni (12 giugno 1295: Trattato di Anagni tra Giacomo II d’Aragona e Carlo II d’Angiò per cui Giacomo II ricevette dal Papa il permesso della conquista della Sardegna e Corsica dando così origine al Regnum Sardiniae et Corsicae) Giacomo II e la Corona lasciarono la Sicilia e occuparono la Sardegna, in posizione strategica nel Mediterraneo. La Sardegna in questo periodo era occupata dai Pisani che, oltre alla Gallura, possedevano parte dell’ex giudicato di Calari compreso il “Castrum Calari” (Castello) di Cagliari, città fortificata. Quando Pisa seppe dell’investitura di Giacomo II d’ Aragona, preoccupata, gli mandò ambasciatori per chiedere amicizia e alleanza. Per ragioni politiche il re non si decideva ad intervenire militarmente, nonostante le varie pressioni dai nemici di Pisa, cioè Lucca, Firenze, Genova, i Malaspina, i Doria e i prelati sardi. Pisa tentò varie vie diplomatiche e offerse anche sé stessa pur di salvare l’isola. Intanto fortificava i castelli di Iglesias (dominavano i Gherardesca) e di Cagliari, costruì nuove mura nel quartiere di Stampace e tra il 1305 e 1307 eresse le torri di S. Pancrazio, dell’Elefante e dell’Aquila, presidiando rocche e castelli con armati. Pensando di poter resistere al re d’ Aragona alla fine ruppe le trattative. Questo diede impulso agli Aragonesi, re di diritto ma non di fatto dell’isola, ad entrarne in effettivo possesso stringendo alleanze con gli Arborea, i Doria e i Malaspina avversari dei Pisani, che diventarono i nemici da sconfiggere.

Bonifacio VIII determinò, in sintesi, i destini sardi, sbarazzandosi dei Pisani e impedendo l’espansione arborense. Infatti tolse all’arcivescovo di Pisa il controllo sul clero sardo e nominò prelati e vescovi ad essa ostili, favoreggianti gli Aragonesi. In Sardegna, in quel periodo, i Pisani monopolizzavano il commercio, le miniere e le industrie, esercitavano gravami fiscali e costituivano una minaccia per il Giudicato di Arborea. L’infante Alfonso ebbe l’incarico della conquista della Sardegna e organizzò una flotta al comando di Francesco Carroz.  Le truppe Arborensi, guidate da Ugone II di Bas-Serra, con lo scopo di impossessarsi dell’isola e rendere reale il “Regno di Sardegna e Corsica” assalirono i Pisani, ricevendo oltremodo dagli Aragonesi tre galere (remiere da combattimento basse e sottili molto veloci), cariche di armati. L’ammiraglio Francesco Carroz partì il 31 maggio 1323 da Port Fangos in Tarragona, con una potente flotta di 300 navi. (di cui 60 galere, 24 navi a vela, cocche – nave grossa d’alto bordo a tre alberi – e usciere – dotate di un portellone per far salire gli animali – per il trasporto dei cavalli). Approdarono nel Golfo di Palmas (nel Sulcis) il 13 giugno, dopo una sosta a Minorca, su consiglio di Ugone II. Aragonesi e Arborensi, insieme, assediarono Villa di Chiesa (Iglesias) che si arrese dopo sette mesi. Successivamente le truppe si diressero verso Castel di Castro di Calari. Nei dintorni di Elmas, in località Lucocisterna (o Lutocisterna da lutus = fango, luogo fangoso) i Catalano-Aragonesi sconfissero i Pisani-Sardi distruggendone tutte le navi. A capo dei due eserciti c’erano da una parte Manfredi della Gherardesca, conte di Donoratico, con 200 cavalieri tedeschi, 200 pisani, 500 fanti e balestrieri, 200 cavalieri Sardi della città di Terranova (Olbia). Dall’altra l’infante Alfonso con 500 cavalieri e 1000 fanti. E fu subito battaglia con diversi assalti in cui furono feriti sia Manfredi che Alfonso, l’ambiente paludoso in cui si svolse la battaglia e le pesanti armature fecero sì che molti guerrieri perissero nello stagno. La vittoria di Lutocisterna aprì le porte agli Aragonesi. Fu firmata una pace (19 giugno 1324) per la quale i Pisani cedevano i territori del Cagliaritano e di Gallura tenendo solo Castrum Calari (Cagliari).

Secondo i piani di Ugone II di Bas-Serra, sovrano del Giudicato di Arborea (1321-1335, figlio di Mariano III e Padulesa de Serra), Giacomo II d’Aragona avrebbe avuto interesse a lasciargli amministrare indisturbato il suo giudicato e conseguentemente sottomettere tutta la Sardegna in nome del re d’Aragona, cosicché sarebbe rimasto sovrano, pur pagando tributo e giurando fedeltà al re. Ma i disegni di Giacomo II erano ben diversi da quelli di Ugone. Le mire aragonesi consideravano la Sardegna come pilastro indispensabile per eliminare la concorrenza delle marinerie italiane. (Nella fotografia a destra: Torre aragonese di Ghilarza).

