Castel Taufers, un affascinante maniero a guardia dei passi della Valle Aurina
Articolo apparso su L’Italia, l’Uomo, l’Ambiente n° 8, Anno VIII, Settembre 2021
Domina da otto secoli l’ampia conca di Campo Tures, là dove il fiume Ahrn scorre, serrato ai due lati dalle pendici delle montagne. Al di là della gola, si apre la lunghissima, splendida Valle Aurina, il cui vertice tocca il confine con l’Austria. Ci troviamo a pochi chilometri da Brunico, la cittadina capoluogo della Val Pusteria, in provincia di Bolzano, e Castel Taufers, che ci osserva dall’alto della sua rocca, non è certo l’unica antica fortezza che si trova da queste parti. Pochi mesi fa abbiamo descritto il Castello di Brunico, nel quale ora si trova uno dei Musei della Montagna creati da Reinhold Messner, ma diversi altri sono ancora in piedi, nonostante i secoli e le vicende della storia, che qui è stata davvero complessa ed è in genere pochissimo conosciuta da noi italiani. Il maniero di Taufers è un castello dinastiale, fu costruito cioè dalla famiglia omonima che lo detenne, a quanto pare con titolo comitale o baronale, fino alla sua estinzione.
Costruire un castello presuppone vaste ricchezze, e Ugone IV di Taufers ne doveva avere in quantità, se riuscì a sposare una donna di rango superiore al proprio, la Contessa Adelaide di Appiano, e a mantenere uno stuolo di cavalieri al suo seguito con i quali prese parte non solo a tornei cavallereschi, ma anche ad una Crociata.
Siamo all’inizio del XIII secolo, quando Ugone decise che la sua vecchia fortezza di Tobel, a qualche miglio di distanza, non era più confacente alle sue necessità. Era ormai un’epoca in cui, più che da invasori esterni, ci si doveva guardare da nemici interni, infatti le faide tra nobili era frequenti e sanguinose. Quindi, una posizione elevata e un robusto mastio eretto su uno sperone roccioso, da cui si poteva controllare l’intero territorio circostante, il tutto contornato da una cinta muraria adattata alle condizioni del terreno, con camminamento tutto intorno, era quanto di meglio si potesse desiderare sia a fini difensivi che amministrativi e di status symbol, come si direbbe adesso.
Un secolo dopo, la situazione era già mutata. Estintasi la dinastia dei signori di Taufers, il castello passò sotto l’influenza dei Conti del Tirolo e quindi sotto quella degli Asburgo. Di conseguenza, il maniero venne retto da amministratori a ciò delegati dal sovrano, anche se formalmente la signoria feudale dei luoghi era detenuta dal Vescovo di Bressanone.
Ma veniamo alla visita del castello, che da un quasi mezzo di secolo è di proprietà, e dovremmo aggiugere per fortuna, del Sudtiroler Burgeninstitut, associazione che lo gestisce e ne cura l’apertura al pubblico.
Oggi, il maniero è molto diverso da quello dei tempi di Ugone: ha subito nel tempo ampliamenti e modifiche, periodi di abbandono e infine restauri accurati.
Entriamo attraversando un ponticello, che un tempo doveva essere levatoio, sui cui si eleva una torre portinaria. Le strette feritoie a forma di croce indicano che si potevano agevolmente colpire eventuali aggressori senza esporsi al loro tiro: dopo un breve tratto scoperto, un altro portone immette in un corridoio che conduce alla piazza centrale del maniero. Una scaletta sulla sinistra scende al giardino, dove probabilmente erano coltivati pochi ortaggi e fiori a cura delle dame.
La piazza è oggi un luogo ameno, affollato dai turisti che attendono il loro turno di visita: delle oltre sessanta stanze del maniero solo una ventina sono aperte al pubblico, quelle arredate e rese nei secoli eleganti e calde dal rivestimento ligneo, realizzato in legno di cirmolo (cembro) in prevalenza, perché il cembro è scarsamente attaccato dai parassiti. La visita guidata inizia dagli ambienti dove si amministrava la giustizia. Il signore di Taufers deteneva il diritto di alta e bassa giustizia, il che vuol dire che poteva condannare alla pena di morte i rei e far eseguire le stessa. Nella sala spicca un pilastro in legno a cui venivano legati gli imputati, per l’interrogatorio. Nel caso che il giudice ritenesse necessario applicare le maniere forti per far confessare i colpevoli, non lontana vi è la stanza delle torture, in cui viene conservata una gogna in legno (potete vederla nella foto) cui il malcapitato era assicurato durante l’opera di convincimento… dei canaletti di scolo sul pavimento in pietra inducono a supporre che vi fosse spargimento di sangue, e che questo venisse convogliato fuori. Ad ammonimento dei rei, un ceppo su cui è infissa la scure del boia completa l’arredamento. Per fortuna, questa antica pratica di interrogatorio fu abolita in Tirolo nel 1774. Un’altra stanza, che non ci fanno visitare ma di cui possiamo vedere la foto, è la segreta dove venivano rinchiusi i prigionieri. Il pavimento è costituito dalla nuda roccia della rupe, il rimanente ve lo potete immaginare.
