Amo la natura e so che anche la natura mi ama, percepisce il mio affetto, i ringraziamenti che sempre porgo agli alberi, ora in fiore, ai prati, al dolce monte Morello che accarezzo con lo sguardo. Non solo, la natura me lo dimostra. Proprio oggi mi ha invogliata a raggiungere il piccolo parco vicino casa facendomi trovare una gradita sorpresa, la risposta alla mia ricerca dell’argomento di cui avrei voluto parlare, con le mie modeste conoscenze e capacità, nel prossimo numero della rivista. Nella casetta del libri accanto al cancello ho visto fare capolino un libro dai bei colori pastello, un libro insolito in quel luogo periferico, fra le panchine con pochi anziani intenti a giocare a carte e scaldarsi al sole. Ho preso il volume in mano come un dono, sapendo che non sarebbe rimasto lì a lungo perché avevo di colpo riconosciuto l’autore.
Era Il Secolo Biotech di Jeremy Rifkin, ecco la risposta che stavo cercando.
Jeremy Rifkin è un economista americano esperto in scenari che potrebbero sopraggiungere nella società come conseguenza dell’innovazione scientifica e tecnologica. Fa parte dei miei adorati ‘grandi vecchi’ che rimpiangerò profondamente alla loro scomparsa, uomini di profonda cultura che hanno il dono di saper divulgare la conoscenza, facendosi apprezzare per la loro chiarezza e obiettività. Persone che vai a cercare su You Tube e i cui interventi ti puoi godere ogni volta che vuoi.
Possiedo un altro suo bellissimo libro, The European Dream (Il Sogno Europeo), l’omaggio ammirato di un americano verso la nostra Unione Europea coi suoi ideali, i diritti umani, la nostra speciale democrazia, il nostro diverso atteggiamento. C’è persino un lungo capitolo sui diritti degli animali a dimostrazione della sua grande sensibilità ed apertura mentale. Rifkin comprende appieno che l’Europa è l’unico laboratorio di convivenza pacifica fra nazioni che si sono combattute l’una contro l’altra fino a settanta anni fa. Insomma ripone grandi speranze in questa unione, lui che vive in una società basata sul profitto, sulla competizione sfrenata che si sta ora dirigendo verso una polarizzazione tale da mettere in pericolo la loro stessa esistenza. Un economista attento come lui non poteva perciò non affrontare un tema attualissimo come le biotecnologie, anche se in questi ultimi anni pare che l’interesse generale sia rivolto soprattutto all’Intelligenza Artificiale.
Invece la ricerca biotecnologica sta andando avanti e ha un impatto molto profondo con ricadute positive anche se produce e produrrà conseguenze imprevedibili e devastanti in futuro. Il genere umano, ormai lo sappiamo come è fatto, è come un bambino davanti a una pasticceria. Chi riuscirebbe a resistere a quel profumo invitante, alla vista dei soffici cannoli alla crema, alla cioccolata, a quel gusto irresistibile per il palato? Se fanno male troppi dolci, pazienza, ci penseremo in seguito, per adesso ci abbuffiamo. Magari poi odieremo il medico che prima o poi ce li vieterà. L’uomo è sempre stato inebriato dalla ricerca, eccitato dai risultati raggiunti che portano con sé adrenalina, denaro, fama. Il progresso umano si basa sulla ricerca, ci siamo evoluti così per tutta la storia della nostra specie: dalla scoperta del fuoco, dei metalli, della polvere da sparo, fino alla penicillina che ha aperto la strada alla medicina moderna. Anche l’energia nucleare è stata una grande scoperta grazie alla quale ora viviamo sotto la minaccia della guerra nucleare. I ‘droni’ hanno ricadute positive in tanti campi ma vengono usati principalmente per bombardare impunemente il nemico nelle varie guerre che imperversano in tutto il mondo, esclusa per ora la nostra vecchia e incerta Europa.
Eppure lo scenario più fosco non è niente in confronto alle implicazioni della biotecnologia che in questi ultimi venti anni, assieme alla rivoluzione informatica, ha continuato a svilupparsi ed è uscita dai laboratori per invadere il mondo del commercio portandoci ad affrontare per la prima volta le promesse e i pericoli di questa nuova ‘era’. Nel suo libro uscito nel 1998, esattamente venticinque anni fa, Jeremy Rifkin nella lunga introduzione ritiene che occorra un dibattito e una conoscenza molto più approfonditi da parte di tutte le persone verso queste nuove tecnologie, allo scopo di farsi una propria opinione perché il problema non è tanto imparare a convivere con la nuova genetica come se ciò fosse un fatto irreversibile, ma capire e scegliere, a meno di voler essere dei testimoni passivi e inconsapevoli.
L’era del fuoco e della ‘pirotecnologia’- cioè lo sfruttamento dei giacimenti fossili per produrre fuoco e dunque energia- sta lentamente esaurendosi, perché lo stile di vita industriale produce massiccia desertificazione, deforestazione, un accumulo di gas serra che minaccia il clima, di conseguenza tante specie viventi sono in rapida estinzione mentre l’ eccessiva sovrappopolazione umana sta ‘mangiandosi’ le ultime risorse del pianeta. Si sarebbe potuto invertire la rotta e scegliere un consumo più consapevole, uno sviluppo più responsabile invece tutti questi fattori critici hanno spinto i ricercatori a proporre un approccio diverso e rivoluzionario riguardo all’organizzazione del pianeta, si è tentati di ‘rifare il mondo’.
