In una nascosta valle del Mugello un’antica Pieve custodisce un tesoro di arte e di storia. L’antichissima tradizione di San Cresci e dei martiri del Mugello, risalente al III secolo, è mantenuta viva dal recente ciclo di affreschi del Maestro David Mayernik

Articolo pubblicato su IUA n° 3, Anno IX, Marzo 2022

Nel  249 d.C. l’imperatore Decio emanò un editto in cui chiedeva a tutti i cittadini romani di dimostrare la propria lealtà al culto dell’imperatore e delle divinità della tradizione romana, con un atto di devozione alla presenza di una commissione locale istituita per questo scopo. Il rito poteva prevedere l’incenso, la libagione o la consumazione della carne della vittima sacrificata. La commissione avrebbe rilasciato una certificazione, il “libellus”, che avrebbe attestato la fedeltà della persona ai culti romani. Chi non acconsentiva era sottoposto al carcere o anche alla morte. L’editto colpì duramente la comunità cristiana di allora. Papa Fabiano fu messo in carcere, dove scrisse alla chiesa di Cartagine come aiutare e perdonare coloro che, per la loro fragilità, avessero ceduto al ricatto.   

A Florentia molti vennero arrestati. Tra loro due uomini di cui la tradizione ci ha tramandato le storie: Miniato e Acrisio. Di Acrisio, poi divenuto San Cresci, andremo a cercare alcune tracce in queste note.

Mia guida è il Canonico Antonio de’ Mozzi che nel 1710, su commissione di Cosimo III, scrisse un appassionato libro dedicato alla storia di San Cresci; un importante parte del volume è dedicata alla chiesa dedicata al Santo posta in Valcava, nel Mugello, costruita nel luogo del martirio di San Cresci e dei suoi compagni.   Il de’ Mozzi trova le informazioni in antichi manoscritti: il primo ritrovato presso l’Opera di Santa Maria del Fiore di Firenze; il secondo nella libreria di Carlo Tommaso Strozzi; infine il terzo un lezionario, anch’esso manoscritto, che si trova nella biblioteca Mediceo-laurenziana. L’autore cita anche un ulteriore codice della Badia Fiorentina andato disperso, una cui copia è venuta in suo possesso. Il libro del de’ Mozzi, di non facile lettura in quanto utilizza una forma agiografica spesso difficilmente leggibile, è comunque un tentativo di precisione storica e archeologica, per quanto potessero permettere gli strumenti di allora. (Fotografia a fianco: Pieve di San Cresci in Valcava, 2014. Di Gabriele Antonacci)

Ripercorriamo, in poche righe, il racconto del de’ Mozzi.     Acrisio, divenuto amico del responsabile della prigione Onione a cui aveva guarito la figlia malata, era riuscito a fuggire dal carcere e, con lo stesso Onione, aveva raggiunto un luogo nascosto nelle montagne a nord di Fiesole, allora Faesulae: qui, accolto da Panfila e da suo figlio Serapione – poi battezzato Cerbone –   aveva costituito una comunità di cristiani.     Ma era stato trovato dai legionari di Decio che, dopo il suo rifiuto di sacrificare agli dei, lo avevano ucciso a frustate e decapitato al tempio di Esculapio insieme con Onione e a un altro membro della comunità, Enzio.  L’orrore non si era fermato qui: i legionari erano tornati, catturando Panfila, Cerbone e ulteriori compagni di Acrisio, chiudendoli in una fossa e lasciandoli lì a morire. Chi era veramente Acrisio?  La tradizione ci dice che era un ufficiale dell’esercito romano di origine tedesca, poi venuto a Florentia. Ma la lettura della sua passione fa scaturire un’ulteriore ipotesi: che fosse un ex ufficiale medico. Il racconto parla di due guarigioni, la figlia di Onione e Serapione; è plausibile che l’antica narrazione abbia trasformato in miracoli gli effetti delle sue cure sui due giovani. Inoltre il tempio nel Mugello dove fu ucciso era intestato a Esculapio, divinità protettrice della medicina: è significativo che nel racconto i soldati vogliano imporgli di sacrificare a colui che secondo loro avrebbe dovuto essere il suo protettore, e che il nostro Cresci/Acrisio laicamente riteneva un idolo di pietra. C’è un’altra importante chiesa dedicata a San Cresci, nelle vicinanze di Greve nel Chianti: la dedicazione proviene probabilmente da antichissime tradizioni. Viene da pensare che Cresci, in quel di Greve, non ci venisse solo per raccogliere i frutti di qualche campicello, ma per esercitare l’arte medica in una zona di antica tradizione germanica qual era l’area grevigiana.

