“Se ho fame è solo di terra e di pietra. Mi nutro d’aria, di roccia e di fango.” (A.Rimbaud)
Il primo approccio avuto con te è stato nel tuo giardino di pietra. Hai aperto la porta e mi hai spalancato il tuo sorriso autentico. Il tuo sguardo limpido e diretto ha la stessa intensità espressiva trasferita in tutte le tue opere. Tutto ciò che esce dalle tue mani contiene un timbro sonoro e ancestrale, anche a me come in tutto il basalto e la trachite e il bronzo e il legno e la terracotta e il granito nelle tue mani, hai dato libertà all’anima. Questo è stato l’impatto emozionale davanti alla tua identità poliedrica nel tuo laboratorio all’aperto. Aprivi la tua casa e le tue creature di pietra ci esplodevano dentro, facendoci rivivere un mondo primordiale, dal quale solo tu, da minuscoli suoni ricavavi sinfonie, messaggi, parole, arpeggi. Ed è subito musica… Fuoriesce dalla profondità della pietra, dalla tua forza interiore, dalla precisione scultorea, dall’uso preciso di scalpello e mazza, dal tuo movimento di braccia, da quella sottile nuvola che accompagna lo stesso frammento di pietra. E quando sei riuscito a comporre la sinfonia, ascolti… tendi l’orecchio a quel suono antico, lo armonizzi e si fa silenzio attorno. È un silenzio puro di chi sa osservare e ascoltare gli elementi naturali e l’intera natura. È il silenzio che occorre, per trasferire quei segnali interiori che dall’uomo oltrepassano l’apparenza, la scorza esterna, la durezza, per entrare a far parte del cuore dell’elemento. Ti vedo, caro Pinuccio, su, per i nostri monti e colline, a scegliere massi e grandi pietre come quelle emergenti nel tuo giardino di olivastri dove, a volte, cammini a piedi nudi. Non si rovinano i tuoi capolavori esposti eternamente al sole, al vento, alla salsedine di mare, alla pioggia. Anzi, tutto ciò che dà la natura, s’incontra con altra natura, abbellendola e lavandola, come fosse un contatto fisico che conta, come una carezza, come pelle a pelle che dà risalto alla verticalità e orizzontalità di quei diedri che inducono a meditare, a quei basalti, come colonne guardiane che richiamano la nostra antica storia. Dalle pietre è nata la nostra antica civiltà nuragica.
Da pietra su pietra vennero su i nuraghi a più piani e pozzi sacri e tombe dei giganti. E ora da queste sculture litiche grigliate, prendono vita vibrazioni, complici le brezze e il vento. Ma la vibrazione più vera è quella che sa espletare Pinuccio, con il viso da contadino, con il tocco delle sue mani come carezze, con i suoi piedi nudi a contatto con la terra che ama, a captare sin dalle sue profondità, molteplici vibrazioni risalenti dal suo corpo sino alla sommità di quelle forme di materia viva che rispondono con suoni individuali che solo lui conosce. Voci e suoni i più diversificati come sussurri o in modulazione profonda. Ed è ancora pietra che parla e si racconta. È inesauribile Pinuccio Sciola non solo come artista, ma anche come organizzatore di eventi, sempre in sintonia con la sua profonda sensibilità verso l’ambiente.
Gli vogliono tutti bene e attorno alla sua casa si incontrano musicisti, attori, letterati, organizza anche per loro e per un numeroso e variegato pubblico, mostre, concerti, promuovendo arte, cultura e rapporti sociali. Colpisce quella sua sensibilità che lo porta sempre più, a un profondo rispetto della materia lavorata: conta l’integrità della forma originaria, il profilo, il peso, la superficie, la salvaguardia del colore e persino la presenza dei licheni. È come se ogni masso conservasse il suo DNA originario, salvandone quindi la genetica. Ogni pietra che fa parte della terra alla terra viene restituita. La materia apparentemente inerte e dai più negata o ignorata, ora scarnificata, solcata, imbrigliata, prende vita, se ne sente l’anima attraverso la sua musicalità e attraverso le luci e le ombre delle sue scanalature. Un paesaggio sonoro su cui emerge l’uomo, il suo assiduo lavoro con gli elementi naturali, come l’aria che rafforza il suono e quel suono ancestrale che fuoriesce sta al di sopra delle note di uno spartito.
