Articolo pubblicato su IUA n° 10, anno IX, Novembre 2022

“Basta chiudere gli occhi…” Come ripete un ritornello di una composizione di Piero Marras per “vedere” tutto ciò che amiamo, perché conosciuto, vissuto, abitato, percorso, come se ci fosse sempre accanto e davanti al nostro sguardo. In questo modo “vedo” la mia terra nella sua antica orogenesi. Una movimentata attività vulcanica con fuoriuscita di magma travolgente. Un enorme fiume creativo e plasmabile, a volte intrusivo se nascosto ai balzi termici, a volte effusivo. Quel tempo di milioni di anni, sino ad oggi, lo vedo scorrere dentro ai miei occhi come un documentario. Le rocce prendono forma, fuoriescono in superficie… si corrugano e poi i forti venti e le acque, nei movimenti di immersione e innalzamento, e poi le glaciazioni completano l’azione erosiva ed ecco che nasce il Limbara… Ed è amore anche ad occhi chiusi!

Un’ architettura naturale di graniti che a guardarli pensi di aver trovato un altro luogo dell’anima. Un fascino che non ha parole. La metamorfosi delle sue rocce…interruzioni, passaggi, angolazioni, ispessimenti, assottigliamenti, sfumature di colori dati dalle numerose specie vegetali che le rivestono. In tutto questo scenario naturale la perfezione dei tassi, la varietà di sughere, lecci, olivastri, ornielli tra il rosso della borracina e ginepri e philliree piegati dal vento e muschi e licheni, conifere e felci ,eriche, cisti, lentischi, corbezzoli, agrifogli, roverelle, mirto, faggi e poi viole, crocus, ginestre, lavande, ipocisti, margherite, cardi, rose, narcisi, pancrazi, orchidee, clematidi, edere, ferule, euforbie e viburni, ribes e menta  per aggiungere ancora intenso colore, ciclamini, digitale, peonie, ranuncoli, fragole come un articolato ricamo, nelle stagioni che si susseguono, che richiama i bei colori dei costumi identitari, a completamento di quel disegno naturale di linee geometriche o di linee curve che addolciscono i lineamenti del paesaggio gallurese. Un’aria fresca e cristallina accompagna i suoi punti panoramici dove lo sguardo si estende fino al mare Maddalenino e l’Asinara. Questo paesaggio variegato muta, nei diversi percorsi, per cui emozione e stupore si rinnovano da più angolazioni, quasi la montagna volesse svelarsi a poco a poco e farsi ogniqualvolta inafferrabile e misteriosa. Così si avverte, anche quando si percorrono i sentieri del sottobosco e allorquando rose, rovi, salsapariglie dispettose si attaccano al vestiario ritardando l’andare di camminatori, di cercatori di funghi, di montanari, di sportivi, quasi gelose di quell’abitare inconsueto ed estraneo del territorio.

Alle falde del monte Limbara sorge Tempio, a 566m. sul livello del mare, adagiato su un altipiano granitico. Ritrovamenti di strumenti in selce e ossidiana del periodo neolitico, lasciano pensare a popolazioni prenuragiche e, insieme ai ritrovamenti di altre suppellettili in ceramica, si risale al periodo attribuibile alla Cultura di Filigosa (2700-2500 a.C.). Sotto la centralissima piazza Gallura si trovarono i resti di un villaggio nuragico e altri nuraghi nelle vicinanze, che testimoniano la sua epoca nuragica. E’ dubbia l’attribuzione a Tempio della città romana di Gemellae, divenuta Villa Templi in età giudicale. In questo periodo fu capoluogo della Curatoria di Gemini (la Curatoria era la principale divisione amministrativa elettorale fiscale e giudiziaria dei regni di Sardegna in periodo giudicale). A Tempio aveva sede quindi il ”curatores” e si riunivano le “coronas,” sia giudiziarie che curatoriali. Seguì le sorti del Regno di Gallura terminato nel 1288, quando l’occupò la Repubblica comunale di Pisa, facendone un suo territorio coloniale oltremarino, insieme al Cagliaritano. Il 19 giugno 1324, finita la guerra fra i Pisani e i catalano-aragonesi con la vittoria di quest’ultimi, venne a far parte del Regno di Sardegna. Dal 1349 al 1420 fu incamerata dagli Arborea. Il 5 giugno 1505 la Diocesi venne accorpata dal papa Giulio II con quella di Ampurias e si chiamò Diocesi di “Ampurias e Civita”con nuova sede a Castelgenovese, oggi Castelsardo, poi ancora ristrutturata con il nome di “Ampurias e Tempio” nel 1839 da Gregorio XVI su intervento del Vescovo Diego Capece e del re di Sardegna Carlo Alberto. Dal 1800 ebbe un forte incremento demografico ad opera anche di corsi che influenzarono la parlata locale, influenza che si nota  tutt’oggi. L’incremento demografico e la concentrazione di un cospicuo numero di famiglie benestanti e di grandi proprietari di bestiame, accentuarono definitivamente il suo ruolo di capoluogo della Gallura. Nel 1833 divenne capoluogo di provincia e poi sede di prefettura giudiziaria e, in seguito, nel 1839 sede vescovile.