2014 ottobre. La chiesa di San Cresci in Valcava è uno dei luoghi più straordinari dei dintorni fiorentini. È un contatto diretto con la chiesa dei primi secoli, con le sue testimonianze più drammatiche. Il culto iniziò subito dopo la morte dei martiri; si ignora l’esatta epoca di costruzione della chiesa, fermo restando che il luogo probabilmente era anche sede di un tempio pagano, dove appunto Cresci e compagni furono portati per sacrificare agli idoli; probabilmente l’edificio attuale risale all’XI secolo, periodo al quale risalgono gli atti dello scritto latino. (Fotografia a destra: Interno della chiesa. Di Gabriele Antonacci 2014)

Tra il 1200 ed il 1500 la chiesa fu un santuario importante, meta di pellegrinaggi; nel 1516 visitava la chiesa l’arcivescovo Giulio de’ Medici, futuro pontefice Clemente VII. Nel 1613 furono ritrovati i resti dei martiri, evento a cui presenziò l’arcivescovo Alessandro Marzi-Medici. Quanto fu trovato corrispondeva al racconto della tradizione: per esempio il cranio di Cresci separato dal resto del corpo, e furono trovate monete di origine germanica, coerenti con le ipotesi della sua origine. Notevoli restauri furono ordinati all’inizio del 1700 da Cosimo III. La pieve fu severamente danneggiata da terremoti, e nel XX ed all’inizio del XXI secolo ha avuto consistenti restauri; in tale occasione furono realizzate varie pitture da parte del Maestro David Mayernik, architetto, pittore, urbanista, professore universitario, che narrano la storia di San Cresci; il luogo oggi splende per il  tesoro di arte e storia che racchiude.

Mi reco a visitare la pieve un sabato mattina di ottobre: la giornata è gradevole, sull’autostrada non c’è traffico e con rapidità raggiungo il Mugello: dopo il Lago del Bilancino passo vicino a San Piero a Sieve ed a Borgo San Lorenzo: arrivato nella zona Sagginale svolto per una strada che si incunea in una valle nascosta, la Valcava. Arrivo alla pieve, che risalta nella sua semplicità e cura: la chiesa è stata restaurata con arte, e al suo patrimonio storico sono state aggiunte anche opere d’arte recenti; sulle lunette delle porte di ingresso sono rappresentati da Mayernik san Cresci ed i suoi compagni, con figure assolutamente attuali che sembrano accogliere e parlare al visitatore. Entro all’interno del luogo sacro, in cui si impone l’altare settecentesco del Foggini, fatto costruire da Cosimo III per contenere le reliquie dei martiri. Accanto all’altare una lapida ricorda il luogo dove Cerbone, la madre Panfila ed i loro compagni furono sepolti vivi. (Fotografia a sinistra: La lapide che evidenzia il luogo di sepoltura dei martiri Panfila e del figlio Cerbone. Di Gabriele Antonacci 2014)

L’altare dedicato da Cosimo III ai martiri Enzio, Cresci, Panfila, il giovane Cerbone e Onione nella Pieve di San Cresci in Valcava. Fotografia di Gabriele Antonacci (2014)

