Carro del Santo a Sedilo

IUA n° 7, anno X, Luglio-Agosto 2023

Carro del Santo a Sedilo

In primavera, ma non solo, si susseguono in Sardegna, tanti eventi legati alla tradizione popolare, quali sagre calate nell’economia produttiva del territorio, oppure risultato di espressione storica, o religiosa, o artistica. Sagre e feste si rincorrono per tutto l’anno, ma in primavera ricadono quelle dalla maggior affluenza turistica, proprio perché belle e significative per il folklore e la storia sarda. Tradizioni antiche, traslate nella modernità, fanno affiorare la percezione visiva e a pelle di quanto siano radicate nella genetica sarda. Basterebbe citare solo le grandi sagre come quella di S. Efisio a Cagliari, la Cavalcata di Sassari, il Redentore a Nuoro, la Sartiglia di Oristano, San Simplicio ad Olbia, per toccare da vicino quello che è il tempo storico di secoli passati, riportati alla memoria con orgoglio e con grande bellezza. Svariati i costumi dai colori vivaci e luminosi, impreziositi dalla loro stessa elegante fattura e dai gioielli del nostro artigianato locale. E ancora da ammirare gli eleganti ed eretti cavalieri ben saldi sui loro cavalli ben strigliati. Emozioni che i turisti riportano ai loro paesi d’origine facendole durare nella memoria. Però ci sono anche sagre di tono minore, e magari meno conosciute, ma non per questo meno importanti. L’importanza della sagra è proporzionata alla convinzione del popolo che l’organizza, alla partecipazione di popolo, alla devozione, alla ripetitività del rito.

Una di queste sagre minori è appunto quella di Sant’Isidoro che si festeggia in quasi tutti i paesi della Sardegna, è proprio sagra di popolo grandemente diffusa, è questa la sua importanza. Sinnai, Mandas, Silanus, Senorbi, Quartucciu, Orosei, Galtelli, Sedilo, Genoni. Orroli, Calangianus, Santa Teresa di Gallura, Samassi, Soleminis, Gonnosfanadiga, San Gavino, Villacidro, San Nicolò d’Arcidano, Uta, Dorgali, Aidomaggiore, Porto Pino, Serramanna, Atzara, Collinas, S. Andrea Frius, Solarussa, Teulada e l’elenco potrebbe continuare abbracciando ancora altri paesi sardi che venerano Sant’Isidoro contadino, con processioni e carri trainati da buoi inghirlandati a festa con grano e fiori di campo. E quando non ci sono i buoi sfilano a lungo i trattori infiorati. Le processioni sono accompagnate dai canti di lode al Santo in lingua sarda i gosos o goccius.

È commovente che ancor oggi, come avveniva nei tempi passati, si chieda la benevolenza al Santo per un buon raccolto e si affidino le messi, per allontanare qualsiasi calamità. Si chiede soprattutto che non manchi l’acqua, affinché i campi restino fertili e adatti al pascolo. Oltre l’aspetto religioso della festa che è l’aspetto primario, non manca mai l’espressione della tradizione, costituita da balli, canti, sfilate in costume e gare poetiche rigorosamente in lingua sarda, e ancora svariate rappresentazioni folkloristiche.

Isidoro nacque a Madrid nel 1080, sposò Maria Toribia beatificata da Innocenzo XII nel 1697, da questa unione nacque un figlio. Isidoro era agricoltore sotto padrone, ed essendo un fervente cristiano, faceva diverse soste dal lavoro per ritirarsi in preghiera. Ma nonostante le diverse soste, il suo lavoro risultava sempre superiore a quello degli altri contadini. Si diffuse la voce che il raccolto del suo grano venisse raddoppiato miracolosamente. Morì il 15 maggio del 1130 e la sua fama si moltiplicò molto velocemente in Europa e nelle colonie spagnole d’America. Il miracolo del pozzo è quello più conosciuto. Con la preghiera sarebbe riuscito a far salire il livello dell’acqua per salvare un bambino che vi era caduto dentro. Nel 1622 divenne Sant’Isidoro, canonizzato da Gregorio XV. Le sue reliquie si trovano nella Cattedrale di Madrid.

