Articolo pubblicato su IUA n° 1, Anno III, Gennaio 2016

(Articolo apparso su Natura & Società, n° 4, dicembre 2015, per gentile concessione della Federazione Nazionale Pro Natura)

Mentre il tribunale Permanente dei Popoli condannava a Torino gli Stati e le Regioni per le procedure adottate nella realizzazione delle grandi opere, ad Asti si è tenuto un altro “processo”, che ha visto sul banco degli imputati (ovviamente solo in senso metaforico) il cinghiale.

Nella città del Palio, infatti, si è tenuto il convegno “Emergenza cinghiali: modalità di intervento – Il fallimento degli abbattimenti e le strategie alternative”, organizzato dalla LAC Piemonte con il supporto di Pro Natura e della Commissione Tutela Ambiente Montano del CAI.
Il Convegno ha visto la partecipazione di un folto pubblico ed ha consentito di fare un po’ di chiarezza su un problema che è senza alcun dubbio reale, ma spesso ingigantito e distorto in molti dei suoi aspetti più critici.
Il cinghiale è una specie molto adattabile, che è riuscita a trarre vantaggio dalle modificazioni che l’uomo ha arrecato all’ambiente. Il loro numero è andato progressivamente aumentando, così come la superficie di territorio da essi occupato. A titolo di esempio, ricordiamo come a metà del secolo scorso il cinghiale era assente in Piemonte, dove ha fatto le sue prime timide comparse meno di cinquant’anni orsono.

Cinghiale in una pozza fangosa - Richard Bartz, Munich Makro Freak Opera propria Wikipedia CC BY 2,5
Cinghiale in una pozza fangosa – Richard Bartz, Munich Makro Freak Opera propria Wikipedia CC BY 2,5

Il ritorno del cinghiale non è tuttavia stato solo un evento naturale: al contrario, le introduzioni a fini venatori, legali o meno, hanno ingigantito il problema.
 Oggi la presenza del cinghiale crea indubbi problemi: soprattutto al settore agricolo, ma non solo. A volte anche la stessa integrità ambientale viene messa a rischio, a seguito della alterazione degli equilibri faunistici. Infine, non è nemmeno da trascurare l’incidenza degli incidenti stradali che spesso sono causati proprio da questi ungulati. Tuttavia, come ha sottolineato Roberto Piana della LAC nel suo intervento introduttivo, la maggior parte degli incidenti si verifica nella stagione autunnale, in concomitanza con l’apertura della stagione venatoria, la quale disgrega i branchi e aumenta in modo sostanziale lo spostamento degli animali. La stessa pericolosità del cinghiale è spesso sopravvalutata: è vero che si registrano alcuni casi di aggressione ad esseri umani (anche se sempre indotti da comportamenti umani incauti e motivati dalla necessità di difendere sé stessi o i piccoli), tuttavia è altrettanto vero che gli incidenti causati da bovini sono molto più numerosi. Eppure nessuno si sogna di colpevolizzare le mucche… Piana ha concluso ricordando come la vera causa scatenante l’esplosione del cinghiale sia stata la volontà dei cacciatori di introdurre qualche preda in grado di rimpolpare i loro carnieri. Appare pertanto del tutto illogico affidare proprio a loro il compito di risolvere un problema dal quale sono gli unici a trarre cospicui vantaggi. Che gli abbattimenti non siano in grado di risolvere il problema del sovrappopolamento di cinghiali lo conferma anche il fatto che, nonostante essi aumentino in misura esponenziale anno dopo anno, i danni alle attività agricole non accennano a diminuire, anzi… Le risposte degli Enti Pubblici preposte alla gestione del territorio e delle sue risorse sono state limitate e spesso dettate più dalla necessità di “dare un segnale” che non dall’effettiva volontà di risolvere il problema, o quanto meno riportarlo entro limiti accettabili. Denominatore comune di tali interventi è stata la scelta di ricorrere quasi solo ad abbattimenti. Tuttavia, come detto, l’esperienza ci insegna che tali interventi sono risultati quasi sempre inutili, se non addirittura controproducenti. I danni arrecati dai cinghiali non sono diminuiti, ma anzi spesso tendono a crescere proprio laddove si fa maggiore ricorso agli abbattimenti.

