Articolo pubblicato su IUA n° 5, Anno I, Luglio-Agosto 2014

 

In viaggio

Amalfi vista dal mare

La piccola motonave che ci porta da Salerno ad Amalfi, in poco più di mezz’ora, sta completando il suo spettacolare itinerario al largo di questa costiera, che è tra le più belle e interessanti della penisola italiana. Abbiamo tutto il tempo, prima dell’attracco, di ammirare la minuscola città che, mille anni fa, fu una potente repubblica marinara. Sull’abitato spicca il campanile del duomo, il cui culmine è rivestito di embrici maiolicati gialli e verdi. È quella la nostra meta, il più importante dei monumenti di Amalfi e certo uno dei più notevoli dell’Italia meridionale.

Il centro della cittadina visto dal lungomare

Di fronte alla Cattedrale

Il Duomo di Amalfi- la facciata

La raggiungiamo fendendo la folla chiassosa dei turisti estivi, che percorre i vicoli stretti cercando, in questa caldissima giornata di Giugno, il ristoro dell’ombra e di un sorbetto al limone, nota specialità locale. L’imponente costruzione della cattedrale domina, da un’alta scalinata, la piazzetta dedicata a S. Andrea, patrono di Amalfi dove se ne venerano le reliquie. La struttura è complessa, costituita da tre diversi corpi di fabbrica (l’antico cimitero detto Chiostro del Paradiso, la Chiesa del Crocifisso e la basilica vera e propria) che sono stati realizzati in epoche differenti, a partire dalla metà del sec. X. Un vasto atrio-porticato immette alle porte dei tre edifici, e costituisce parte integrante della facciata, tanto suggestiva quanto “falso-antica”, in quanto crollò nel corso del 1800 e fu riedificata interamente alla fine del secolo.

Il portale di bronzo di fattura bizantina

Il nostro bisogno di autenticità è però subito soddisfatto dalla magnifica porta in bronzo, fusa a Costantinopoli nel 1066 e donata alla madre patria dal capo della colonia amalfitana nella capitale d’Oriente: essa reca in fine bassorilievo le figure della Vergine, di Cristo e dei SS. Andrea e Pietro, rigorosamente bizantine. L’argentatura che una volta le rendeva ancor più preziose si è quasi dissolta, ma si intuisce ancora. Per una sorta di par condicio linguistica, le didascalie che sottolineano le figure sono in parte in greco e in parte in latino. Il portone immetterebbe nella basilica, ma l’ingresso al complesso monumentale è dal Chiostro, dove si paga un modesto biglietto.

La cuspide del campanile, rivestita di maioliche policrome

Il Chiostro del Paradiso

Il Chiostro del Paradiso, altro particolare

Il Chiostro del Paradiso rende onore al proprio nome, con il fascino orientale degli archi intrecciati, sostenuti da centoventi esili colonnine, attraverso cui lo sguardo si posa sulla florida vegetazione del giardino centrale. Il ricordo del cimitero, che questo luogo ha accolto, viene riportato alla mente dalla presenza di vari sarcofagi, di epoca romana, riccamente decorati.

Il Chiostro del Paradiso, la fuga degli archi arabeggianti

C’è un punto preciso del peristilio in cui si inquadra perfettamente, tra le colonnine e l’arco soprastante, il bel campanile duecentesco: è una immagine alla quale davvero nessun fotografo sa sottrarsi, nemmeno noi, anche se sappiamo perfettamente che l’istantanea compare in ogni guida turistica o libro d’arte.

Il Chiostro del Paradiso, particolare del giardino

Prima di entrare nella confinante Chiesa del Crocifisso, ci soffermiamo ad ammirare un bell’affresco del ‘300, opera del pittore campano Roberto d’Oderisio, che si rifaceva allo stile giottesco. Si tratta di una Crocifissione in cui i soldati ai piedi della croce indossano armature angioine e nel cielo un angelo accoglie, particolare non trascurabile, l’anima del Buon Ladrone.

Inquadratura del Campanile dal Chiostro

La Chiesa del Crocifisso e il suo Tesoro

Chiesa del Crocifisso- bassorilievo marmoreo raffigurante la Madonna col Bimbo, attribuito a Francesco Laurana

La Chiesa basilicale del Crocifisso ha un nucleo originale del VI secolo, poi fortemente rimaneggiato nel tempo. Nel 1100 essa fu unita alla nuova e più vasta chiesa che le fu costruita accanto, che divenne perciò una Cattedrale con ben sei navate. In epoca barocca ambedue gli interni furono rivestiti di marmi e stucchi e di nuovo separati.

