Articolo pubblicato su IUA n° 4, Anno V, Aprile 2018

Qualche settimana fa, un Governo ormai dimissionario si è preso la briga di licenziare un provvedimento legislativo assai importante, in quanto riguarda tutti i boschi italiani, pubblici e privati, situati in aree protette (Parchi ecc.) o meno.

Si tratta del Testo Unico Forestale, su cui si è scatenata subito un’accesa polemica, all’interno stesso sia del mondo scientifico che di quello ambientalista.

Il Testo è molto tecnico, quindi decifrabile interamente solo da chi possiede le dovute competenze; non perciò ci asteniamo dal dire che, a nostro parere, è piuttosto pasticciato, e comunque emendabile in vari punti. Quel che più ci ha colpito, comunque, è la persistenza di una visione economicistica che sottende buona parte del Testo, a scapito di una moderna concezione naturalistica, tanto più opportuna in quanto i boschi costituiscono anche una difesa nei confronti dei cambiamenti climatici.

La Federazione Nazionale Pro Natura, nostra associazione di riferimento, ha emesso sull’argomento un documento, pacato e ponderato come di consueto, che esprime anche la nostra perplessità.

Lo pubblichiamo qui di seguito integralmente, richiamando l’attenzione dei nostri lettori su questo tema che, in tempi di elezioni e di post-elezioni, è rimasto indubitabilmente un po’ “nascosto” all’opinione dei cittadini.

Il testo può essere anche scaricato nel formato PDF direttamente da questa pagina. Il link si trova al termine dell’articolo.

Gianni Marucelli

 

Alberto Pestelli: Cascatelle nel bosco di Dovenonsisa – Olio su tela 50×70

 

 

DECRETO FORESTE: OCCORRE UNA VISIONE OLISTICA E NON LIMITATA ALL’ASPETTO PRODUTTIVO

Il decreto legislativo sulle foreste, approvato dal Consiglio dei Ministri benché in scadenza, ha suscitato numerose polemiche e ha contrapposto in modo anche molto accentuato persone e Associazioni che pure appartengono allo stesso settore, da quello accademico a quello ambientalista.

Sul Decreto è stato detto tutto ed il contrario di tutto, con affermazioni a volte poco aderenti alla realtà o che, all’opposto, sembrano soprattutto una difesa corporativistica delle proprie attività. L’idea di predisporre uno strumento normativo in grado di definire in modo univoco gli elementi di base della materia è condivisibile: ad esempio, al momento esistono numerosissime definizioni di bosco, spesso in contrasto tra di loro, ed è necessario fare in modo che un bosco sia riconosciuto tale sia a Bolzano che a Palermo. Anche l’armonizzazione delle modalità di gestione delle foreste potrebbe rappresentare un buon risultato. Oggi sono note tecniche di utilizzazione delle risorse forestali meno impattanti rispetto al passato e la loro applicazione potrebbe portare indubbi vantaggi. Non dimentichiamo, inoltre, che i boschi italiani hanno subito quasi tutti modificazioni più o meno profonde da parte dell’uomo e non è detto che in queste condizioni l’evoluzione naturale porti sempre e necessariamente ad ambienti più pregevoli e ricchi dal punto di vista naturalistico e funzionale. Inoltre, è documentato come l’attuale espansione delle aree boschive in ambienti aperti collinari e montani, ormai abbandonati dalle pratiche agricole e di allevamento brado, possa comportare una forte perdita di biodiversità vegetale ma anche animale, e perfino microbica.

Tuttavia, i boschi non devono essere visti unicamente dal punto di vista dei diretti benefici economici che se ne possono trarre. Certo, la funzione produttiva delle foreste (intesa non solo come generazione di legna o biomasse, ma anche di altri beni, quali frutti, funghi, ecc.) non va trascurata, ma non può e non deve essere l’unica ad essere presa in considerazione. Le foreste sono ecosistemi molto complessi, costituiti da una miriade di organismi che interagiscono tra di loro. Svolgono un ruolo fondamentale nella protezione idrogeologica del territorio e creano ambienti e paesaggi con una forte connotazione naturalistica e quindi di grande valore ecologico, conservazionistico (una foresta matura ospita migliaia di specie diverse) e anche spirituale, nonché di attrazione nei confronti del turismo. Le foreste, inoltre, regolano le temperature ed i cicli di numerosi elementi, acqua in primo luogo, e contribuiscono a ridurre gli effetti di numerose forme di inquinamento, da quello atmosferico a quello acustico. Infine, sono i più efficienti accumulatori di biossido di carbonio conosciuti e quindi indispensabili per ridurre l’entità dei cambiamenti climatici di cui siamo attoniti testimoni.

I boschi vanno quindi protetti e la loro utilizzazione deve essere considerata in un ruolo subalterno, concessa solo laddove e con modalità tali da non pregiudicarne lo stato di conservazione.
E su questo aspetto il decreto fornisce risposte insoddisfacenti. Non è sufficientemente rimarcato, ad esempio, il concetto di zonazione e modulazione degli interventi in base alle caratteristiche e alle potenzialità dei vari ambienti: un bosco che svolge una funzione protettiva o paesaggistica dovrebbe essere gestito in modo ben diverso da un bosco di neo-formazione insediatosi su terreni incolti o abbandonati. Anche il concetto di “bosco abbandonato” è definito in modo eccessivamente estensivo. Solo raramente un bosco non gestito è causa di problemi, ma può anzi evolvere verso forme ecologicamente più complesse e ricche di biodiversità; un ceduo ha bisogno di molti anni di crescita per potersi consolidare ed evolvere verso stadi più maturi, creando suoli meno poveri. Considerare quindi “sempre” abbandonati boschi nei quali non si siano effettuati interventi selvicolturali negli ultimi anni (variabili a seconda della forma di governo: ceduo oppure fustaia) è una generalizzazione erronea. Per non parlare della possibilità, che deve essere in ogni caso riconosciuta alla proprietà, di gestire un bosco in senso naturalistico, sottraendolo al taglio periodico.

Non convince poi il fatto che vengono previste, anzi agevolate, tutta una serie di infrastrutture finalizzate a consentire, per l’appunto, la gestione delle foreste. L’esperienza insegna che di solito tutto ciò si limita a prevedere l’apertura di strade e piste, anche laddove questo crea enormi problemi per la stabilità dei versanti montani e crea orrende ferite nonché facili vie di penetrazione per innescare ulteriori fenomeni degradativi (si pensi ad esempio a cacciatori, fuoristradisti, piromani, ecc.). Spesso, queste strade, realizzate in economia e quindi prive di interventi per mitigarne l’impatto, presentano un bilancio economico del tutto negativo: il loro costo di realizzazione e manutenzione risulta cioè molto più alto dei ricavi che potranno consentire di ottenere. Appare quindi paradossale e fuori luogo la norma che prevede l’utilizzo dei fondi previsti per compensare l’utilizzazione forestale proprio per realizzare opere di questo genere.

In conclusione la Federazione ritiene necessaria una riconsiderazione di vari aspetti del testo forestale ora approvato, ed auspica che nel nuovo quadro politico che si è aperto si possa rapidamente giungere a un tavolo di confronto fra le diverse posizioni e opinioni degli esperti e dei diversi portatori di interessi.

Il Consiglio Direttivo

Torino, 26 marzo 2018

 

 

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