La chiesa è ricca di informazioni: una serie di poster racconta la storia della Pieve, dei terremoti e delle sue ricostruzioni. Ci sono fotografie del busto-reliquiario argenteo di S. Cresci, in cui il santo è rappresentato nella sua armatura da ufficiale romano, ma non è più conservato nella pieve. Il busto fu realizzato in argento da Bernardo Holzman, su commissione di Cosimo III, ed è considerato un capolavoro. Un tempo era conservato nel Museo d’arte sacra di S. Stefano in Pane in Firenze. (Fotografia a destra: L’interno della pieve dopo il terremoto del 29 giugno 1919)

Una foto durante lontani lavori di ristrutturazione

Altri poster spiegano il ciclo di affreschi di Mayernik nella cappellina, in quel momento purtroppo chiusa: ma esco dalla chiesa, e incontro una delle persone a cui la pieve è affidata per la custodia e la sua quotidianità. Con grande gentilezza soddisfa la mia richiesta di vedere la cappellina affrescata. Gli affreschi rappresentano un Crocefisso e gli episodi della storia di S. Cresci e dei suoi compagni, rendendo visibile con vive immagini la storia del Mozzi: sull’altare una teca contiene il cranio di San Cresci, concreta testimonianza dell’antico episodio. Dietro l’altare un bellissimo affresco di epoca barocca di Domenico Bamberini, che rappresenta l’Annunciazione.  La cappellina è un magistrale esempio di arte moderna inserita in un contesto antico: vi propongo una sintesi di alcune spiegazioni del Maestro David Mayernik riportate nei poster. (Fotografia a sinistra: La cappellina di San Cresci adiacente alla chiesa, con i suoi affreschi. Di Gabriele Antonacci 2014)

Annunciazione,  opera settecentesca del pittore Anton Domenico Bamberini. Fotografia di Gabriele Antonacci (2014)

Originariamente nella cappellina era prevista la realizzazione del grande affresco con la crocefissione sulla parete prospicente l’altare, con accanto una scena dedicata al martirio di San Cresci e dei suoi compagni. Ma, durante i lavori preparatori della parete, viene scoperto il bellissimo affresco settecentesco dell’annunciazione e cambiano così i programmi: la crocefissione viene realizzata sul muro laterale, e l’artista decide di realizzare in affresco una serie di cinque scene lungo i lati della cappellina, dedicate alla storia di San Cresci. Così prendono vita le scene della liberazione dalla prigionia, del battesimo di Onione e della figlia, l’incontro con Panfila e la liberazione dalla malattia di Cerbone, il rifiuto di sacrificare agli idoli da parte di Cresci, Onione ed Ezio, la riunione della prima chiesa da parte di Cerbone. Le storie di San Cresci sono state rappresentate secondo le fasi del giorno: così la liberazione dalla prigione avviene all’alba, l’ultima scena al tramonto. (Fotografia a destra: La guarigione del figlio di Panfila,  affresco di David Mayernik. Di Gabriele Antonacci 2014)

Cresci nella sua divisa da ufficiale romano, ritratto sull’ingresso della pieve, affresco di David Mayernik. Di Gabriele Antonacci 2014

 Il grande affresco del Crocefisso è stato pensato per “completare” due tele seicentesche, rappresentanti Maria e Giovanni ai piedi della croce. L’affresco stabilisce un complesso rapporto con i personaggi delle due tele e il visitatore. La croce è realizzata con semplici tronchi d’albero, crescendo materialmente dalla terra del Golgotha: rappresentazione che collega la simbologia biblica alla bellezza naturale del Mugello. La visita si conclude, saluto la mia guida, esco dalla chiesa e ritorno alla mia auto, a casa mi aspettano. Desidero infine ringraziare il Parroco Don Luciano Marchetti per aver concesso l’autorizzazione alla pubblicazione delle fotografie. (Fotografia a sinistra: I martiri di Valcava: Panfila, Enzio, Cerbone, Onione affresco di David Mayernik. Fotografia di Gabriele Antonacci 2014)

È vietato riutilizzare tutte le immagini riprodotte al di fuori della presente pubblicazione

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CC BY-NC-ND 4.0 La pieve di San Cresci in Valcava by L'Italia, l'Uomo, l'Ambiente is licensed under a Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivatives 4.0 International License.