Articolo pubblicato su IUA n° 4, Anno I, Giugno 2014

 star trek

Recentemente notizie sorprendenti mi hanno turbata in modo tanto più profondo in quanto vicine, se non addirittura sovrapponibili, al mondo di fantasia costruito nel mio romanzo “Allergia”, uscito per Mobydick Editore lo scorso ottobre.

La storia ipotizza che l’umanità sia vittima di allergie letali sempre più frequenti e che i superstiti debbano vivere in città supertecnologiche, protette da cupole titaniche di vetro e metallo, senza più avere contatti con la natura di nuovo padrona di se stessa. Si tratta di una vita asettica e virtuale frutto della leggerezza con cui l’uomo ha violato in modo sconsiderato o criminale l’ambiente. Solo alcuni sparuti gruppi di “refrattari” riescono a vivere ancora “fuori” in un rapporto simbiotico e rispettoso con ciò che li circonda, ma non senza il rischio di soccombere per un improvviso choc anafilattico. A loro e ai giovani più consapevoli della città protetta è lasciato il compito della riconciliazione, perché come già diceva alla fine del 1500 il filosofo Francis Bacon “la natura ci ubbidisce nella stessa misura in cui noi le ubbidiamo”

“Finzione? Realtà, Signori, realtà”

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Il 17 marzo scorso leggo su “La Stampa” di un progetto di bioserra che nasce dallo studio Orproject di Londra. Faccio una rapida ricerca in rete e trovo che nell’equipe di ricercatori c’è un Italiano: Francesco Brenta. Lo contatto, ci parliamo in Skype e mi confermo nello stupore per i punti di contatto tra il loro progetto e il mio volo di fantasia o di fantascienza. Francesco mi dice che il co-progettista Rajat Sodhi si trova a Pechino, che, essendo una città fortemente inquinata, ha mostrato grande interesse per la loro proposta. Anche Mosca ha già preso contatti con Orproject. Si tratta di racchiudere una parte della città all’interno di una cupola leggera e flessibile (a differenza della mia) dentro la quale sviluppare un mini ecosistema. É un tipo di architettura estrema per creare un ambiente di aria filtrata e priva di sostanze nocive dove troveranno posto parchi, giardini botanici, spazi gioco, edifici per uffici, servizi sanitari, scuole e impianti sportivi. L’energia è fornita da impianti fotovoltaici.

Nel mio romanzo esprimo la nostalgia degli abitanti della cupola anche attraverso i loro nomi che s’ispirano a fiori, farfalle, stagioni e alberi o nella creazione di giardini artificiali, fatti di materiali sintetici. La struttura delle Bubbles di Orproject si rifà alle venature delle foglie e alle ali delle farfalle. Nell’attesa che l’umanità rinsavisca e le politiche internazionali mirino non solo al profitto, ma a salvaguardare il nostro pianeta, che è quanto di più prezioso abbiamo e del quale siamo parte integrante non certo oppositori o concorrenti.

Altra scossa mi viene dall’articolo “Going to Mars” che leggo sulla rivista “The Week” in Inghilterra: è del 24 agosto 2013.

Lo scienziato, cosmologo Stephen Hawking caldeggia il progetto di colonizzazione di Marte e di altri eventuali corpi del sistema solare come essenziale per la sopravvivenza dell’umanità. Le ragioni addotte sono la proliferazione nucleare, il cambiamento climatico, l’impoverimento delle risorse, l’aumento della popolazione, un eventuale cataclisma o invasione aliena. Una colonia extraterrestre auto sostenibile potrebbe diventare la scialuppa di salvataggio degli esseri umani.

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I problemi da risolvere saranno tanti: dall’atterraggio di almeno tre navicelle da 40 tonnellate (a cui la pressione atmosferica di Marte, pari all’1% di quello della terra, imprimerà una velocità spaventosa), alle alterazioni di densità ossea, all’atrofia muscolare fino alla depressione, insonnia e disturbi respiratori.

I coloni avranno bisogno di una base grande abbastanza da consentire una vita comoda in alloggi dotati di tutti i servizi e una vasta gamma di sistemi di sostentamento. Anche se sarà trovata acqua, un punto cruciale sarà la disponibilità di cibo a lungo termine. Si sta già lavorando per creare cibo di sintesi che riproduca la consistenza, i sapori e gli odori del cibo naturale. E i coloni potranno anche coltivare qualche prodotto in serre pressurizzate, puntando su alimenti geneticamente modificati per compensare le radiazioni e la scarsità di luce del nebbioso cielo rosa di Marte.

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Rabbrividisco pensando ai miei personaggi che si nutrono di cibo prodotto dalle loro stesse cellule e dei pochi vegetali che non provocano allergia; penso al cielo schermato dalle cupole, all’assenza del vento, della pioggia e compiango questi pionieri pronti a partire. C’è chi non vede l’ora di lanciarsi in questa avventura senza ritorno e non capisco perché. Anche se la Nasa è scettica sulla fattibilità del progetto prima di un quarto di secolo, il gruppo privato olandese “Mars One” ha ricevuto 100.000 richieste di partecipazione all’impresa. Si pensa che i prescelti saranno pronti dopo sette anni di preparativi e di simulazioni che verranno riprese secondo il modello del Grande Fratello.

Per trovare sollievo penso ai miei “refrattari” alle loro mani sporche di terra, all’orlo dei pantaloni bagnati dal torrente e soprattutto alla loro semplice e meravigliosa riflessione: “come rinunciare a vedere il mare?”

 © copyright Luisa Puttini Hall

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