A 29 anni dalla sua morte, il ricordo di un grande ambientalista
Ieri era una bella giornata di sole, tiepido abbastanza da invogliare ad uscire di casa presto e passeggiare, magari nel parco delle Cascine.
Nel pomeriggio sono dunque andata con un amico a camminare; chiacchierando e osservando la natura si gode del movimento, si fa meno fatica, ci si lascia trasportare dal piacere della compagnia e dalla serenità dell’ambiente circostante. Prima tappa: ammirare la grande massa d’acqua torbida dell’Arno leggermente in piena che si rovesciava oltre la pescaia. Adoro osservare i fiumi gonfi di acqua che li renderà poi più puliti; quando poi ho saputo che una parte della potenza del fiume viene lì deviata per essere impiegata in una piccola centrale idroelettrica che genera energia, mi sono sentita felice. Siamo arrivati all’Indiano, un pensiero e uno sguardo al grazioso monumento al giovane Marajah morto lontano dalla sua patria e cremato alla confluenza di due fiumi e ci siamo incamminati per la passerella sotto il ponte giungendo poi dall’altra parte. Costeggiando la riva opposta del fiume, ho ritrovato il grande parco costituito di recente, il parco dell’Argingrosso, molto ben curato. Dopo c’è il campo da golf con collinette e prati che sembrano di velluto.
Una bella passeggiata terminata alla passerella all’altezza della piazza dell’Isolotto. Getto sempre uno sguardo verso quella piazza carica di storia, di passione e desiderio di unire l’impegno religioso con quello civile. E’ stata una sorta di laboratorio sociale per una città che negli anni ’50 e ’60 provava a risorgere dalle macerie del dopoguerra. E che ha visto l’impegno sociale del sindaco La Pira e l’approccio missionario e pastorale di Don Mazzi.
A quel punto, alzando lo sguardo ho notato, forse per la prima volta, che mi trovavo proprio sotto un cartello che contrassegnava quel grande spiazzo: Largo Alexander Langer.
Mi è sembrato perfetto e molto simbolico che il Comune di Firenze avesse intitolato proprio a lui quello spazio preciso, fra una piazza carica di storia e un ponte sul fiume in mezzo alla natura, tre elementi fondamentali nella sua vita. Mentre il mio amico chiedeva chi fosse Langer, io sentivo crescere in me una grande commozione ripensando a questo personaggio tanto nobile e degno di stima.
Non aveva certo l’atteggiamento dell’eroe, del trascinatore di folle. Era un tipo dall’aspetto timido e schivo, gli occhiali e i capelli un po’ lunghi gli davano un’aria intellettuale. Eppure era un appassionato che ha dedicato la vita ai propri ideali, rendendola un esempio di sobrietà e di coerenza.
Era nato a Vipiteno nel 1946, figlio di un ebreo di origini viennesi e di una italiana. In un periodo di attentati autonomisti la sua famiglia lo iscrisse all’asilo italiano per tutelare il suo futuro. Così Alexander sapeva parlare bene sia il tedesco che l’italiano e, quando gli domandavano delle sue radici, rispondeva che non sapeva bene quali fossero e non gli importava perché «con il tedesco e l’italiano riesco a parlare e a capire nell’arco che va dalla Danimarca alla Sicilia», diceva.
Fin da queste prime affermazioni giovanili, si vede quanto fosse alla ricerca di ponti in una società multietnica, pluriculturale, plurireligiosa, plurinazionale, quella che lui sognava. E, nel suo Tentativo di decalogo per una convivenza interetnica, uno dei suoi testi più profondi scritto nel 1994, un anno prima della morte, sottolineava “l’importanza dei mediatori, costruttori di ponti, saltatori di muri, esploratori di frontiera.”
Insomma, durante la sua vita densa di esperienze diverse, sia sociali che culturali e politiche, Langer insegue sempre un ideale di pace e armonia, una soluzione pacifica ai conflitti, alle ideologie divisive. Ancora studente, fondò una rivista chiamata Die Brucke (Il ponte), un simbolo che avrebbe incarnato per tutta la vita, sia nell’audacia di collegare due sponde distanti sia nella fatica di trasportare le pietre capaci di incastrarsi fra loro per reggerlo.