Usciamo da “palazzo di giustizia” e, attraversando sempre la piccola piazza, saliamo alla residenza nobiliare vera e propria. È l’ala antica del castello, la cui facciata interna è ingentilita da bifore.
Tra le molte stanze, tutte rivestite in legno ma nessuna, a quanto capiamo, conservante il mobilio originario, spicca quella della “degli Spiriti”, che ci ricorda la leggenda principale tra quelle legate al maniero. È l’infelice storia di Margaretha von Taufers, figlia del castellano, che durante la lunga assenza del padre si innamorò del capitano delle Guardie (in altre versioni, si tratta di un contadino, cosa scarsamente credibile data l’enorme differenza di rango sociale). Ricambiata, decise di sposarlo, Per questo si rivolse a suo zio, il principe-vescovo di Bressanone, il quale provò a dissuaderla, senza successo. Poco prima delle nozze, il promesso sposo cadde in una imboscata nella cappella del castello e morì, trafitto da una freccia. La giovane, folle di dolore, si chiuse nelle sue stanze, dalle quali non uscì più. Si dice che si gettasse poi dall’alta finestra, sfracellandosi al suolo.
Naturalmente, il suo fantasma vagò, ed ancor vaga, tra le tetre mura, facendosi sentire nelle notti più oscure. La nostra guida, a domanda, assicura che, trovandosi una sera di autunno da sola nel castello, durante un black out, ha udito cose strane, e non ripeterebbe mai più una simile esperienza. Crediamole sulla parola.
Noi invece notiamo che in questa bella stanza è presente una bellissima Stube, del 1700, rivestita di ceramiche bianco-azzurre e un graziosissimo salottino che si apre con una finestra sulla valle. Una culla in legno dà un tocco di familiarità all’ambiente. La sala certo più preziosa è la grande biblioteca, dove si conservano centinaia di volumi, in tedesco e in latino. Anch’essa dotata di una stube del XVII secolo, che costituisce una vera e propria opera d’arte, ha un soffitto ligneo che è un capolavoro di ebanisteria. In questa sala fu ospitata, alla metà del 1500, una scuola per ragazzi dai sei ai sedici anni, che era frequentata, oltre che dai figli del castellano, morto precocemente, da una ventina di rampolli, maschi e femmine, di diverse famiglie nobiliari tirolesi, i cui ritratti , un po scuriti dal tempo, fanno mostra di sé a una parete. La scuola, istituita dalla madre del defunto, Beatrix Weiler, era condotta dalla fondatrice e da un precettore appena ventiduenne: vi si insegnavano religione, buone maniere, musica e materie umanistiche. Insomma, tutto quello che i figli di buona famiglia dovevano allora sapere.
Dalla biblioteca all’armeria il tragitto è davvero breve. Praticamente e metaforicamente, dato che l’esercizio delle armi era imprescindibile nell’educazione dei nobili del tempo. Spade, alabarde, corazze e qualche antica arma da fuoco vi sono raccolte, e suscitano la curiosità dei più piccoli. Passiamo per l’ampio granaio, poi accediamo ai camminamenti sovrastati da una bella tettoia lignea, dai quali si può godere un bel panorama sul complesso degli edifici del maniero e sulla vallata. La piccola cappella del castello, quella che secondo la leggenda vide l’assassinio del bel Capitano, è affrescata con scene tratte dalla Bibbia e dalle Vite dei Santi Pietro e Paolo. Il pezzo più pregiato è un bel crocifisso ligneo, che però è una copia dell’originale risalente alla prima metà del XIII secolo.
La visita giunge al termine. Al di là dei suoi pregi storici e architettonici, il maniero ci ha mostrato uno stato di conservazione davvero ottimo, tanto più se pensiamo che questa è affidata a una associazione di volontariato e non a un ente pubblico. Un modello da seguire, e, potendo, imitare.
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