Nella foto a destra: Statua di S.Isidoro a Dorgali

A volte in alcuni paesi come ad esempio Teulada, la sagra viene ripetuta oltre che a maggio anche a settembre, per ringraziare il Santo dei buoni frutti che la terra ha elargito al suo popolo. A maggio Il Santo in processione, viene trasportato da Teulada alla chiesetta di Tuerra, a settembre, invece, alla chiesetta campestre a lui dedicata. Il paese, per entrambe le ricorrenze, gli dedica tre giorni di festeggiamenti con schiere di uomini e donne nel costume tradizionale che a maggio partecipano alla benedizione dei campi, a settembre alla sfilata delle Traccas (carri agricoli antichi che vengono addobbati a festa). Seguono festeggiamenti con banchetti e brindisi dove non possono mai mancare i tipici dolci sardi e il buon vino Carignano del Sulcis.

Festa di Sant’Isidoro a Villacidro

Per cui S.Isidoro è festa di primavera, della natura e dei campi che continueranno ancora il ciclo della vita e delle stagioni. Il culto di Sant’Isidoro, arrivato in Sardegna con gli Spagnoli, attecchisce bene, in una terra a economia contadina, quando l’agricoltura diviene prima fonte di sostentamento e la terra feconda e generosa si presta alle coltivazioni.

Nella foto a sinistra: Festa di Sant’Isidoro a Sant’Andrea Frius

A Sedilo la festa di Sant’Isidoro cade proprio il 15 maggio, alla processione partecipano 80 o 100 cavalieri che si radunano, dalla mattina, nel sagrato della chiesa. Qui il presidente del comitato della festa farà un’asta, mediante la quale verrà assegnata una bandiera con l’effige del Santo, al cavaliere che farà la migliore offerta. Questo cavaliere aprirà la processione, seguito dai tanti cavalieri e dai mezzi agricoli, dai comitati e dalle associazioni con bandiere e gonfaloni. Il Santo verrà trasportato da un carro, anche questo addobbato da fiori e spighe di grano, trainato dal giogo di buoi. Dopo aver percorso le vie del paese, farà ritorno nel sagrato, dove, sia cavalieri sia il carro con il Santo e i mezzi agricoli, faranno tre volte il giro attorno alla Chiesa.

Carro infiorato a Serramanna

In tutto il territorio del Campidano il culto è molto diffuso, proprio perché la provincia del Campidano è prevalentemente pianura, adatta a tutte le colture. A Serramanna partecipa tutta la provincia del Medio Campidano, con grande festa di tutto il mondo rurale, e cospicua esposizione di prodotti e attrezzi che diventano i veri protagonisti. Tutt’ attorno un mondo che cambia velocemente. L’importante sfilata delle traccas, evidenzia la radicata cultura contadina. Le strade si riempiono di colori e di suoni, onde festeggiare e ricordare il mondo antico da cui si proviene, con cavalli e cavalieri che accompagnano il corteo. Sono momenti di orgoglio popolare e di bellezza che fa sì, risaltare un passato, di quando l’economia agricola era fonte di ricchezza e benessere, ma anche il presente, per quel che si è diventati, tante anime attente, ma proiettate verso il futuro, sia come singoli sia come comunità. A maggior ragione, gli stessi abiti della festa e del lavoro e tutto quanto il contesto, esprimono fierezza e un po’ di spavalderia. Non possono mancare oltre la sfilata, le mostre allestite presso Sa Domu de su strexu de fenu e le immancabili bancarelle che mostrano i frutti del proprio lavoro, come un filo che lega tutti i presenti, memori ancora del proprio passato ma con la volontà attuale del fare e dell’essere. Guspini, come scrive lo scrittore guspinese don Edmondo Locci nel suo libro “Guspini: storia civile e religiosa di un popolo” racconta come, per due secoli nel 1700 e nel 1800 i suoi cittadini, compirono diversi tentativi per erigere e dedicare una chiesa a Sant’Isidoro. La costruzione della desiderata chiesa campestre, avvenne nel 1982.  Nel 1984 la chiesa a tre navate ampia e luminosa, venne inaugurata con la celebrazione di una messa di ringraziamento per il raccolto dei campi. La festa che si ripeterà annualmente, vide coinvolti tutti gli agricoltori che si quotarono di loro tasca, misero materiali da costruzione e il loro stesso lavoro manuale, a completamento della chiesa, e vendendo la farina di una parte del grano raccolto, dedicarono il ricavato alla conduzione dei festeggiamenti religiosi. I nomi degli stessi sostenitori si trovano apposti nelle lapidi ai lati dell’altare. Tutto ciò verrà attestato dagli archivi parrocchiali e dallo stesso libro dello scrittore succitato.