“Tenere sempre presente il punto di vista dell’altro” è stato lo sforzo intellettuale di tutta una vita. Un ‘motto’ che oggigiorno pare così difficile da realizzare, con questo nostro individualismo esasperato e alla costante ricerca di consensi. Ebbe quindi una formazione cattolico-sociale. Visse un periodo denso di ideologie e personaggi di grande valore come La Pira, Don Milani, Padre Balducci a Firenze. Andò a vivere a Roma dove si occupò della rivista Lotta Continua e ne divenne direttore. Fu insegnante di Storia e Filosofia, si avvicinò al Partito Radicale e ebbe incarichi politici, sempre cercando l’unione fra le diverse anime del mondo politico.
La giustizia sociale e la giustizia ambientale sono sempre state per lui due facce della stessa medaglia: quella di una società solidale e multiculturale che non lasciasse indietro nessuno, che non trasformasse in ‘ invisibili’ gli ultimi, che non deturpasse il pianeta con lo spreco di risorse naturali sotto la spinta di un modello capitalista-consumista. Conosceva bene il movimento dei Grunen tedeschi, avendo vissuto in Germania, quindi fondò per la prima volta in Italia la Federazione dei Verdi. Era il 1985, il nostro paese era profondamente ancorato al passato, ai dettami cattolici, aveva abbracciato senza riserve il progresso derivato dal consumismo e gli ambientalisti erano visti con sospetto anche dagli altri partiti politici. Langer tenta senza riuscirci di fondere i Verdi col Partito Radicale.
Cerca anche di ricomporre lo strappo fra i Verdi del Sole che ride e i Verdi arcobaleno. Anche in quel caso senza successo. Viene comunque eletto al Parlamento europeo nelle liste dei Verdi nel 1989. Nel 1992 partecipa all’organizzazione della Conferenza mondiale sull’ambiente di Rio de Janeiro e alla conferenza Global Forum. In questa occasione propone una riduzione del debito dei paesi in via di sviluppo.
Il concetto di conversione ecologica è centrale nel pensiero di Langer, sia come nuovo stile di vita individuale che come trasformazione della società. Lanciò il motto Lentius, profundius, suavius (più lento, più profondo, più dolce), l’opposto del motto olimpico e oserei dire, della competitività del mondo capistalista-finanziario Citius, altius, fortius (più veloce, più alto, più forte). Nel 2015 Marco Boato definì l’ecologismo di Langer come una delle fonti di ispirazione dell’Enciclica Laudato sì di Papa Francesco.
Sta iniziando ad attraversare anni difficili, che lui affronta con la consueta coerenza e sincera passione. Una sincerità che spesso gli allontana amici ed ex compagni. Durante la guerra di Jugoslavia ad esempio, di fronte alla carneficina che si sta compiendo da parte dei serbi sui i bosniaci, non esita a chiedere un intervento internazionale armato, nonostante sia sempre stato un convinto pacifista e fautore della non violenza. Ma il mondo stava a guardare impotente e smarrito. Chissà cosa direbbe oggi della nostra blanda reazione di fronte al massacro in corso nella striscia di Gaza da parte del Governo di Israele, di un popolo che ha attraversato l’inferno eppure ora lo provoca. Soffre di depressione, è sconvolto dalla guerra, deluso e stanco di trovarsi di fronte ad ostacoli e insuccessi: Langer si toglie la vita impiccandosi ad un albicocco a Pian dei Giullari il 3 luglio 1995.
Ricordo molto bene quel giorno. Anche se ero allora meno interessata all’ambientalismo ed empatica, questo evento mi fece soffrire molto. Provai una profonda compassione per questo uomo ancora giovane con un cuore troppo sensibile. Quante volte vediamo individui col pelo sullo stomaco presi dai loro interessi, dal loro opportunismo, nel mondo politico ma non solo. Quante volte assistiamo a correnti all’interno dei partiti, correnti che nascono solo per la mania di personalismo di qualcuno. Abbiamo visto cadere governi per giochi di potere. Insomma quando al mondo nascono persone che cercano di restare coerenti ai propri ideali e dotate di una empatia forse oltre la norma, è difficile vivere serenamente. Ha provato il male di vivere, l’angoscia della caducità e insignificanza delle cose e delle passioni umane. E non è riuscito o non ha voluto sopportarlo.
Eppure Alexander Langer è diventato un eroe nei nostri cuori, per tanti di noi è un esempio che ricorda i grandi del passato, in questo nostro mediocre e vigliacco mondo moderno.
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