Ma intanto vi proponiamo un’escursione in anteprima in cerca dei fiori più belli

Articolo pubblicato su IUA n° 6, Anno II, Giugno 2015

È iniziato il count-down per tornare ad ammirare la fioritura sui sentieri di montagna, un po’ prima sull’Appennino, un po’ più tardi sulle Alpi. È uno spettacolo della natura che i frequentatori del Trentino-Alto Adige conoscono bene, ma a cui talvolta non prestano la dovuta (e informata) attenzione, presi come sono dalla straordinaria bellezza dei panorami dolomitici, dalla visione fugace di qualche marmotta o dalla presenza di altri, e più appetibili, vegetali: i funghi e i mirtilli, ad esempio…

E’ difficile, però, restare indifferenti davanti alla varietà cromatica dei prati alpini, o alle macchie di colore che interrompono, più in alto, il grigio delle rocce e dei ghiaioni: il mio personale consiglio, per chi non desidera solo scarpinare, ma anche godersi appieno la biodiversità delle alte quote, è di munirsi di macchina fotografica dotata della funzione “macro” (ormai ce l’hanno anche quelle economiche) e di portarsi via non i fiori, che sono protetti per fortuna dalla legge, ma le loro immagini. Così, se non riuscirete a identificare subito i “belli sconosciuti”, potrete farlo comodamente dopo, a casa, con l’ausilio di un buon libro sull’argomento, che riporti foto (o disegni) e descrizioni esaustive.

Soprirete tra le alte cose che almeno alcune delle piante che avrete identificato hanno proprietà curative riconosciute non solo dalla tradizione popolare, ma anche dalla scienza medica odierna.

Vi proponiamo di fare con noi una comoda escursione nel Parco Naturale delle Dolomiti di Sesto (BZ), prestando attenzione ai fiori che incontreremo. Essa inizia dai Prati della Croda Rossa (mt. 1900 circa) e termina al Passo Monte Croce di Comelico (mt. 1700 circa). L’itinerario ci porterà quindi a salire fin quasi all’attacco delle pareti dolomitiche, per poi ridiscendere abbastanza rapidamente.

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Siamo all’inizio di Agosto, e i pascoli sono nel periodo della più intensa fioritura.

Su molti di essi è già passata la falce della fienagione, ma hanno avuto già modo di rinnovarsi. A ogni buon conto, alcuni esemplari di fiori rari sono stati lasciati intatti: è il caso di questo bel Giglio Martagone (Lilium Matagon L.) in procinto di schiudersi.

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Giglio martagone – (Lilium Matagon L.)

Poco più in alto, vicino a un Pino mugo, occhieggia una famigliola di Botton d’oro (Trollius Europaeus L.), d’un giallo intenso. Qui inizia un tratto in salita, tra gli ultimi Larici e i primi arbusti di Rododendro. Ci fermiamo ad ammirarne i fiori, rammentando il significato del nome: in greco, vuol dire letteralmente “albero delle rose”.

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Botton d’oro (Trollius Europaeus L.)
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Rododendro

 Un tempo, il Rododendro trovava applicazione nella medicina popolare, in associazione con l’Erica, per la cura di alcune affezioni delle vie urinarie. Il fatto però che ne è stata dimostrata un’elevata tossicità, ne sconsiglia ora l’uso. Viceversa, vengono ancora sfruttate le galle, prodotte dalla puntura di alcuni insetti. Esse danno un olio che, commercialmente, viene chiamato “olio di marmotta” e ha proprietà antireumatiche. Quindi, se lo doveste vedere in qualche erboristeria, non preoccupatevi: nessuna marmotta è stata sacrificata per ottenerlo… Ora il terreno diventa impervio. Ci stiamo avvicinando alla roccia delle pareti dolomitiche, che incombono su di noi. Da un cespuglio, spunta qualche fiore di un viola tenue: è la bella Clematide alpina (Clematis Alpina L.), il cui capo è sempre chinato verso il basso…

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Clematide alpina (Clematis Alpina L.)

Continuando il nostro cammino, che ora si snoda attorno a quota 2000 metri, scopriamo alcuni bei fiori rosa-violacei che sembrano appartenere alla famiglia delle Orchidee, ma purtroppo non sappiamo individuarne il nome.

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Non ci deludono, invece, i due bellissimi esemplari che ci aspettano proprio ai bordi del sentiero: si tratta senz’altro di Genziana alpina, una pianticella che tutti conoscono per l’uso che se ne fa in liquoreria, per preparare amari e fernet. Sembra inoltre che il suo succo sia valido per schiarire le efelidi… comunque è uno spettacolo!

Genziana alpina
Genziana alpina

Il percorso ora comincia a discendere, e riappaiono gli alberi. Tra di essi, fa capolino una famiglia di Amanite muscarie, o Ovoli malefici: certamente hanno la cuticola velenosa, ma vale la pena di fotografarli!

Amanite muscarie, o Ovoli malefici
Amanite muscarie, o Ovoli malefici
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Amanite muscarie, o Ovoli malefici

 A pochi passi da essi, ai bordi di un prato troviamo un simpatico Geranio dei boschi, parente di quelli che teniamo nei nostri giardini.

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Geranio dei boschi

Lo stesso prato ci offre anche una fioritura di Arnica (Arnica montana), pianta medicinale per eccellenza. Se ne usano sia i fiori che il rizoma. Ha proprietà antiflogistiche, cicatrizzanti, antiecchimotiche. Tradizionalmente, viene utilizzata per le lombaggini, le sciatiche, i dolori articolari.

Arnica montana
Arnica montana

A pochi metri, e dello stesso colore dell’Arnica, un’umile piantina di Ieracio (Hieracium Lanatum), chiede anch’essa un po’ d’attenzione, che volentieri le concediamo, anche se non ci è nota alcuna sua virtù terapeutica.

Ieracio (Hieracium Lanatum)
Ieracio (Hieracium Lanatum)

Invece ne ha, eccome, e nemmeno si nasconde, l’alto esemplare di Genziana Maggiore (Gentiana Lutea L.) che incontriamo nella ripida discesa verso il Passo Monte Croce di Comelico. Le sue proprietà sono colagoghe e antipiretiche (tanto che si usava in mancanza del Chinino), ma soprattutto è amara, tanto da far parte di tutti i liquori di quel genere

Genziana Maggiore (Gentiana Lutea L.)
Genziana Maggiore (Gentiana Lutea L.)

 Finalmente il Passo! Arrivederci, fiori! Ci aspetta una bibita fresca e un bel sonnellino…

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