Articolo pubblicato su IUA n° 1, Anno III, Gennaio 2016

Senza titoloMi raccontava la Longa, seduta sulle banchette della via Romana, all’allora numero civico 19 negli anni ’50, che questo scoglio aveva un preciso significato. La sua memoria retrocedeva ai primi anni del secolo XIX, allorquando quella zona di mare era ricca di flora e fauna marina. In particolare pullulava sugli scogli la patella. Questo gasteropode vive quasi sempre nella zona di marea, quindi resta all’asciutto nelle fasi di bassa marea, per poi venire sommersa quando il livello del mare risale nuovamente. Nei periodi di bassa marea con l’orlo della sua conchiglia aderisce alla roccia così perfettamente da conservare acqua all’interno della conchiglia e riuscire a sopravvivere fino a che la marea non sarà di nuovo alta. Quando è immerso il mollusco compie addirittura dei piccoli spostamenti, per “cacciare” minuscole alghe di cui è ghiotto. Per raccogliere la patella occorre un coltello dalla lama sottile, che va infilata subito sotto la conchiglia, possibilmente quando la marea è alta ed il mollusco allenta un po’ la presa muscolare. Una volta pescata, si toglie il disco dal suo guscio, si pulisce la polpa delle interiora (la qualità gialla è la migliore) e si consuma cruda o cotta (intera o sminuzzata) in una salsa con aglio, peperoncino, vino bianco e prezzemolo per condire la pasta, meglio se secca, tipo spaghetti o linguine. La Longa, donna di lunga esperienza e figlia di ataviche generazioni marinaresche, ben conosceva tutto ciò e quando me lo raccontava sembrava gustare il piatto descritto con relativa ricetta. La cosa più interessante, per quanto curiosa alle mie orecchie e immaginazione, era l’abbinamento di questo scoglio alla funzione e rapporto tra coltello-patella. Difatti mi raccontava che per segnare e ricordare quel posto prelibato, fu la ciurma del moro pirata barbaresco Rais Thorgud, detto Dragùt, noto per la sua ferocia, a scolpire lo scoglio nella forma di coltello/pugnale. Questo avvenne in una delle tante scorribande e attacchi alla torre di Sant’Antonio nel secolo XVI. La storia non lo riporta, però questo pirata visse davvero e scorrazzò al largo delle coste cervesi e di certo due passi tra i nostri carruggi e sulla nostra riva li fece. Molti altri episodi a Cervo furono legati alla storia dei pirati barbareschi, il che fa pensare che qualche cosa di vero o verosimile accadde. Di certo la signora Longa la sapeva lunga. Nomen omen!

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CC BY-NC-ND 4.0 LIGURIA, Cervo: U CUTELLU (il coltello) by L'Italia, l'Uomo, l'Ambiente is licensed under a Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivatives 4.0 International License.