Articolo pubblicato su IUA n° 10, Anno II, Novembre 2015

Cacciare uccelli mediante le reti fisse, celate da alberi o altro, è una pratica che risale ai temi antichi, perpetuatasi nel tempo fino ai nostri giorni: un sistema utilizzato sia per uccidere i volatili a scopi alimentari che per imprigionarli al fine di divenire “richiami vivi” per i cacciatori. Se da un po’ di anni il primo scopo è stato esplicitamente vietato, la cattura di diverse specie (tordi, merli, colombacci ecc.) è stata tollerata nel nostro Paese, in barba alle direttive dell’Unione Europea, fino al 23 luglio scorso, quando il Parlamento, nonostante la fortissima opposizione delle lobbies venatorie trasversali a tutti i partiti, ha dovuto recepire la normativa europea. Tutto risolto, quindi?

Nessun uccello potrà mai più essere preso e recluso in misere gabbiette per tutta la vita, per servire a meglio attirare e uccidere i propri “fratelli”? Non pare proprio! Vi sono regioni in Italia nelle quali questa barbara usanza sembra dura a morire: Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna e Toscana, in particolare.

I roccoli (cioè le reti a impianto fisso) continuano a essere stese nei boschi, soprattutto vicini alle rotte dei migratori… ne abbiamo avuto la prova provata quando, pochi giorni or sono, degli amici di Anghiari (AR) mi hanno consultato in merito alla scoperta, durante una passeggiata, di tre individui che, nel bosco, stavano tendendo queste trappole. Alla specifica richiesta di cosa si trattasse, hanno risposto, con una faccia tosta degna di miglior causa, che quelle reti servivano a catturare “piccioni” (alias, a nostro avviso, colombacci) e che le avrebbero tolte dopo una ventina di giorni. In effetti, avevano posto dei cartelli che indicavano tale appostamento, dimenticandosi che, comunque, anche se l’uccellagione non fosse vietata da tre mesi, essa avrebbe dovuto essere consentita con un permesso rilasciato dalle autorità a ciò preposte. Ma, a questo punto, il prelievo di volatili mediante uccellagione è consentito solo a fini scientifici… Gli amici che hanno scoperto l’appostamento hanno fatto delle foto (anche alle auto dei loschi figuri) e inviato una specifica denuncia alla Polizia Provinciale di Arezzo e al Corpo Forestale. Hanno agito correttamente, speriamo che la loro segnalazione venga presa in considerazione da chi di dovere.

Invitiamo i nostri lettori che dovessero trovarsi in una situazione del genere a fare lo stesso, indicando con precisione data, ora e luogo e inviando una raccomandata alle autorità della propria Provincia in merito a quanto rilevato.

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Fonte delle immagine: Wikipedia, Pubblico Dominio

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