Econovella pubblicata su IUA n° 1, Anno III, Gennaio 2016

Lago d’Idro – © Alberto Pestelli 2015

La montagna conteneva il lago e il lago si allargava sotto la montagna. Insieme erano belli a vedersi, vicini e differenti, in certo qual modo complementari.

Una notte, il lago gridò una sorta di sconforto che raggiunse anche i sassi immobili delle sue profondità, ma la montagna rimase silenziosa a quell’urlo, senza rispondere nemmeno per uno scatto di curiosità. Io mi trovai per pura casualità a fare da testimone a quella scena triste e davvero impietosa, a causa dell’atteggiamento freddo e non certo amichevole della montagna, ma, se posso dire, la cosa che più mi resta impressa anche adesso, a distanza di tanti anni, è la fuga verso l’alto del lago, che si sviluppò nel giro di pochi minuti davanti ai miei occhi increduli.

L’acqua del lago era assolutamente ferma, quella sera, senza neanche un’increspatura. Si poteva avvertire un’assenza totale di vento e il caldo afoso della giornata appena trascorsa tentava con fatica di evaporare all’orizzonte. Mi stavo accingendo alla mia solita passeggiata serale che in quella mia settimana di vacanza era diventata una piacevolissima abitudine. Mi divertiva la solitudine di queste mie camminate, procedevo a passo sostenuto, osservando l’ampia superficie del lago cercando di valutare il calore dell’acqua anche con il buio, data la stagione estiva particolarmente bollente e spesso soffocante. Quella sera mi ero attardato perché mi sentivo bene, piuttosto sereno e pronto a pensare al prossimo rientro in città con relativa fiducia.

Fu allora che vidi tutto quanto e posso giurare, ora come allora, che in quei pochi momenti mi trovavo assolutamente da solo sul lungolago, data l’ora tarda.

Dapprima fu come un suono, che mi ricordò uno sbattere d’ali improvviso, subito dopo riuscii a percepire un rumore d’acqua che si spostava, lievemente, lasciando una scia di sonorità metalliche, come gocce che vibravano. Mi voltai verso l’origine dei suoni, vagamente infastidito, devo ammettere, e fu allora che assistei a uno spettacolo che non ho mai più avuto fino a oggi il privilegio di guardare.

Al centro del lago l’acqua iniziò a muoversi, prima con lentezza, poi sempre più velocemente, generando in pochi istanti un vortice di ampio diametro, al di sotto del quale l’acqua sembrava come ribollire. D’improvviso fu come se la superficie del lago, resa argentea da una bellissima ed enorme luna piena che sovrastava con elegante indifferenza il panorama sottostante, si spaccasse, si aprisse, tagliata da una lama invisibile. Dallo squarcio inizialmente mi parve di vedere una lunga colonna d’acqua che saliva e saliva fino a fermarsi a circa due metri di altezza dalla voragine. Dico che mi parve perché, nello spazio di una frazione di secondo, l’aria si era inspessita come per una nebbiolina leggera ma insistente, simile a quella che avevo trovata in una brughiera inglese dove avevo passeggiato molto, molto tempo prima, impedendomi così una visuale nitida e precisa.

Dalla colonna uscì qualcosa che velocemente prese la forma di una testa, e poi qualcosa d’altro ai lati che mi sembrarono braccia, e poi due gambe in basso. Insomma, si formò una figura.

Una figura indiscutibilmente femminile, trasparente, traslucida e dai riflessi azzurri. Non sto qui a spiegare la gamma di sensazioni che mi offuscò quasi la mente, assalendomi di un tratto. Posso aggiungere soltanto che la figura aveva un viso, che camminava sull’acqua, che mi guardò per un istante eterno prima di gridare, voltarsi e dirigersi con larghe falcate verso la montagna. La figura gridava e, a momenti, mi sembrò di udirla piangere, singhiozzare. Senz’altro si ergeva magnifica sull’acqua ferma del lago. Arrivata di fronte alla montagna silenziosa sollevò prima una gamba poi l’altra, iniziando ad arrampicarsi. La montagna restò in silenzio durante l’intera l’ascensione della figura acquatica. Riuscii a malapena a intravedere il percorso che essa lasciava dietro sé come una traccia bagnata, orma più scura sulla parete di roccia. Arrivata in cima la persi di vista. Era scomparsa, svanita ai miei occhi sempre più stanchi che non riuscivano più a mettere bene a fuoco. Suppongo si sia sciolta lassù, evaporata o infiltrata con le sue lunghe braccia e le sue lunghe gambe dentro la terra che tanto adorava. Ancora oggi mi capita di rivedere in sogno quel suo viso magnifico, trasparente e dai riflessi azzurri.

Iole Troccoli 23 ottobre 2015

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Lago e montagna di Iole Troccoli © 2015 è distribuito con Licenza Creative Commons Attribuzione – Non commerciale – Non opere derivate 4.0 Internazionale.
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