Poesia pubblicata su IUA n° 2, Anno IV, Febbraio 2017

Lanciamo, tra i nostri collaboratori e lettori, un’insolita gara poetico-naturalistica: scegliere un fiore (o un albero) e immedesimarsi in esso, secondo le proprie inclinazioni personali. È un esercizio che consente di riflettere sulla propria natura, sulle proprie virtù e difetti e, perché no, sulle proprie inclinazioni e desideri, senza troppo indulgere né ferirsi… Pubblicheremo volentieri i vostri scritti sull’argomento, se vorrete inviarceli! (indirizzo redazione: alp.pestelli@gmail.com). Iniziamo con uno scritto “esemplare” di Carmen Ferrari.

 

Io sono il Gelsomino notturno

di Carmen Ferrari

Carmen, il cestrum notturno venuto da lontano, dall’America centrale, col suo portamento semirampicante, come chi, con fatica, s’arrampica per raggiungere le sue mete. Difatti sono nata nel segno del Capricorno e condivido, con il gelsomino, anche temperature inferiori allo zero, ma non troppo.

Voglio essere protetta nei mesi invernali più freddi, allorché adagio i miei fusti flessibili in una dimora accogliente che mi permetterà di arrivare alla primavera per restituire alla terra il mio intenso profumo.

L’inverno mi aiuta a pensare, fermando il mio periodo vegetativo, come l’inverno della vita che avanza e si nutre di nuove verità, lasciate andare come essenze giunte a maturazione.

E di nuovo una primavera avanzerà nel susseguirsi degli equinozi, in una metafora temporale rinnovata, per quella ricerca di assegnare un nome ai rami intrecciati di Carmen-gelsomino.

Sarò pronta, come sempre, a schiudere le mie corolle quando, con la sera e poi con la notte, molte falene accoglieranno lo sbocciare dei miei fiori, spandenti il loro aroma.

Non sono a mio agio nell’appariscente estetica del giorno, e proprio per questo mi espongo alla notte, protetta dal buio e da insonni presenze umane che, fra le mura notturne, dipanano e dispiegano i pensieri nell’incedere delle ore.

In estate, all’apice dei miei fusti sbocciano delle infiorescenze tondeggianti: vado fiera dei miei fiori tubolari allungati, di colore bianco.

Li offro al mondo.

Solo a fine estate le mie infiorescenze lasciano il posto a bacche tondeggianti dello stesso colore.

Giovanni Pascoli mi ricorda nei “Canti di Castelvecchio”, nella poesia “Il gelsomino notturno”, scritta per il matrimonio di un amico. Il poeta fa esalare il profumo di gelsomino che, con l’odore delle fragole rosse, il vento porterà con sé, accompagnando la notte degli sposi, uniti nell’oscurità, da cui germoglierà una ‘felicità nuova’.

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CC BY-NC-ND 4.0 S’io fossi un fiore… by L'Italia, l'Uomo, l'Ambiente is licensed under a Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivatives 4.0 International License.