Pinuccio Sciola nasce il 15 marzo 1942 a San Sperate (Santu Sparau in sardo, NdR). È attratto sin da giovane dal disegno e dalla scultura che coltiva durante le pause dal lavoro nei campi. Nel 1959, a Cagliari, la Rinascente promuove una mostra di arti figurative di allievi di varie scuole della città in cui lui presenterà come suo esordio tre sculture in pietra che meriteranno un premio speciale da parte della giuria. Il liceo artistico di Cagliari gli conferirà una borsa di studio consentendogli di seguire corsi regolari. Dopo il diploma di maturità artistica partecipa a diverse mostre e frequenta il magistero d’arte di Porta Romana di Firenze e l’Accademia Internazionale di Salisburgo. Compie numerosi viaggi di studio per l’Europa ed entra in contatto con Manzù, Aligi Sassu e Henry Moore. Cresce come uomo e come artista, un percorso che culminerà nel 1967 con la frequentazione dell’Università della Moncloa a Madrid.
Nel suo paese natale, San Sperate, di forte tradizione agricola, promuove i murales: lo trasformerà in un autentico Paese Museo. Sono gli anni del muralismo in cui ritroverà la piena partecipazione entusiastica della popolazione coinvolta nelle prime forme di Arte Ambientale e Pubblica in Italia. Nel 1973 si reca a Città del Messico, su invito dell’Unesco, per collaborare con David Alfaro Siqueiros, fondatore del muralismo messicano. Nascerà un gemellaggio artistico tra San Sperate e Tepito, un quartiere popolare della città messicana. Darà l’input giusto per il recupero, la salvaguardia e la valorizzazione delle tradizioni rurali e popolari e non solo come attività muralistiche. Nel 1976 è alla Biennale di Venezia, nella sezione italiana, con tema: “L’ambiente come sociale.” Nel 1984 costituirà a San Sperate un Centro Internazionale per la lavorazione della pietra, cercando di trasmettere l’arte ai giovani. Nello stesso anno ci sarà la mostra “Pietre e città” nella Rotonda della Besana a Milano con le opere di giovani artisti. Sempre a Milano in Piazza degli Affari esporrà negli anni 80 il suo presepe di pietra.
Nel 1986 le sue sculture sonore sono sparse in più paesi del mondo. Espone alla Quadriennale nazionale d’Arte di Roma e nel 1987 avvierà la mostra itinerante nella Repubblica Federale Tedesca a Leverkusen, Duisburg, Heidelberg, Monaco di Baviera, Kongen, Saarbruken e Amburgo. Dall’Anno della scultura sarda in Germania, seguiranno scambi culturali internazionali e oltre. Dal 1990 al 1996 insegna presso l’Accademia di Sassari e viaggia in Perù e Cile. Nel 1994 diciotto sue opere scultoree viaggeranno in Belgio per la rassegna d’arte Oidonk 94. Nel ’95 partecipa alla III Biennale di Arte Natura di Niederlausitz vicino a Berlino con una performance: La semina della pietra. Nel ’96 esporrà la personale Coeur de pierre nel parco del Trianon Palace di Versailles e poi nel parco del Kunst Project di Barendorf a Vienna. È a questo punto che oltre agli occhi e al tatto la sua materia acquista un altro senso: l’udito! E nasceranno le Pietre Sonore suonate per la prima volta nel 1996 dal percussionista Pierre Favre al Festival time in Jazz di Berchidda in Sardegna. Le sue pietre sonore avranno per sempre un rapporto speciale tra arte e natura, tra forma e contenuto, tra idea e materia: sono semplicemente Pinuccio lo Scultore. Verranno utilizzate anche a un concerto di musica elettronica, al Teatro della Scala di Milano, dal compositore sassarese Antonio Doro. Oltre al basalto, scoprirà il calcare di Orosei, ottenendone suoni suggestivi risalenti dalle profondità marine. Nel 2000 esporrà alcune sue opere all’Expó internazionale di Hannover e alla Fiera del Libro all’Havana a Cuba. Nel 2001 un percorso sonoro tra pietre in basalto venne inaugurato nel parco di Villa Olmo a Como, nel 2002 Renzo Piano, famoso architetto, farà collocare un grande basalto sonoro, esempio di musica eterna, nel giardino prospiciente il nuovo Auditorium della Musica a Roma. Nello stesso anno Budapest dedica all’artista una grande mostra antologica intitolata Zenelo Kovek (Pietre Sonore). Nel 2003 è a Venezia con l’esposizione Solo pietre, nello spazio Thetis dell’Arsenale, alcuni mesi dopo esporrà sculture monumentali sulla piazza della Basilica Inferiore di Assisi: Il Cantico delle Pietre, scrivendo appositamente un salmo, rifacendosi al cantico delle creature, aggiungendo la pietra, dimenticata da San Francesco, come essere vivente.