Costumi di Atzara

Ad Atzara il Santo contadino viene ricordato come Isidoro il pacifico, colui che sfamava i poveri e si privava del cibo. Il paese venne definito da un poeta Calamida de totu sos pintores, calamita, attrazione di tutti i pittori, perché conserva nello stile delle case, un po’ della cultura iberica avuta in Sardegna. Atzara è situata nel versante occidentale del Gennargentu e per questa posizione vanta ottimi vitigni che producono vino pregiato quale il Mandrolisai che prende il nome dalla stessa regione. La festa di Sant’Isidoro è organizzata insieme a quella del vino, con una sfilata di carri che rappresentano i carradores: un tempo questi carri trasportavano i prodotti della terra in tutti i paesi vicini. I carri oggi, vengono usati solo per la festa, ma la devozione religiosa rimane inalterata. Devozione che prende forma nella processione, resa elegante e preziosa dai bellissimi abiti tradizionali di Atzara. Per la bellezza dei volti femminili, del paesaggio, il contegno dei suoi abitanti, Atzara è stata ispirazione di artisti.

Nella foto a sinistra: particolare del costume di Atzara

A Villacidro, di prevalente tradizione agricola, il Santo è di casa. A lui va, l’offerta dei prodotti della terra,  tutta la cittadinanza gli chiede protezione e benevolenza. Non ci sono più carri e buoi che sfilano, neanche costumi, il simulacro è su ruote e non su buoi. Sant’ Isidoro fa parte della vita ordinaria di ogni paesano e unisce tutto il paese nella gioia della festa. Uomini e donne uniti come da un vincolo e da un prezioso legame di protezione, questo è ciò che più conta.

S’arramadura villacidrese

Anche Samassi festeggia il Santo con modernità, senza i carri antichi, ma con i trattori addobbati a festa esaltando l’immagine variopinta della sfilata. Nella piazzetta davanti alla Chiesetta si alternano ai riti liturgici le degustazioni di piatti tipici, danze e musiche tradizionali.

Samassi

Orosei, cittadina marinara, ha avuto sempre, come fonte di sostentamento, più i prodotti della terra che del mare. Anche questa cittadina, frequentata dai turisti, nel periodo estivo, vanta grande affetto per S. Isidoro con partecipazione devota e numerosa alla processione. Tutto il paese si prepara con numerose presenze, di cavalli, cavalieri e carri addobbati. Le spighe di grano esaltano i colori dei fiori cosicché s’arramadura (omaggio floreale che forma un tappeto colorato) perpetua la devozione al santo, con un arcobaleno colorato lungo le vie del paese. Tutto prende vita e colore, la luce si ravviva e così il prodigio della natura che con i suoi accostamenti cromatici è gioia per gli occhi e per il cuore. È il prodigio che compie Sant’Isidoro occupando il centro dell’attenzione. Anche qui i volti luminosi, i bei tessuti, i gioielli, le Confraternite che trasportano il Santo esprimono gioia che ricompensa e si contrappone alla fatica sostenuta dal lavoro dei campi. E sono voci e suoni di preghiere, di inni, di canti antichi, vie cosparse di petali di fiori: rappresentano il cammino sulla terra Amica. A passo lento si percorre un anello, un cerchio che parte dalla chiesa de Sas Gratzias e lì ritorna. Fede e devozione, passato, futuro e un presente che si apre all’inclusione di tutti, formano un cerchio simbolico che crea vera unità. In questo mondo globalizzato dove il pagano solitamente prevale sull’aspetto sacrale della vita, il suono melodioso delle nostre launeddas accompagna le tradizioni: sono le radici che si cerca di non dimenticare. Continuare a perpetuarle nella memoria richiama, innegabilmente, un grosso impegno e tempo per molti. Ma questa memoria collettiva è ancora forza spirituale è coraggio di testimonianza che al giorno d’oggi molti disperdono, forse ci si stanca facilmente, non capendo che non ci può essere artificiosità o banalità nel rinverdire fedeltà, amori, valori. La comunicazione che si tramanda è fondamentale perché i pani benedetti, testimoni della festa contadina siano e rimangano “segni”, non solo di fede, ricordi e lavoro, ma di affetti. Quello che chiamiamo modernamente revival, significa per tutte le comunità sarde restare UNITI, stringersi con umanità, per garantire sempre, un futuro degno della memoria.

Orosei
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CC BY-NC-ND 4.0 Festa popolare sarda: Sant’Isidoro by L'Italia, l'Uomo, l'Ambiente is licensed under a Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivatives 4.0 International License.