Racconto pubblicato su IUA n° 5, Anno I, Luglio-Agosto 2014

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Cara mamma,

ti ricordi l’estate a Capalbio di tanti anni fa? Voi eravate partiti da un pezzo, mentre io ero rimasta a Firenze per preparare la tesi. Come al solito faceva molto caldo e, a un certo punto, non ce l’ho fatta più e vi ho raggiunti. Era la prima volta che passavamo un’estate a Capalbio, ricordo il paese delizioso e l’appartamento che avevate trovato, molto accogliente e caratteristico. Più che un appartamento era una vera e propria casa, con il portoncino di legno verde e le scale a chiocciola all’interno.

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C’era anche il camino, se ricordo bene, e una bella stanza grande nel seminterrato, una sorta di caverna. Così la chiamavamo: la caverna della mamma-geco. Infatti, attaccato alla parete con le sue grasse ventose, avevamo trovato un geco di dimensioni spropositate, rosa trasparente, con i suoi organi interni in mostra. Quando la sera accendevamo le luci si vedeva tutto, sembrava una radiografia di geco, ti ricordi?

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La caverna era sempre fresca, anche a mezzogiorno, e io ci avevo rovesciato i miei appunti, fogli, libri, tutto quello che avevo portato da casa. Si studiava bene là dentro, e poi c’era una porticina laterale che dava sulla strada esterna, un bel viottolo ombroso dentro le mura del paese. La lasciavo sempre aperta per guardare fuori quando mi prendevo una pausa dai libri.

Anche Elisa era contenta, aveva portato il materiale per dipingere e si dava da fare quasi ogni giorno, cercando scorci e panorami inusuali.

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La camera tua e di papà era al piano di sopra e mi ricordo di averti vista quasi ogni mattina affacciarti alla finestra immersa tra alberi e fiori, con la tua camicia verde menta. Eri proprio radiosa, e sorridevi sempre. Assomigliavi a un fiore tra i fiori. Te lo dico adesso perché all’epoca non te lo avrei detto mai. Come si cambia, vero?

La spiaggia era piuttosto grande e il mare spesso agitato, così aperto. A me non piaceva un granché, quel mare, era difficile nuotare, però aveva un bellissimo colore blu, con poche sfumature. Anche i tuoi occhi, mamma, erano blu, uguali al colore dell’acqua.

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Il paese ci piaceva e, non appena avevo finito di studiare, con Elisa andavamo a spasso. Ci piaceva osservare i fiori, il cielo, le nuvole. Ci piaceva rientrare, la sera, correre dal geco per vedere se per caso fosse scappato e invece ritrovarlo lì, immobile sul muro. Ci piaceva mangiare e dopo uscire a goderci il fresco parlando di cose futili ma divertenti. Ci faceva bene la serenità antica che emanava dalle strade strette, dagli alberi, dal mare lontano.

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Tu eri contenta, mamma, me lo ricordo bene. E anche papà. Credo che quella estate sia uno di quei rari ricordi totalmente belli, senza sbavature, da poter portare dentro tutti interi nella loro naturale perfezione. Non lo pensi anche tu?

Ti abbraccio,

Iole

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racconto e fotografie di Iole Troccoli © copyright Iole Troccoli 2014

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Quest’opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione – Non commerciale – Non opere derivate 4.0 Internazionale.

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CC BY-NC-ND 4.0 Cara mamma (ricordo di Capalbio) by L'Italia, l'Uomo, l'Ambiente is licensed under a Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivatives 4.0 International License.