La struttura del matroneo riportata alla luce dopo il restauro che ha privato la Chiesa degli orpelli barocchi

Alla fine del secolo scorso, poi, un restauro eliminò l’apparato seicentesco e la chiesa del Crocifisso fu riportata, anche se molto parzialmente, al suo aspetto medioevale; in particolare, fu ripristinato il matroneo col suo loggiato di monofore e bifore. La cosa più interessante, però, è che lo spazio è stato destinato ad accogliere il magnifico Tesoro del Duomo, sui cui vale davvero la pena di soffermarsi.

Prezioso crocifisso e reliquiari a forma di testa

Alcuni pezzi sono senza dubbio stupendi, come la mitria vescovile di epoca angioina, realizzata presso la corte di Napoli nel 1297 e destinata a ricoprire il capo principesco del figlio del Re Carlo II, che era Vescovo di Tolosa. Basti dire che essa è ricoperta da ventimila perline, su cui sono posate gemme e lamine d’oro. Vicino alla Mitria è conservato un calice trecentesco lavorato a cesello e ornato di gemme e pietre preziose… Povertà della Chiesa di quei tempi, ci verrebbe da commentare…

Mitria vescovile di epoca angioina (tesoro del uomoTesoro del Duomo- antico pastorale

Un altro oggetto di valore attrae la nostra attenzione: è un esemplare seicentesco del Collare del Toson d’oro, alta onoreficienza riservata al Gran Maestro dell’Ordine dei Cavalieri di Malta, in precedenza Cavalieri di Rodi o di San Giovanni. Cosa c’entra con Amalfi? Il fondatore dell’Ordine fu l’amalfitano fra’ Gerardo Sasso da Scala… Non ci dilungheremo oltre sul Tesoro del Duomo, se non per segnalare che esso comprende altri gioielli, però d’arte, come la Madonna della Neve, delizioso bassorilievo su marmo attribuito a quel grande scultore e architetto che fu Francesco Laurana.

Statua lignea della Madonna che presenta il Bambino quale "via della Salvezza", secondo i canoni bizantini. Lo stile è però fiorentino

Oppure la statua lignea della Madonna delle Grazie, di scuola napoletana della seconda metà del Trecento, il cui autore sembra però essere permeato della lezione dei Maestri toscani dell’epoca. La Madonna è raffigurata in un atteggiamento tipico della tradizione bizantina, con il bambino in braccio nell’atto di presentarlo come “via della salvezza”: ma con quale dolcezza, tuttavia!

Esemplare seicentesco dell'onoreficienza del Toson d'Oro

La Cripta

La cripta- la grande statua bronzea di S

Da una porta interna il visitatore si immette poi nella Cripta della Cattedrale, che è un po’ il cuore di Amalfi perchè qui, secondo la tradizione, si conservano i resti mortali di S. Andrea Apostolo, patrono della città. L’ambiente è molto ampio, la sua costruzione risale alla metà del ‘200, ma fu poi ristrutturato nel ‘700 in modo pesantemente barocco: marmi, stucchi e affreschi abbondano, ma su tutto domina la gigantesca statua in bronzo di S. Andrea, donata da Filippo III di Spagna. L’opera fu eseguita da Michelangelo fiorentino, non ahimè il Buonarroti, ma più semplicemente il Naccherino, nel 1606. Ai piedi l’altare in marmi pregiati custodisce, dietro e sotto di sé, i resti mortali dell’Apostolo, o almeno parte di essi, poiché molte altre chiese e santuari si contendono questo onore. Qui furono senz’altro portate, da Costantinopoli, la parte occipitale del capo e alcune ossa grazie al cardinale amalfitano Pietro Capuano, Legato pontificio durante la IV Crociata (1208).

