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La fatica di essere umani

Tra gli innumerevoli delitti contro l’ambiente che si compiono nel mondo ogni giorno, mi ha particolarmente colpito il disastro che è avvenuto nella Riserva naturale delle Cesine, nei pressi di Lecce, zona che ho visitato parecchi anni fa. Si tratta dell’ultimo lembo delle grandi paludi costiere che, un tempo, costellavano la marina tra il capoluogo del Salento ed Otranto, e, per questo, di massimo interesse naturalistico. Frequentata da tante specie di avifauna migratoria, costituisce un rifugio sicuro per i volatili. Orbene, un incendio ha devastato questa oasi pochi giorni fa, incendio appiccato dalle mani dell’uomo, come subito apparso evidente. Qual sia la ragione che ha spinto a questo gesto, è difficile comprenderlo, dato che il territorio incendiato non è edificabile né altrimenti utilizzabile. L’incendio è stato accuratamente preordinato, quindi non si tratta di un evento accidentale. Certo, può essere opera di un piromane, cioè di un folle. Ma un folle molto lucido, a quanto pare. Quando però si pensa a ciò che sta accadendo in Parlamento, dove i rappresentanti eletti dal popolo stanno dibattendo se approvare una legge che contiene abominevoli modifiche nella normativa sulla caccia, naturalmente a favore dei cacciatori, delle modifiche che sarebbero sanzionate dall’Unione Europea, ogni dubbio scompare. Il problema non riguarda più le capacità mentali degli individui, ma, più semplicemente, lo scegliere o meno di comportarsi umanamente. Essere veramente umani è una faticaccia che non tutti sono in grado di affrontare…

Buona lettura e buona estate a tutti i nostri lettori!

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Io abito la Possibilità.

Una casa più bella della prosa,

con molte più finestre

superiore, quanto a porte. […]

Così scriveva Emily Dickinson, affacciandosi sul mistero prodigioso della poesia, dalla sua stanza in penombra, isolata ma aperta al mondo esterno, tanto sconosciuto quanto affascinante, del linguaggio poetico, della sua esistenza incontrovertibile. Effettivamente, l’ampio sguardo, che è poi cammino, talvolta a occhi bendati, altre volte in piena luce, che si compie quando scriviamo o leggiamo poesia, rivela sentieri, strade seminascoste, anfratti verdi di foglie che non conoscevamo prima di appoggiare la penna sul foglio o, più modernamente, di digitare su una tastiera, o, semplicemente, di leggere. La poesia non chiede, si apparta, lascia tracce di sé come pietruzze o molliche di pane recuperate dalle favole. Ogni sguardo ha un suo moto, si avvicina a un sentire, a un sentimento, ma non li svela; traducendoli in parole, ne acchiappa solo la coda come scia di cometa che poi scompare nel blu sopra i deserti. Forse è questo, banalmente, il fascino sospeso e sotteso in ogni poesia, l’imprendibilità, la spiegazione a mezz’aria, qualche volta l’illusione e il sogno che atterrano per un attimo tra i versi. Leggiamo per conoscere, ma anche per lasciarci andare, per ricordare o trovare analogie con i nostri sogni, per riconoscerci, alla fine. E questa identità, questo specchiarci nelle parole altrui, in fondo conducono al beneficio poetico, all’immortalità della poesia. In questo numero, tante poesie che “abitano” alcune delle possibilità che questa arte offre, in squarci e lampi che allargano visioni.

Buone letture e buona estate.

Iole Troccoli

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IUA 2023 - B - Febbraio
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