Articolo pubblicato su IUA n° 2, Anno V, Febbraio 2018

Le Cascate di Stanghe: un capolavoro della natura scavato nel marmo

Quando si pensa al marmo e a chi lo modella con grande maestrìa, il pensiero corre al Michelangelo Buonarroti, che di quest’arte è stato il genio indiscusso.

Ma l’arte imita la Natura, e la madre di tutti noi, ben prima che il divino artefice nascesse a Caprese,

ha intagliato per decine di migliaia di anni la roccia bianchissima, traendone un capolavoro di cui ancor oggi possiamo godere.

Si tratta delle Cascate di Stanghe, situate in provincia di Bolzano, laddove confluiscono le valli Racines e Ridanna, a pochi chilometri da Vipiteno.

E’ stato infatti il Rio Racines a creare, col suo lungo lavorìo, una gola stretta e profonda, un “orrido” bellissimo, ci si passi la figura retorica, che impropriamente è detto in italiano “cascata”, ma che è in realtà un susseguirsi di cascate e cascatelle, pareti rocciose e semiarchi di pietra, lungo quasi un chilometro, con un dislivello di circa 220 metri. Questo monumento naturale è noto da secoli, e ovviamente il marmo è stato cavato e utilizzato dall’uomo: aVienna e a Innsbruck, per la costruzione della Chiesa della Corte.

Si doveva essere un po’ alpinisti e un po’ cavatori, per risalire il Rio in questo tratto; Francesco Giuseppe buon’anima volle renderlo in parte accessibile alla fine del sec. XIX (nel 1896 il luogo assunse il suo nome) e nel corso del secolo successivo questo sentiero di ardita ingegneria è stato via via completato e perfezionato, rendendolo percorribile anche ai bambini.

Adesso, in poco più di un’ora di cammino agevole ed estremamente suggestivo, si risale tutta la gola, per circa 220 mt. di dislivello, come abbiamo già detto.

Migliaia di visitatori, provenienti da tutta Europa, ammirano ogni anno le Cascate, pagando un prezzo di accesso irrisorio (E. 4,00 per gli adulti) che viene addirittura ridotto a zero per coloro che soggiornano nelle strutture ricettive di Vipiteno e dintorni e che sono per questo muniti di un apposita Card.

La visita comincia nel grande parcheggio del paesino di Stanghe, dal quale in cinque minuti si raggiunge la biglietteria, posta all’inizio del percorso. Dapprima il sentiero costeggia il torrente, ricco d’acque sebbene l’Italia stia vivendo un’estate di siccità; questa però è in gran parte acqua di fusione di quel che resta degli imponenti ghiacciai, come quello del Tribulaun, che rendevano particolarmente affascinanti le vette dintorno. Al di là, un antico mulino dal tetto coperto di muschio

ci dà il benvenuto, con i suoi ruderi che sembrano usciti da una stampa di epoca romantica.

Inizia, dapprima dolcemente, la salita, ed appaiono le prime rapide, che superiamo su un ponte di legno e metallo davvero ben inserito nell’ambiente circostante, in cui prosperano i grandi abeti rossi e i più umili ontàni. Siamo in molti, oggi, a percorrere il sentiero, tra cui diverse giovani coppie con bimbi piccolissimi portati negli appositi zaini. Chissà cosa penseranno, i cuccioli d’uomo, del fragore dei salti d’acqua, di tutta quella spuma bianca che s’alza dai vortici in cui precipita il torrente: da una prima occhiata, direi che i più si divertono da matti.

Un cartello ci informa come questo impeto idrico influisca beneficamente sull’aria che respiriamo: gli ioni di ossigeno qui superano i 50.000 per centimetro cubo, quando in genere nelle nostre città ci dobbiamo contentare di soli miseri 200 ioni, che si riducono nelle case a 100. Ovvio che tutto questo produca effetti meravigliosi sul sistema respiratorio, su quello cardiocircolatorio e anche sul sistema nervoso, tanto che gli sperti parlano di “terapia della cascata”.

La gola si restringe: ogni tanto ci attende una piazzola di sosta, a picco sul baratro, dal quale pressochè tutti, neonati eccettuati, scattano foto col cellulare o con macchine d’ogni genere, anche altamente professionali. Anche noi cediamo volentieri alla tentazione, come potrete constatare dando un’occhiata alla galleria di immagini che vi proponiamo in calce all’articolo.

Il tratto più stupefacente ed emozionante dell’itinerario, chiamato Die Kirche, ovvero la Chiesa, si attraversa col fiato sospeso – anche se non vi è assolutamente nessun pericolo – quando le due pareti dello strapiombo si avvicinano, formando quasi un imbuto in cui le acque precipitano. Ci reggiamo con una mano alla corda di acciaio ben infissa nella roccia, proprio come nelle vie ferrate, e chiniamo il capo per superare un arco roccioso e raggiungere il ponticello successivo. E’ un mondo a parte, questo, dove le forze enormi della Natura si palesano e ci rendono più consci della nostra assoluta piccolezza e insignificanza. Gli abeti crescono, non si sa come, trovando improbabili appigli nelle fessure della roccia, ma lo sguardo è troppo affascinato da quelle acque che vorticano in basso per soffermarsi sui caratteri della vegetazione. Superiamo dunque le vere e proprie cascate, alte qualche decina di metri, e ci avviamo al termine dell’itinerario; d’improvviso il Rio Racines ritorna torrente, impetuoso sì, ma quasi orizzontale. E il marmo? Queste rocce sono di marmo purissimo, e ne abbiamo notato il candore in qualche punto, ma il terreno, i muschi, i licheni e la naturale ossidazione ce lo hanno celato.

Usciamo infine sulla strada provinciale della Val Racines, in località Pontegiovo (Jaufensteg), dove vi è un Ristorante-bar-albergo e ci si può agevolmente rifocillare. Per chi non è stanco vi è un altro sentiero che riporta, in circa un’ora, a Stanghe; gli altri possono usufruire del bus che passa più o meno ogni 1-2 ore, e la cui fermata è proprio qui.

Siete emozionati, stanchi o scossi dalla piccola avventura appena vissuta? Mentre aspettate la corriera, ordinate al bar un’ottima grappa al mirtillo, o una Radler (birra e gazzosa), se davvero avete sete, dopo tanta acqua…

Galleria fotografica © Gianni Marucelli 2017

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CC BY-NC-ND 4.0 ALTO ADIGE: L’ACQUA, ETERNO MICHELANGELO by L'Italia, l'Uomo, l'Ambiente is licensed under a Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivatives 4.0 International License.