 Le materie preminenti che danno lustro al borgo sono principalmente il granito, il sughero, le acque oligominerali efficaci per chi soffre di calcolosi renale e conosciute in tutto il territorio nazionale. La sua fisionomia e le sue linee storico architettoniche sono caratterizzate dal granito. Viene chiamata anche la “città grigia”, proprio perché la pietra granitica che lastrica le strade e riveste gli edifici la caratterizza e le dà “carattere” e bellezza. Nel centro storico due piazze adiacenti dominano il suo spazio: Piazza Gallura e Piazza San Pietro. In Piazza Gallura si trova il Palazzo Municipale, anch’esso in granito locale. Sorge sul luogo dove sorgeva un convento di Monache Cappuccine la cui planimetria è riprodotta sul pavimento della piazza. Di fronte al municipio il Palazzo dei marchesi Pes di Villamarina, famiglia nobiliare tempiese: nel 1804 venne ceduto alla diocesi.

Su Piazza San Pietro si affaccia la Cattedrale di san Pietro Apostolo, in granito, del 1219, poi modificata nel 1400 con l’aggiunta del campanile in stile aragonese e ancora nel 1800 modificata in stile barocco genovese e prolungata di una campata, avanzando la facciata. Il suo prospetto è semplice, movimentato un po’ dal portale strombato e dalle due finestre centinate nella parte superiore. Il suo fianco destro presenta aperture timpanate e oculi con mosaici e lesene binate rilevate. E’ a navata unica, coperta da volta a botte, con quattro cappelle per lato, il presbiterio è rialzato e absidato. Nell’aula si trovano opere di inizio ottocento, tutte nello stile del Barocchetto genovese: altare marmoreo, pulpito, battistero e varie statue in marmo. L’organo a canne venne realizzato nel 1980 da Paolo Ciresa, artista sud tirolese. A sinistra del presbiterio una porta conduce alla Chiesa di Santa Croce, adiacente alla cattedrale e anteriore ad essa, lo dimostra la roccia affiorante e lasciata tale dopo il restauro. Questa roccia porta scolpita la lettera Y (gamma)che indica il numero 3, le tre persone della Santissima Trinità. Costruita in stile romanico è stata riadattata nel XVI sec. con una volta a botte in cotto. Sulla facciata vi è una lapide in marmo datata 1830, dove è raffigurata la Confraternita di santa Croce, che veniva ospitata in questa chiesa. All’interno si trova un bellissimo altare ligneo proveniente dal Convento Francescano di Alghero, il crocefisso che viene portato in processione durante le celebrazioni della Settimana Santa ed un organo a canne a quattro registri realizzato dal maestro Paolo Ciresa nel 1997.

Nella piazza si trova ancora una terza chiesa: l’Oratorio del Rosario, contemporaneo alla cattedrale, con pregevole altare ligneo del 1621. Questo complesso architettonico è testimonianza dell’ antico nucleo storico di Tempio. Pare addirittura che in questo luogo sorgesse un luogo di culto preromano, poi vi fu edificato un tempio romano dedicato a Castore e Polluce. Da qui la denominazione latina “Gemellae” e poi successivamente quella giudicale di curatoria di Gemini, facendo riferimento proprio a Castore e Polluce figli gemelli di Giove e Leda. La facciata semplice è a capanna, un misto di vari stili: elementi romanico-pisani, alcuni gotico-aragonesi e altri tardo-barocchi. La struttura è ad aula, suddivisa in quattro campate da ampie arcate ogivali a sesto acuto, con copertura in legno di ginepro e castagno. Prezioso l’altare ligneo, il retablo del 1700 e la piccola acquasantiera in marmo datata 1642.