Cinghiali nei pressi di una zona urbana - Filip Dabrowski CC BY-SA 3.0
Cinghiali nei pressi di una zona urbana – Filip Dabrowski CC BY-SA 3.0

Chiamato indirettamente in causa, l’Assessore Regionale alla Caccia Giorgio Ferrero ha cercato di giustificare l’operato dell’Ente Pubblico, che si dibatte tra enormi difficoltà economiche e non dispone delle risorse necessarie per rendere più incisiva la propria azione. La priorità della Regione, tuttavia, rimane la tutela delle produzioni agricole.

Carlo Consiglio (già docente di Zoologia all’Università di Roma) ha ricordato come i cinghiali che hanno colonizzato il nord Italia non appartengano alla sottospecie maremmana (autoctona del nostro Paese), ma derivino da incroci con la sottospecie centro- europea, più grossa e prolifica; molto probabili anche i casi di incroci con il maiale domestico, che accrescono ulteriormente la fertilità degli animali. L’attività venatoria, inoltre, disgregando i gruppi, annullando la sincronizzazione dell’estro delle femmine e anticipando la maturità sessuale di queste ultime, altro non fa che favorire ulteriormente la riproduzione degli animali.

L’aspetto economico della caccia al cinghiale è stato affrontato da Piero Belletti (Pro Natura), che ha presentato i risultati di uno studio sui costi e i ricavi della caccia in Provincia di Alessandria (per ulteriori dettagli si veda il numero di giugno 2015 di “Natura e Società”). Le conclusioni dell’analisi sono che i cacciatori pagano, per poter esercitare la pratica venatoria, meno del valore della carne che si portano a casa: di conseguenza, tutti i costi relativi alla caccia, tra cui in particolare gli indennizzi per i danni all’agricoltura e quelli per incidenti stradali, risultano a carico della collettività.

David Bianco, responsabile dell’Area Biodiversità dell’Ente di Gestione per i Parchi e la Biodiversità dell’Emilia Orientale, ha presentato una concreta esperienza di controllo del numero dei cinghiali, che prevede il ricorso ai cacciatori solo come ultima possibilità. Nel Parco dei Gessi Bolognesi è infatti prevista una massiccia attività di prevenzione dei danni, ad esempio mediante la posa di recinzioni metalliche ed elettrificate, e l’impiego di altri metodi ecologici (quali l’allontanamento incruento). Solo in caso di comprovata inefficacia di tali tecniche
l’Ente procede all’abbattimento degli animali, cercando di sostituirsi alla selezione naturale. Gli interventi si rivolgono quindi soprattutto agli animali entro l’anno di età, allo scopo di ottenere popolazioni più stabili e mature, ed utilizzano principalmente gabbie di cattura. Le catture e gli abbattimenti avvengono presso le aziende agricole o nelle loro immediate vicinanze, privilegiando le aree fortemente danneggiate. Una parte degli esemplari abbattuti resta nella disponibilità dell’Ente, che li cede a ditte specializzate ricavandone risorse economiche vincolate all’attuazione del Piano stesso, in particolare all’acquisto dei materiali di prevenzione. Sull’efficacia delle reti, elettrificate o meno, per ridurre i danni dei cinghiali sulle colture agricole si è soffermato Andrea Marsan, del Dipartimento di Scienze della Terra, dell’Ambiente e della Vita dell’Università di Genova. Lo studioso ha presentato numerosi casi risolti positivamente ed ha concluso sottolineando l’efficacia della misura di prevenzione e osservando come, nei casi di insuccesso, la responsabilità sia quasi sempre dovuta ad errori di installazione.

Scrofa con cuccioli - Dave Pape Opera propria Wikipedia Pubblico dominio
Scrofa con cuccioli – Dave Pape Opera propria Wikipedia Pubblico dominio

Giovanni Scaglione, imprenditore agricolo, ha ricordato che i cacciatori causano molti più danni della fauna selvatica, anche grazie alla possibilità loro concessa dalla legge di entrare nei fondi altrui senza il consenso del proprietario. Non solo, la caccia scoraggia il turismo, che invece dovrebbe rappresentare una risorsa di grande importanza per garantire la sopravvivenza delle aziende agricole.

Le conclusioni del convegno, quindi, si possono riassumere nella complessità della situazione, cui probabilmente non è possibile fornire un’unica risposta. Certamente, appare quanto meno illusorio sperare che chi ha creato il problema, e ne trae tuttora consistenti vantaggi, operi seriamente per la sua soluzione.

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CC BY-NC-ND 4.0 Emergenza cinghiali: servono gli abbattimenti? by L'Italia, l'Uomo, l'Ambiente is licensed under a Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivatives 4.0 International License.