Le superbe torri e mura di Cagliari elevate intorno al castrum resistettero agli assalti, ma la fame costrinse gli assediati ad accettare le condizioni di resa imposte dai vincitori. Il 19 giugno 1324 si trattò la resa per cui i Pisani sarebbero potuti restare in Sardegna a condizione che prestassero giuramento di fedeltà agli Aragonesi: Pisa avrebbe continuato ad avere il Castello e i rispettivi borghi di Cagliari, ma come feudo del re e dietro pagamento di un tributo annuo. Le saline sarebbero passate alla corona.

Intanto Ugone di Arborea, che mirava all’espansione del suo territorio, consigliava il re di fiaccare la potenza dei Doria smantellando Castelgenovese (attuale Castelsardo) e Alghero. Fu ripresa la guerra, Genova capì troppo tardi l’errore di aver favorito Giacomo II. I Genovesi attaccarono Cagliari ma inutilmente (29 Dicembre 1325).

Torre aragonese di Porto Torres

Ma i Doria non si rassegnarono e strinsero alleanza coi Pisani, di conseguenza il re esiliò da Cagliari anche i frati predicatori e quelli di S. Francesco che stavano dalla parte di Pisa e avrebbero voluto il loro reinsediamento in castello. Diventati nemici degli Aragonesi, i Doria assieme ai pisani lottarono contro la durezza dell’amministrazione regia, una loro flotta affrontò quella degli Aragonesi, guidati da Ramon de Peralta (gennaio 1326) che però ebbero la meglio, conquistando le mura di Stampace e facendo strage di Pisani. Così che Pisa nel giugno 1326 cedette definitivamente Castel di Castro al Regno di Sardegna e mantenne le curatorie di Trexenta e Gippi con l’alternativa di andarsene o rimanere come sudditi del re. Il 9 giugno 1326 le armate iberiche entrarono dalla porta Pisana di San Pancrazio, trionfanti, rinominando la città Castel de Caller nuova capitale del Regno. Le case abitate dai Pisani espulsi vennero assegnate ai sudditi della Corona d’Aragona. Occupata la rocca dai nuovi vincitori, col decreto del Ceterum (1327) si ordinava agli abitanti del nuovo quartiere di Bonaria (voluto dagli Aragonesi per bloccare il porto cagliaritano e allontanare i Pisani) di abbandonarlo e chiudere il porto per invogliare tutti gli Iberici a stabilirsi nel castello e godere degli stessi privilegi di Barcellona, concedendo esenzioni e l’approvvigionamento gratuito del sale. Monopoli commerciali e diritti vari seguirono a vantaggio di Catalani e Aragonesi abitanti nel castello, facendo di esso l’unico mercato di tutto il Regno di Cagliari. (Totius regni Callaris). Nel 1333 si proibì ai Sardi (come già avevano fatto i Pisani) di pernottare nel castello, a meno che non fossero sposati con donna catalana. Al tramonto suonava la trombetta a “fora Sarts”(fuori i Sardi) e chi fosse stato trovato nel castello sarebbe stato gettato giù dalle mura. Questo stesso trattamento si estese nel 1455 anche ai Sardi con consorte catalana: il castello di Cagliari divenne roccaforte esclusivamente aragonese. Nel 1481 venne concesso il diritto di abitare in castello ai catalani sposati con donna sarda e solo nel Cinquecento, sotto Carlo V, caddero tutte le restrizioni.

Torre di Longonsardo presso Santa Teresa di Gallura – fotografia di Alberto Pestelli, agosto 2005

Malumori e contrasti furono il risultato del governo degli Aragonesi in Sardegna. Mentre Pisa e Genova nella loro organizzazione militare non erano state dispendiose, avevano rispettato la libertà dei territori conquistati e avevano contenuto  le tassazioni entro limiti tali da non impedire lo sviluppo economico, non così fu per l’Aragona, il cui governo monarchico accentratore fu ulteriormente dispendioso dal punto di vista militare; tutto ciò si riflesse rovinosamente sui Sardi, sempre più poveri. Repressioni, saccheggi ed esilio furono i metodi spietati, con conseguente annullamento di ogni autonomia.

Bibliografia

Natale Sanna Il cammino dei sardi 2003 Sestu Cagliari

Francesco Cesare Casula La Sardegna Aragonese SS 1990

Immagini: Digital library; Catalogo beni culturali.it; leggende e tradizioni di Sardegna Contus Antigus; Alberto Pestelli: Torre di Longonsardo presso Santa Teresa di Gallura (agosto 2005)

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