L’attuale nome di Tempio (in seguito Villa Templi) venne citato per la prima volta nel 1173 nell’atto tra il Vescovo di Civita e la Primaziale di Pisa (pergamena del 1173): indicava la zona dove sorgeva l’antico tempio. Non lontano da Piazza Gallura in via Nino di Gallura si trovano ben visibili i resti di un antico edificio medievale inglobato in un altro posteriore. Dell’edificio antico resta la facciata con le finestre ad arcate e il portale. Probabilmente vi ha dimorato l’ultimo Giudice di Gallura, Nino Visconti, morto nel 1296 e citato da Dante nella Divina Commedia (Purg. VIII, 53 segg.). In Piazza del Carmine si trova l’ex convento dei Padri Scolopi (XVII sec.) con corte porticata, ora è sede della biblioteca comunale. In Piazza del Purgatorio si erge l’omonima chiesa del 1678 voluta dal nobile Jaime Misorro, come penitenza per la strage di una famiglia rivale, al fine di evitare i molti anni di purgatorio. Altre chiese: S.Francesco e S. Antonio rispettivamente del 1543 e del 1657. Quest’ultima si trova in Piazza Brigata Sassari dove sorge un secondo Palazzo Villamarina Pes del XVII sec., nel quale ha sede la Provincia. Tutta l’architettura del centro storico è costituita da palazzi maestosi a due o tre piani risalenti al 1700/1800, in granito a vista, abbelliti da poggioli con ringhiere in ferro battuto che sostituirono i balconi di legno proibiti nel 1835 per motivi di sicurezza. Stile che si ritrova anche nella Corsica meridionale a riprova del legame che unisce le due isole.

Preziosissima è la stazione ferroviaria di Tempio, in stile Liberty anni ’20, con affreschi del pittore sassarese Giuseppe Biasi che riprende scene e soggetti di vita rurale, espressione di aggregazione paesana nella Gallura dei primi anni del ‘900. Vi è annesso il Museo delle Ferrovie dove si possono ancora ammirare ottoni e velluti delle carrozze Bauchiero, e macchinari perfettamente funzionanti all’interno delle sue officine che servivano allo svolgimento di tutti i lavori necessari per le locomotive a vapore. Il Museo contiene ancora una trentina di macchine con 135 anni di età.

Le Fonti di Rinaggiu danno valore aggiunto alle acque di Tempio, note per le loro caratteristiche diuretiche. Con una piacevole camminata si può fiancheggiare il parco che accompagna via San Lorenzo sino al termine del viale Fonte Nuova, dove, immerse nel fitto bosco con alberi ad alto fusto, in un’area a semicerchio, si trovano queste sorgenti. Le virtù di queste acque erano note fin dai tempi dei romani.

A 1.5 Km dal centro urbano, lungo la statale 133 per Palau, raccolto dentro un fitto bosco di querce, si trova il Nuraghe Maiori, di tipologia mista tra il nuraghe “a corridoio” e quello a tholos, con corridoio centrale e camere binate. Sorge su una collina a 498 metri di altitudine, da cui si gode un panorama esteso.

In vicinanza del monte Pulchiana (673 mt. a nord est di Tempio: è il monolite granitico più grande della Sardegna e Monumento Naturale secondo la legge Regionale 31/89. Ha forma rotondeggiante “a panettone” dal color giallo rosato dovuto all’ossidazione di minerali di ferro) si trova il nuraghe Polcu, a tholos. Un altro nuraghe dominante la Valle della Luna è il Nuraghe Izzana. Nel territorio troviamo chiese campestri, la più conosciuta è quella della Madonna della Neve a 1250 mt.: è la chiesa sarda a maggior altitudine. Altre chiese campestri: chiesa dello Spirito Santo, San Bachisio, Santa Lucia, Madonna di Mezzaustu, Santissima Trinità.

