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Orsi bianchi, orsi bruni e orsi fugatti

Leggo senza molto stupore che gli orsi polari, o orsi bianchi, sono in pericolo a causa della progressiva sparizione del loro ambiente a causa del discioglimento dei ghiacci polari, con la conseguente sparizione delle prede abituali (foche ecc.). Sembra che abbiano tentato di diversificare la dieta cacciando volatili, ma a quanto pare con scarsi risultati. Le conseguenze comportano una perdita ponderale grave e quindi, a farla breve, la scarsità delle difese corporee contro il freddo. In effetti, I cambiamenti climatici nelle zone estreme del globo sono più accentuati che altrove.  Forse il pianeta si appresta a reagire in qualche modo al global warming, ed è una ipotesi che viene presa in considerazione, come vedrete leggendo l’articolo del nostro Alessio Genovese in questo numero, ma la situazione si fa ogni anno più allarmante. Se l’orso bianco se la passa male, gli orsi bruni europei se la cavano un po’ meglio, anche se sono pressoché scomparsi da decenni nella parte occidentale del nostro sub continente, ad eccezione del nostro paese. In cui, invero, erano rimasti in pochi, ubicati in Abruzzo, e, in pochissimi, sulle Alpi trentine, in particolare nella zona tra la Val di Non, la Val di Sole e le Dolomiti di Madonna di Campiglio. Tutto ciò fino a circa l’inizio del millennio, allorché si effettuò un consistente ripopolamento con individui prelevati nei territori balcanici. L’ipotesi era quella che a partire dal Trentino occidentale la specie si sarebbe pian piano diffusa nelle zone alpine limitrofe, cosa che invece non è avvenuta. Non perché gli orsi siano pigri, ma in quanto gli svizzeri li vedono come pericolosi predatori e son pronti ad abbatterli se varcano il confine – del resto, quella civile nazione è amante della natura, ma solo quella che non arreca alcun disturbo – la Lombardia idem con patatine. Così, la densità ursina è aumentata. Ora, bisogna chiarire: l’orso è un plantigrado pacifico e in prevalenza vegetariano, e certo non attacca l’uomo a meno che non si senta minacciato, e ciò è valido in particolare per le femmine con prole. Così, qualche incidente, inevitabile, è capitato, e in uno di questi un giovane ci ha rimesso la vita. Ed ecco esplodere il fenomeno degli orsi fugatti, ovvero di quegli orsi – la totalità – che in Trentino hanno trovato il loro più acerrimo nemico nella figura del presidente della Provincia di Trento, Fugatti (da cui l’aggettivo che ho appioppato ai disgraziati plantigradi). Il quale è appunto divenuto famoso per la vera e propria guerra da lui mossa (chissà, forse ha ascendenti svizzeri) contro orsi, lupi e loro sostenitori. Una manna, per un politico. L’ultima notizia è attualissima: oltre all’eliminazione degli orsi problematico in quanto confidenti nei confronti dell’uomo (che non vuol dire aggressivi), si sta decidendo di consentire l’abbattimento di otto orsi all’anno, in barba a qualsiasi legge nazionale di protezione per questa specie. Se poi diversi altri vengono uccisi da bracconieri, come accaduto, ce ne dovremo fare una ragione. Finché non saranno di nuovo sull’orlo dell’estinzione.  E il contribuente in qualche maniera sborserà per importare nuovi orsi balcanici.

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Le stagioni, come sappiamo, corrono e si avvicendano, prestando i loro cambiamenti all’ispirazione poetica da tempo immemore.
Eppure, nel tempo che adesso viviamo, questo scorrere è soggetto all’ira funesta (tra virgolette ma non troppo) di guerre e tormenti, e anche l’animo sensibile e ricettivo di chi scrive assorbe come una spugna i tratti dolenti del quadro che abbiamo di fronte, e prontamente tenta di riprodurlo in parole, versi o prosa, per metterlo nero su bianco, come si usa dire, ma anche, forse, per riuscire, sia pure parzialmente, a esorcizzarlo.
La ruota del tempo nel suo viaggiare perenne sta soggiornando al momento in questo quadrante, in cui molte speranze sembrano schiacciate dal peso di eventi problematici e che non esiterei a definire oscuri.
Eppure, proprio come la primavera regala segnali di vita sotto terreni ancora poco o affatto rigogliosi, così la penna di chi scrive cerca, grattando sotto la superficie, con forza e levità insieme, un campo fertile, un segno di ripresa e di bellezza.
L’impresa è ardua, difficile anche solo da immaginare, a volte, ma tra le righe anche più spesse si possono trovare nuovi germogli, un sentiero d’acqua, un riflesso azzurro del cielo che è sopra e dentro di noi.
Le poesie e il racconto scelti per questo numero offrono un quadro realistico di ciò che accade vicino e in mezzo a tutti noi, ma, tra le righe, appunto, è doveroso e giusto cercare un colore di speranza, un barbaglio di luce nuova, che possa regalarci un respiro in più, come quando siamo di fronte all’eterna bellezza di un’opera d’arte che ci viene offerta in dono e ci consola, ci abbraccia, rendendo la vita un attimo di inspiegabile immensità.
Come sempre, buone letture.
Iole Troccoli

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