Articolo pubblicato su IUA n° 7, Anno II, Luglio-Agosto 2015

Rappresenta sicuramente uno dei più “pungenti” effetti della globalizzazione: così minuscola e feroce, la Aedes Albo ictus, in arte Zanzara Tigre, ha colonizzato quasi tutto il pianeta nel giro di pochi decenni, partendo dal natio Centro-America per diffondersi prima in Asia e in Africa, poi in Europa, approdando nella nostra penisola nel porto di Genova, negli anni ’90, con un carico di pneumatici usati da riciclare.

Lì dentro, complice l’umidità, le sue larve sono sopravvissute alla navigazione; si sono palesate poi per la prima volta in Emilia-Romagna, da dove i maledettissimi insetti hanno mosso alla conquista dell’Italia.

Non che da noi non ci fossero già italiche zanzare; la differenza fondamentale tra le nostrane e le “tigre”, come abbiamo imparato a nostre spese, è che le prime pungono solo di notte, le seconde anche di giorno (riposandosi da tarda ora fino a mattino inoltrato).

Sembrerebbe strano per delle ospiti provenienti da regioni molto più calde, ma queste zanzare si sono adattate benissimo a un clima temperato, e riescono a resistere anche negli inverni dell’Europa centro-settentrionale, divenendo attive durante la stagione estiva.

Per sopravvivere, ma soprattutto per riprodursi, la Aedes Albopictus ha bisogno di fare, come ogni buon emulo dei vampiri, un “pasto di sangue”: che quest’ultimo appartenga a un uccello o a un mammifero, poco importa. Le piccole pesti “sentono” le loro vittime, si avvicinano con prudenza facendo un’accurata ricognizione, poi colpiscono: talora vengono scacciate prima di essere “sazie”, e allora attaccano una seconda, una terza volta… Dopo, depongono le uova ovunque vi sia almeno un velo d’acqua, anche se queste possono resistere a periodi di siccità; le zanzare tigre sono madri molto prolifiche, le uova si schiudono in larve, e, in quel che per noi è un batter d’occhio, ecco levarsi in volo un nuovo piccolo esercito pronto a pungere.

Il fastidio che provocano lo conosciamo un po’ tutti (a parte i fortunati che abitano in zone di montagna), ma rappresenta il male minore; il fatto è che questi insetti possono trasmettere malattie gravi, sia agli animali che agli esseri umani.

In Africa sono portatrici della febbre del Nilo e della  febbre gialla; poi dell’encefalite di St. Louis, del dengue, dell’agente patogeno della dirofilariasi e della chikungunya. Di questa malattia si è avuto un assaggio qualche anno fa (2007) in provincia di Ravenna, ove furono colpite circa 200 persone.

Sono a rischio anche i nostri amici a quattro zampe: la dirofilariasi può compromettere gravemente il loro sistema cardiovascolare.

Contro le zanzare adulte le nostre difese sono, ahimè, assai scarse; le cosiddette lampade “azzurre” su di esse non agiscono, gli zampironi neppure, servono insetticidi ad hoc che però non fanno tanto bene alla salute…

Bisogna colpire i piccoli vampiri quando sono ancora allo stadio larvale, togliendo o “trattando” quello che è il loro elemento elettivo, cioè l’acqua in ristagno.

Via quindi i sottovasi, gli annaffiatoi lasciati mezzi pieni in giardino, secchi e ciotole con acqua stagnante; da controllare anche i “gomiti” dei pluviali e delle grondaie; nelle vasche vanno introdotti i pesci rossi, che le larve se le mangiano di gusto. Fondamentale non lasciare scoperti pozzi o altri depositi d’acqua. Ma non basta… È necessario sapersi organizzare e, ove non arriva il singolo, deve giungere l’azione collettiva.

Pian piano, qua e là, dove la pazienza della gente ha raggiunto il limite, il passaparola ha creato dei veri e propri “movimenti anti-zanzare”. Comitati spontanei di persone d’ogni opinione politica, calcistica e religiosa, che si raccolgono intorno a un’unica bandiera: quella che rappresenta una zanzara sbarrata e cerchiata di rosso!

Scopo ultimo di questi gruppi spontanei, quello di debellare completamente il fenomeno. Ci vogliono organizzazione, pazienza e le “armi” adatte, ovvero i larvicidi che la scienza ci mette a disposizione per impedire che le larve delle zanzare divengano adulti. Devono essere “trattati”, con l’inserimento del prodotto, tutti i tombini pubblici e, possibilmente, quelli privati della zona (quartiere cittadino, frazione o paese che sia), e non una sola volta, ma almeno ogni quindi giorni da Aprile a Settembre, ripetendo l’azione anche in caso di pioggia abbondante.

E’ ovvio che serve il consenso del Comune o del Consiglio di quartiere, e magari un piccolo aiuto da parte delle autorità in merito alla sensibilizzazione della cittadinanza con volantini, informazione sui siti internet ecc. ecc., ma l’azione, per essere efficace, deve partire dalla base, come accade per ogni rivoluzione! È ovvio anche che i larvicidi hanno un certo costo che, almeno inizialmente, deve essere sostenuto dai volontari organizzati: ma si tratta al massimo di qualche decina di euro, che possono essere recuperati con una colletta tra la cittadinanza che beneficerà dell’operazione anti-zanzare.

Chi è stato protagonista di una vicenda del genere, mi assicura che durante il primo anno di trattamento si ottengono consistenti risultati, e, se si ha la pazienza di insistere per altri due o tre anni, si può risolvere definitivamente il problema.

Così, nella frazione del Comune dove risiedo, per portare un esempio concreto, il sottoscritto e altri amici hanno stretto un “patto di sangue” (è proprio il caso di dirlo) e hanno cominciato una lotta senza quartiere contro i minuscoli ma terribili nemici alati, con la speranza di cacciare per sempre gli invasori venuti dalle Americhe da queste terre…

Un po’ troppo melodrammatico per qualche zanzara, dite?

Beh, ne riparliamo tra qualche settimana, dopo che vi sarete stancati di dar la caccia (il più delle volte vanamente) ai piccoli succhiasangue che vi volteggiano intorno…

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