Tutto è partito quando negli ormai lontani anni ’70 si riuscì a isolare e identificare i geni, il DNA. Ora sappiamo trasformare e ricombinare insieme corredi genetici appartenenti a specie diverse. Ci si allarma, ed a ragione, se i nostri dati personali sensibili vengono acquisiti e commercializzati, ma quanti sanno che in tutto il mondo da decenni, a partire dagli anni ’80, si stanno spendendo milioni di dollari per etichettare i dati genetici di animali, piante ed esseri umani immagazzinandoli in banche dati? Ormai ogni pianta, animale, insetto, batterio, forma di vita, compreso ovviamente l’essere umano è inserito col suo DNA nelle banche dati.
I ricercatori sono ormai in grado di manipolare e trasformare il pool genetico rendendolo una nuova materia prima per l’attività economica futura. La tecnica usata è molto semplice. Usando enzimi si lavora su molecole di materiali genetici diversi, appartenenti a specie diverse; questo materiale genetico così modificato viene veicolato in una cellula ospite, usando di norma un batterio. Quest’ultimo inizia a replicarlo infinitamente, producendo copie identiche fino a formare un individuo nuovo, un ” clone.”
Come non ricordare la pecora Dolly, il primo clone, un povero animale che ebbe notorietà ma una vita breve. Il processo del DNA ricombinante è uno dei più impressionanti strumenti tecnologici oggi a disposizione, così come l’efficienza e la velocità sono il cuore propulsivo della rivoluzione dell’ingegneria genetica. La quantità di informazioni a disposizione degli scienziati genetici raddoppia ogni ventiquattro mesi così come la velocità delle scoperte. Ecco che la ricerca genetica, sollecitata e finanziata dalle grandi industrie, è stata incanalata in un percorso che segue questo principio: “Per ovviare alla lentezza della natura occorre trovare nuove vie che consentano di manipolare la struttura genetica di microbi, piante e animali in modo da accelerare la loro trasformazione in prodotti economici utili.” Allora via, apriamo le porte al mondo degli OGM, presentati al mondo come la panacea alla crisi alimentare, la manna del cielo contro la siccità, eccetera.
Si obietterà che l’uomo ha sempre cercato di addomesticare e incrociare piante e animali per aumentare la qualità e la velocità delle risorse biologiche. Questo è vero. Ma prima siamo stati frenati dai confini di specie. Gli ibridi non sono mai stati soddisfacenti in passato. Adesso la manipolazione non viene fatta a livello di specie ma a livello genetico. E l’uomo inizia a sentirsi Dio o meglio di lui, data la solita presunzione umana. Non amo addentrarmi troppo su questi esperimenti alla Frankenstein ma solo per chiarire ricordo alcuni esempi. Nel 1983 Ralph Brinster dell’Università della Pennsylvania, Facoltà di veterinaria, inserì in embrioni di topo i geni umani che regolano gli ormoni della crescita. Ne derivarono dei ‘supertopi’ che divennero rapidamente più grossi del doppio dei topi normali generando altri topi con lo stesso corredo genetico umano. Dunque se si lavora coi geni si innesca anche un processo di ereditarietà. Nel 1984 in Inghilterra crearono una chimera capra/pecora. Nel 1986 alcuni scienziati inserirono nel codice genetico di una pianta di tabacco il gene che permette l’emissione della luce nella lucciola. Così le foglie del tabacco brillavano.
Questa nuova forma di manipolazione biologica modifica sia i nostri concetti della natura sia le nostre relazioni con essa in questa nuova tentazione di rifare il mondo. Ma un altro punto da considerare attentamente è che se fino a poco tempo fa la ricerca era finanziata dallo stato, dalle università e dalla cultura, adesso il grosso degli investimenti è privato. Le grandi aziende multinazionali hanno intravisto il potenziale economico di questa rivoluzione biotecnologica così come i ‘superricchi’ del mondo, come Bill Gates e Elon Musk. Le multinazionali Novartis, Monsanto, Eli Lilly, Du Pont, e tante altre stanno stanziando fondi in esperimenti che si sono allargati in ogni campo, nel settore energetico, chimico, ad esempio cercando nuovi tipi di plastica inserendo ceppi batterici nelle piante. Ho letto di esperimenti che fanno rizzare i capelli e modificheranno definitivamente il mondo come lo conosciamo. Il tutto servendosi di industrie altamente automatizzate che richiederanno una minima quantità di operai. Moltissimi esperimenti genetici si sono rivolti inoltre ai poveri animali d’allevamento, sempre nell’ottica di renderli più efficienti e produttivi, rendendo l’agricoltura e l’allevamento industrie a pieno titolo.
