Comuni della cintura di Firenze, a cura di M. Bencivenni e M. de Vico Fallani.  Firenze, Leo S. Olschki ed., 2022

Recensione pubblicata su IUA n° 1, anno X, Gennaio 2023

Abbiamo avuto modo di recensire negli anni scorsi, sulle pagine di questa rivista, i precedenti cinque volumi della monumentale opera di Angiolo Pucci, di cui il sesto costituisce la conclusione. È quindi quasi superfluo, per noi, ricordare qui come “I giardini di Firenze”, frutto del lavoro appassionato del Pucci durante l’ultimo periodo della sua vita, rimanesse inedito per molti decenni, e come gli attuali curatori l’abbiano, quasi fortuitamente, riesumato e predisposto per la pubblicazione, realizzata, con la consueta cura, dalla Casa editrice Olschki. Il sesto volume, il cui contenuto il Pucci lasciò in forma di bozza, prende in considerazione le ville e i relativi giardini siti nei comuni della cintura di Firenze, in un vasto raggio dall’antico centro cittadino. Il lettore può rendersi conto, così, dell’elevato numero di insediamenti di questo tipo, risalenti per lo più a diversi secoli addietro, e di come la bellezza e l’armonia della campagna fiorentina fosse una concreta realtà storica, cui la nota celebrazione dei poeti quali il Foscolo poco poteva aggiungere, se non la fama. Purtroppo, come si può facilmente constatare a distanza di circa un secolo dalle annotazioni del Pucci, la situazione complessiva risulta alquanto deteriorata: è sufficiente che il lettore scelga, tra le centinaia di esempi citati nel volume, quelli che conosce di persona, per verificare come, in molti casi, parchi e giardini ben curati, spesso di rilevanza storica, siano ridotti in deprecabili condizioni. Il caso che da qualche anno è assurto agli onori della cronaca, e di cui abbiamo ampiamente parlato sulla nostra rivista, è quello della villa, o castello, di Sammezzano e del relativo bellissimo parco, voluto dal marchese Panciatichi Ximenes nella prima metà del XIX secolo in uno stile architettonico originale, frammisto di arabo e moresco. Situato nel Valdarno superiore fiorentino, di cui costituisce un bell’ornamento, tra travagliate vicende della proprietà è stato semi-abbandonato, e a niente sono valsi, finora, gli sforzi dei comitati di cittadini costituiti per difenderlo. Il sesto volume dei “Giardini” vi dedica una decina di pagine, corredate, come tutto il testo, di splendide foto e di un vasto elenco delle specie di conifere, provenienti dalle varie parti del globo, qui introdotte intorno alla metà dell’800 dal proprietario. L’opera del Pucci, come il lettore sagace avrà intuito, al di là dell’esempio da noi introdotto, potrà aiutarci a “capire (…) quanto di questo patrimonio è stato dilapidato in settanta anni di affermazione nel nostro Paese della civiltà industriale. Una lezione importante anche questa che non ci deve portare solo al rimpianto e alla rinuncia all’agire, ma soprattutto (…) a rintracciare e riconoscere quei frammenti di “paradiso” ancora sopravvissuti per conservarli gelosamente e possibilmente dilatarli nello spazio e nel tempo.” L’affermazione, che è dei curatori del volume, è largamente condivisibile e, naturalmente, la facciamo nostra.

Share Button
Please follow and like us:

CC BY-NC-ND 4.0 I giardini di Firenze, Volume VI – di Angiolo Pucci by L'Italia, l'Uomo, l'Ambiente is licensed under a Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivatives 4.0 International License.