Panoramica della Cripta. E' evidente la sistemazione barocca

Le reliquie dell’Apostolo e il miracolo della Santa Manna

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Bisogna qui fare una parentesi e ricordare come Andrea apostolo sia stato suppliziato a Patrasso, in Grecia. Il fratello di Pietro (che tale era) non fu da meno del congiunto nel richiedere ai carnefici che adempissero al loro compito crocifiggendolo in modo diverso dal Cristo, non volendo egli in alcuna maniera mettersi alla pari del Signore. Quindi, fu predisposta per lui la croce a X, con la quale questo Santo viene sempre effigiato. Il corpo venne poi sepolto, ma in epoca successiva fu traslato a Costantinopoli. Con il declino dell’Impero bizantino, delle reliquie dei santi venne fatto proficuo commercio, così si spiega come parte delle ossa di S. Andrea finirono ad Amalfi, altre nel 1463 furono donate dal despota di Morea, Tommaso Paleologo, al Papa Pio II. Enea Silvio Piccolomini era un geniale umanista, ma non si peritò di accettare le reliquie e di contraccambiarle con la promessa di sostenere un’ennesima Crociata contro gli infedeli, per difendere quel che restava del grande Impero d’Oriente…La promessa rimase lettera morta, le reliquie invece andarono ad arricchire la nuova città,edificata secondo i canoni ideali dell’Umanesimo dal Papa. Parliamo di Pienza, nella cui cattedrale esse rimasero fin quasi ai tempi nostri. Infatti, nell’ambito della politica di distensione con la Chiesa Ortodossa, negli anni ’60 del secolo scorso Papa Montini le restituì a Patrasso, dove ora si trovano. Ma altre parti delle sacre ossa sono custodite a Edimburgo, di cui il Santo è Patrono, e a Varsavia.

Ma con S. Andrea non abbiamo ancora terminato: qui ad Amalfi, il 30 Novembre, festa del Patrono, convergono moltissimi fedeli per assistere al miracolo della Santa Manna, simile per molti aspetti a quello del Sangue di San Gennaro a Napoli. In cosa consiste, ve lo diciamo brevemente; all’interno del sepolcro si forma un liquido, della consistenza dell’acqua, che viene prelevato, al termine di speciali preghiere, e posto in un’ ampolla. Questo liquor è testimoniato avere virtù miracolose, per cui veniva (e tuttora viene, almeno pensiamo) passato sul volto dei fedeli (in particolare sugli occhi) mediante un apposito strumento. Però, Amalfi non ha l’esclusiva della Santa Manna: eventi simili, seppur in date diverse e per opera di altri santi, avvengono a Napoli (S. Pomponio), nella vicina Salerno (S. Matteo evangelista), Bari (S. Nicola, naturalmente), Nola (S. Felice), Maratea (S. Biagio), Latronico (S. Egidio Abate), Soriano nel Cimino (S. Eutizio), Venafro (S. Nicandro).

In questo augusto consesso stona un po’ Ferrara (la manna qui si forma sul sarcofago di una santa padana d.o.c., la Beata Beatrice d’Este). Ci perdonino le altre località italiane che, per nostra ignoranza, sono rimaste fuori dall’elenco…

A pro’ degli increduli, diciamo che il fenomeno può spiegarsi con l’umidità e con la porosità dei marmi e delle altre pietre; tuttavia, di un preciso e approfondito studio scientifico non abbiamo notizia.

La Cattedrale

Interno della cattedrale

Lasciamo finalmente la Cripta e i suoi misteri per salire nella Cattedrale vera e propria. Anche qui, l’interno è stato rifatto all’inizio del Settecento e la veste quindi è sontuosamente barocca; il nostro pensiero va, nostalgico, a come doveva essere la primitiva chiesa romanica, ma non si può negare che sussistano vere e proprie perle d’arte, come l’altare, per il quale è stato utilizzato il sarcofago dell’Arcivescovo Capuano, morto nel 1359, o gli altissimi candelabri con decorazione a mosaico risalenti al sec. XIII. Due enormi colonne monolitiche, forse provenienti da qualche tempio pagano della vicina Paestum, sorreggono l’arco di ingresso al presbiterio. Altre colonne antiche sono incorporate nei pilastri che dividono le tre navate (le si possono vedere nel settimo pilastro, a destra e a sinistra), mentre il fonte battesimale è formato da una vasca antica di porfido, probabilmente proveniente da qualche villa di epoca romana. Non può mancare, neppure qui, una Cappella dedicata alle reliquie di altri santi, portate ad Amalfi insieme a quelle di S. Andrea (chissà, forse erano comprese nel lotto acquisito dal cardinal Capuano…). Nella navata di destra attira la curiosità una grande tela che ricorda un evento miracoloso: il temutissimo comandante saraceno Ariadeno Barbarossa si apprestava a mettere a ferro e fuoco la costa tra Salerno e Amalfi quando, il 27 Giugno 1544, S. Andrea (con l’ausilio di S. Matteo) ci mise lo zampino e provocò una grande mareggiata che mandò a picco la flotta nemica. Ancor oggi, ad Amalfi, il 27 Giugno si festeggia la memoria dello scampato pericolo.

L'imbarcazione di Amalfi che partecipa alle Regate storiche

Usciamo, infine, e discendiamo la lunga scalinata che avevamo salito. I sorbetti al limone ci attendono.

© copyright Gianni Marucelli 2014

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