Inaugurerà altre mostre in Lussemburgo, a Bologna a villa delle Rose realizzerà il suo impianto sonoro scolpito, nel 2008 ancora ad Assisi per la sua esposizione all’aperto i “Semi della pace”. Nel 2010 è nominato Presidente della commissione regionale per il Paesaggio e la qualità architettonica e donerà una pietra sonora in calcare alla Triennale di Milano in occasione del centesimo compleanno di Gillo Dorfles, critico d’arte. Inoltre in quell’anno il suo Paese Museo si tingerà di colore: il suo asfalto grigio si tingerà di rosso, giallo, verde, blu per il progetto Colore identità dando più luce a tutto l’ambiente esterno e facendo scorrere “Fiumi di colore” tra i rioni storici di San Giovanni e Santa Lucia. Nel 2011 approderà all’architettura nel comporre una città ideale tra scultura e musica, nell’Istituto Italiano di Cultura di Calle Mayor a Madrid, la cui esposizione intitolerà “La città sonora.” Nel 2012 in occasione della visita a Cagliari del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, sono inaugurati tre monoliti in granito calcare e basalto, simboli della Sardegna e del tricolore, collocati di fronte alla Stazione Marittima e il 12 giugno gli viene conferita l’onorificenza di Commendatore dell’Ordine al merito della Repubblica Italiana. Pochi mesi dopo omaggerà l’architetto Anton Gaudì con opere in ferro, “Le colonne infinite”, all’interno della Basilica di San Saturnino a Cagliari. Nel 2013 le sue opere arriveranno all’Italian Center a Shangai, in Cina, e poi a Firenze nella mostra: Semi di pace/ Suoni di Pietra/Città Sonore, nella Basilica di Santa Croce. L’anno dopo, sempre a Firenze, riceverà il prestigioso premio: Medaglia Beato Angelico, nell’anno del 450° anniversario della morte di Michelangelo. Fu scenografo della Turandot di Giacomo Puccini, all’interno della stagione operistica del Teatro Lirico di Cagliari, nella quale richiamò il suo mondo ancestrale di pietra, tra modernità e tradizione, per una Pechino moderna futurista e surreale. A Verona l’Associazione Nazionale Le Donne del Marmo gli conferisce il Premio Donna del marmo 2015. Negli ultimi mesi di vita tenne il suo ultimo evento pubblico alla rassegna Stone Tales nella Basilica di San Pietro in Vincoli a Roma. L’incontro dal titolo La Voce della Pietra- Il Mosè di Michelangelo e le Pietre Sonore di Sciola, proseguirà il dialogo con il Mosè, iniziato tre anni prima alla Basilica di Santa Croce a Firenze, di fonte alla tomba dell’Artista svelò la risposta alla famosa domanda “Perché non parli?” I due poli s’incontrano, da una parte il Mosè incapace di parlare con il proprio scultore, dall’altra le pietre di Pinuccio parlanti per sempre. Pinuccio Sciola muore il 13 maggio 2016. San Sperate si veste di bianco con lenzuola e drappi appesi a commemorare la purezza e la profondità del suo messaggio. 8000 persone gli resero omaggio.
Le sue rime:
La sua Filosofia di vita
Quando non ero e non era il tempo.
Quando il caos dominava l’universo.
Quando il magma incandescente celava il mistero della mia formazione.
Da allora il mio tempo è rinchiuso in una crosta durissima.
Ho vissuto ere geologiche interminabili.
Immani cataclismi hanno scosso la mia memoria litica.
Porto con emozione i primi segni della civiltà dell’uomo.
Il mio tempo non ha tempo.
(Pinuccio Sciola – da Fondazionesciola.it)
Questa è la profondità di Pinuccio Sciola, la coscienza di se stesso e della sua Terra: i betili, i menhir, i dolmen, le pietre fitte sono il suo Spirito Sardo. Spirito essenziale, portatore di valori profondi, perché questo intento lui ha recuperato, contro ogni tentativo di depauperamento. Un equilibrio nuovo tra il megalite sulla terra e il cielo libero, nei tempi del progresso tecnologico e numerico, sparso nei grandi spazi pubblici. Un linguaggio universale, rivolto alle grandi aree urbane, agli assembramenti sociali e agli scarti umani, agli emarginati, un universalismo abbracciante proteste e poesia, ma soprattutto la socialità. Infatti nei suoi continui confronti tra l’idea creatrice e il suo ambiente, riporta a memoria la desolazione di qualsiasi abbandono e degrado urbano, a salvaguardia del genuino desiderio artistico armonicamente calato nell’ambiente. Ed ecco la presenza della sua offerta estetica. Un nuovo stimolo, una diversità culturale. Dalle sue forme lapidee sparse nel mondo, la Sardegna acquista universalità senza confini. Appartiene al mondo. La nuova creatura nascente è la dimensione Pietra-Uomo a memoria eterna di forma artistica e creativa ricostruita nel presente sulla base della nostra tradizione arcaica di cui si salvano ancora le tracce primordiali con elementi aggiuntivi: le scintille sonore…
Immagine a fianco del testo: Le pietre sonore di Villa di Monte Claro (Cagliari) – Fotografia di Alberto Pestelli 2015 ©
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