Tempio possiede anche una cantina sociale con diverse tipologie vinicole tra bianchi, rossi, rosati, spumanti, frizzanti e diversi vermentini di Gallura eccellenti DOCG superiori, il Moscato-Spumante di Tempio DOC, Nebbiolo IGT, Cannonau DOC. L’allevamento è prevalentemente bovino ed è diffusa l’apicoltura con produzione di mieli di corbezzolo, cisto ed erica. Rinomato è il carnevale tempiese (Carrasciali timpiesu): è uno dei più famosi carnevali sardi che si svolge con sfilate di carri allegorici di cartapesta e varie manifestazioni abbinate. La prima domenica di settembre si festeggia S. Isidoro agricoltore. Il momento centrale della festa è la processione in costume che parte dalla Chiesa di S.Francesco per la benedizione delle Bandiere votive e prosegue sino al centro con sfilata di carri trainati da buoi e cavalli. Seguono i Cavalieri in costume. Durante il corteo vengono distribuiti mazzetti di grano, simbolo degli agricoltori; sfilano ancora, oltre ai devoti, bande musicali, cori e launeddas. Tra i cori spicca  il Coro Gabriel che è il coro di Tempio, tra i più importanti della tradizione polivocale religiosa e profana sarda. Operava già negli anni ‘50 ma venne ufficialmente costituito nel 1984. Il coro è memoria… Depositario quindi di antiche polifonie galluresi di tradizione orale. Comprende nel suo repertorio serenate d’ amore, canti di lavoro e di satira, brani religiosi, ninne nanne e duru duru. Questa polivocalità gallurese prende il nome di “tasgia”, derivata dal canto a tenores. Il coro è conosciuto e apprezzato sia in Italia che in gran parte d’ Europa, grazie alle numerose tournèe e alla partecipazione a concorsi e festival. Inoltre si è distinto nello studio e ricostruzione di strumenti antichi tradizionali quali la “cetara”, chitarra sarda a 16 corde. La S. Messa è il momento conclusivo della festa.

Oltre le tradizioni, i monumenti e le memorie storiche, Tempio ha dedicato una piazza alla nostra contemporaneità… ha soddisfatto il desiderio, di uno spazio speciale, di chi non sardo scelse di vivere in Sardegna. Partita l’idea dall’archistar Renzo Piano suffragato da Dori Ghezzi, ecco che nasce Piazza Fabrizio De André: una ragnatela sospesa, di vele spiegate colorate che, quando son chiuse, diventano matite colorate. Il cantautore, morto nel 1999, è a Tempio che ha voluto vivere, nella sua tenuta dell’Agnata, alla fine degli anni Settanta. È su questa piazza, dove si trovava un ex mercato civico, che adesso sorge lo spazio Faber, che ospita la mostra multimediale permanente dedicata a Fabrizio De André. Un significativo riconoscimento verso chi ha stretto un forte ed autentico legame con questa città e il suo territorio. Tempio, dunque, anche ispiratrice per De André di nuovi ed emozionanti versi alla Sardegna dedicati… “Anche le parole sono nomadi. Sono affascinanti proprio perché cambiano continuamente di significato specie nei dialetti. La bellezza degli idiomi locali è la loro mobilità. Per questo uso spesso il dialetto: è una rivincita. Perché il dialetto non va a morire, ma riemergerà, dal disastro del capitalismo, nelle isole spontanee dei contadini, dei pescatori e di chi lo sceglierà come codice, magari carbonaro, di una nuova economia.” Fabrizio De André – “Genova e la Sardegna”. Sapori, colori, graniti, acque, arte, storia, gastronomia, tradizioni, costumi, musica, tappeti, gioielli e tanto altro ancora è la bellezza di Tempio: un borgo dalle infinite potenzialità che, con i suoi 14.000 tempiesi, esprime capacità, apertura, incisività, forza che sono gli ingredienti essenziali per comunicare tutto l’amore consumato per la propria terra con dignità e orgoglio di popolo.

Bibliografia: Giacomo Calvia Guida al monte Limbara – Sassari 2016 Tempio Pausania M. Doneddu A. Ruggero Francesco Cesare Casula Dizionario Storico Sardo Roma luglio 2003

Immagini: Ansa.it; sardegnacultura.it; chiesedisardegna.weebly.com e foto personali.

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CC BY-NC-ND 4.0 PERCORSI SARDI – In Gallura: Tempio by L'Italia, l'Uomo, l'Ambiente is licensed under a Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivatives 4.0 International License.