Racconto pubblicato su “Il Salotto” n° 5, anno II, Dicembre 2022

Verso le otto di sera porto all’ultima passeggiata igienica la mia canina Briciola detta Bri, presa da un canile della Toscana quando aveva cinque anni dopo essere passata nelle mani di quattro “padroni”. Uno di questi, un contadino, l’aveva tenuta chiusa in una gabbia per conigli tutta l’estate per aver catturato la gallina del vicino.

Andiamo verso il praticello in fondo alla strada e poi, lentamente, dopo un breve giro nei prati, soli nella notte sotto le luci rassicuranti delle lampade, torniamo verso casa.

Ma… nel giardinetto vicino ci aspetta un amico speciale: un coniglietto dal mantello bianco con alcune macchie nere. Lo chiamo: “Piccolo, piccolo…”. Batto l’anello sulla ringhiera che recinta il suo modesto spazio e, un attimo dopo, arriva, si alza sulle zampe, mette il musetto fra le sbarre e mi guarda.

Lo accarezzo sul velluto della fronte mentre anche Bri lo annusa e lui tranquillo, come fosse nel paradiso dei viventi, lascia fare.

Gli porto un po’ d’erba strappata al prato e lui la prende in bocca con foga mentre lo saluto e lascio che consumi la prelibatezza che gli è negata.

È una creatura stupenda, emozionante, commovente. Fragile, di velluto e seta, ma sa, capisce, comunica, come me, come Bri, come tutti gli animali.

Me ne torno a casa con l’animo pieno di bellezza e gli occhi colmi di felicità. Potessero questi minuscoli pezzetti di tempo riempire la giornata di buio, di sofferenza, pensando ai miliardi di vittime dell’uomo crudele che noi esseri umani spesso siamo. Credendo di non esserlo. Perché non pensiamo, ci lasciamo trascinare dalle abitudini, dall’insignificanza della nostra coscienza.

Caro coniglietto, vivi a lungo, regalami ancora la tua candida pace.

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CC BY-NC-ND 4.0 Coniglietto by L'Italia, l'Uomo, l'Ambiente is licensed under a Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivatives 4.0 International License.