La ricerca farmacologica sta anche trasformando greggi e allevamenti in ‘bioindustrie’ atte a produrre farmaci, medicinali e alimenti. Grace è una capra transgenica in grado di produrre un farmaco antitumorale e tanti altri animali transgenici potranno produrre farmaci a costi dimezzati. Non poteva mancare un’altra pecora clonata, Polly, che contiene il codice genetico umano adattato. Le industrie stanno pianificando la produzione di massa di animali mutati e clonati, così come l’industria della carne è interessata alla clonazione. I cloni animali verranno usati anche come produttori di organi per i trapianti umani, gli xenotrapianti, il maggiore affare commerciale del secolo della biotecnologia. E’ la volta dei pesci adesso, ad esempio i salmoni, i quali depongono le uova nei fiumi e poi muoiono. Gli scienziati vogliono creare salmoni sterili, dotati dell’impulso di restare in mare aperto, e magari molto più grossi in modo da essere sfruttati commercialmente.
Quando Rifkin scrisse Il Secolo Biotech, nel lontano 1998, i ricercatori stavano facendo crescere pelle umana coltivata in laboratorio per curare lesioni gravi. Adesso vediamo coltivare interi organi umani partendo da poche cellule, organi e tessuti che potranno essere impiantati nell’uomo senza rigetto. Anche la ‘carne coltivata’ destinata al consumo umano che sta affacciandosi nei nostri mercati e desta così tanta preoccupazione nella politica – ma questo soltanto perché si vogliono salvaguardare gli allevatori dunque gli elettori – è una carne identica all’altra tradizionalmente ricavata da un animale allevato e macellato a questo scopo. E se la si vorrà consumare sapremo che non è frutto di dolore e supplizio rivolti agli animali e sperando poi che tutto ciò porti ad una diminuzione degli allevamenti intensivi nel mondo con conseguente minore inquinamento. Ancora, i chip a base di DNA consentiranno ai medici di analizzare il corredo genomico di ogni singolo individuo permettendo di tracciare un quadro delle sue predisposizioni genetiche.
Il cromosoma artificiale umano è un altro discorso complesso ancora aperto ma promettente nella ricerca. Questo cromosoma si potrà impiantare nei bambini, modificandone a piacimento le caratteristiche. Alla luce di queste nuove rivelazioni la fecondazione ‘ in vitro’ appare ormai obsoleta così come lo sarà la ‘maternità surrogata’, cioè l’utero in affitto. Uteri sterili artificiali nutriranno i bambini con liquidi ‘perfluocarburi’ che trasportano ossigeno e altri elementi necessari al loro sviluppo, bambini con un corredo genetico scelto in precedenza, da chi? Dai genitori? Dai vari stati? Insomma il film Matrix diviene realtà! Siamo contenti o meglio siamo consapevoli della portata di tutto questo che rivoluzionerà irrimediabilmente il nostro essere, il nostro organismo e la natura. Quello che Rifkin si chiede, e anche io modestamente mi aggiungo a lui: ” siamo abbastanza preparati e abbiamo discusso a sufficienza sui possibili sbocchi di questo cammino? “
L’ultima parte di questa riflessione si intitola: Dall’alchimia all’algenia. L’alchimia ricombinava materiali diversi nel tentativo di svelare i segreti della natura usando il fuoco per sciogliere, fondere, purificare e distillare il materiale di base creando nuove combinazioni per avvicinarsi all’ideale stato aureo. L’oro, per il suo stato di apparente immutabilità, rappresentava l’immagine dell’immortalità e della perfezione. Dunque a sorreggere e giustificare l’alchimia c’era un pensiero, una convinzione, una comune filosofia. Gli alchimisti erano convinti di ‘aiutare la natura nel suo sforzo a diventare perfetta.’ Nel mondo della biotecnologia, gli ‘algenisti, coloro che si occupano dei geni, considerano tutto il mondo vivente ‘in potenza’. I confini di specie sono delle comode etichette atte a identificare una condizione biologica.
Siamo ormai nel mondo dei brevetti, della feroce competizione fra società chimiche, farmaceutiche, agroalimentari e biotecnologiche, della pirateria nella ricerca, e già un numero record di ricorsi legali e processi è presentato alle Corti di Giustizia. Di fronte a tutto questo e soprattutto considerando quanto le grosse industrie facciano la parte del leone, sarebbe davvero utile e sacrosanto che se ne potesse discutere maggiormente nei media, nelle università, nei parlamenti dei vari stati, in modo da capire la portata di questa nuova ‘era’ tecnologica. Temo però che ciò sia improbabile in quanto nascono lobby sempre più potenti che cercano di influenzare la politica così come i docenti universitari sono spesso a capo di facoltà le cui ricerche biotecnologiche sono sponsorizzate dalle industrie ed essi stessi sono azionisti di tali industrie.
Jeremy Rifkin ci fa riflettere su questo nuovo mondo che ci attende e che ci coinvolgerà tutti e la natura, mostrandomi quel libro che giaceva lì in attesa nella casetta dei libri, forse ha chiesto il mio aiuto e io ho risposto al suo silenzioso e accorato appello.
Jeremy Rifkin, Il Secolo Biotech, Baldini e Castoldi, 1998
Gabriella Costa
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