Un invito a riproporre ed usare il metodo-base della scrittura, che ci perviene dalla Libera Università dell’Autobiografia di Anghiari
Dal 1999, contemporaneamente alla nascita della Libera Università dell’Autobiografia di Anghiari e all’interno di essa, abbiamo creato il Circolo di scrittura autobiografica a distanza con lo scopo di promuovere la scrittura autobiografica epistolare, a mano.
Da allora invitiamo i partecipanti a ricordare e scrivere, riflettendo sul proprio vissuto come una modalità di “prendersi cura di sé”, secondo la definizione di Duccio Demetrio nel sottotitolo del suo libro “Raccontarsi” (1) All’inizio di gennaio 2025 il nostro archivio custodisce oltre 5000 lettere, insieme alle copie delle nostre risposte.
Il piacere di comunicare attraverso lo scambio epistolare – non solo scrivendo ma anche ricevendo per posta lettere personali, manoscritte – da allora ci viene regolarmente confermato. Noi corrispondenti del Circolo stesso, qui ad Anghiari, durante i tanti anni di regolare esercizio di corrispondenza a mano, siamo diventati esperti: ci viene naturale prendere la penna in mano per formulare una risposta. Ma non solo: la lettura delle lettere manoscritte che ci arrivano, la decifrazione talvolta difficile, condivisa e discussa, è diventata un modo per conoscere meglio i mittenti, quasi fisicamente, quando ci offrono, attraverso le loro pagine scritte a mano, un immagine imprescindibile di se stessi. Anna Noferi, corrispondente del Circolo sin dal suo inizio, lo descrive così:
Così negli anni ho potuto anche rendermi conto di come cambiasse la calligrafia della stessa persona relativamente al tipo di esperienze di cui raccontava e di quanto i fatti narrati la coinvolgessero. In questo modo il rapporto epistolare diventava più empatico, anche grazie al foglio che si teneva in mano che a volte restituiva un profumo e, qualche volta è successo, l’impronta di una lacrima.

In dicembre 2022 abbiamo iniziato una ricerca sul tema della scrittura a mano, lanciando l’invito a scriverci del rapporto con la propria grafia. Concretamente abbiamo chiesto di risponderci alla domanda:
Come mi sento con la penna in mano?
Quale è il mio rapporto con la scrittura a mano? Mi piace la mia grafia? Perché sì, perché no? È cambiata nei tempi? Come?
Come ho imparato a scrivere e che cosa significava per me?
Quali sono le situazioni in cui ancora oggi scrivo a mano?
C’è un ricordo speciale legato alla mia scrittura a mano?
Durante l’inverno 2022/2023 ci sono arrivate oltre 50 risposte. Tanti sono gli aspetti venuti fuori, molte le coincidenze sia sulle emozioni legate all’atto della scrittura manuale sia sui ricordi del processo del suo apprendimento.
Le persone che ci hanno risposto, per la maggior parte donne, hanno descritto con parole sempre nuove le sensazioni che provano quando iniziano a scrivere, davanti ad un foglio bianco. Inevitabilmente troviamo spesso il paragone con le attuali tecniche della scrittura al pc o al telefonino, tecniche che tutti usano ormai nella vita quotidiana. Ma, come vediamo, rimangono, seppur come nicchie, le situazioni in cui la scrittura a mano continua a dimostrarsi superiore. E sono le situazioni esistenziali.
Tra le tante pagine ho scelto qui brevi citazioni, raggruppandole in capitoli sotto i titoli salienti – mai perfettamente separabili l’uno dall’ altro. Ho evidenziato parole e frasi chiave. Su tanti punti sarebbe da indagare, tante le questioni da approfondire. Il nostro Circolo vuol essere anche questo: un raccoglitore di materiali autobiografici a disposizione per studi e ricerche.
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Ecco, la parola agli scriventi:
Scrivere a mano è da sempre una necessità per me, un piacere, come se il naturale prolungamento delle dita fosse una penna o una matita. (Tiziana P.)
Io e la penna, legame speciale, prolungamento di me, non solo strumento. (Annateresa B.)
Tante volte, accompagnato da carta e penna, con gli avambracci appoggiati su di un ripiano, assumo una posizione raccolta e di concentrazione, quasi fetale. Matura così, come una sensazione di trascendenza che prefigura una immersione totale nella sacca placentare, che ispira lo scrivere. (Franco L.)
Scrivere è una delle mie passioni e quando afferro una penna mi sento come un alpino con la piuma sul cappello. Prendere una penna o un lapis per scrivere è cosa naturale e bella per me (Paolo C.)
Sento a volte l’impulso irrefrenabile alla scrittura, a volte sono intuizioni, lampi di osservazione che mi illuminano la giornata, porto sempre con me una penna carta e appunto cose, immagini, stati d’animo. (Bruna C.)
Io scrivo sempre a mano perché la scrittura è corporeità e non posso prescindere dalla fisicità del gesto, dall’energia che passa dalla mano al foglio che sollecita, a sua volta, un turbinio di parole. (Loretta B.)
Ecco, la mia calligrafia si sta componendo, sto cominciando ad avere il controllo della mano. Incredibile. Sto domando una mano che all’inizio non voleva saperne di seguirmi e svolazzava all’impazzata come un cavallo selvaggio pieno di paura. Bene. Ora comincio a controllare lo spazio di questa immensa distesa bianca. (Veronica B.)
La mia mano sogna la penna (…) E’ un miracolo la mia mano che scrive parole come ricami su tele bianche, che rivelano colori inaspettati. (Marica A.)

Se per Marica la scrittura si muove tra ornamenti e colori, per Franco e Giorgio diventa musica:
Ascoltare l’inconfondibile “voce” del pennino che scorre sulla pagina e lascia non solo segni d’inchiostro ma sensazioni, pensieri, emozioni uniche che la tastiera difficilmente potrà imitare. (Franco T.)
Sul PC una percussione e il cervello che preme per andare sempre più veloce, la penna è un violino. Si suona scivolando sulle corde, ma è ordinata e pure avventurosa. (Piergiorgio C.)
Il gesto della scrittura a mano, la trasformazione del foglio bianco in altro ci permette di andare oltre. La scrittura apre le porte, scrive Fabio; la scrittura a mano ci rende autonomi di poter in ogni luogo separarci, concentrarci, evadere, esprimerci; basta avere penna e carta sempre a portata di mano. E infatti, ancora oggi sono in diversi che non ci rinunciano.
Quando ho la penna in mano per me è un’emozione totalmente diversa dalle altre, mi sento “libera” ed è come se tutti i muri che nella vita si creano, in questo momento crollino a terra. (Allegra P., 12 anni)
A poco a poco, la penna divenne la chiave che mi apriva al mondo. (Marialuisa C.)
Scrivere era un avventurarmi in territori sconosciuti, provavo sempre una grande emozione. Mi chiedevo cosa sarebbe uscito da quella penna, quali pensieri avrei costruito. Mi resi conto che il pozzo dentro di me era inesauribile, e senza la penna forse non avrei potuto avervi accesso. Sì, perché a un certo punto scoprii che non ero io a scrivere, ma la penna stessa. Non ero io a pensare, era la scrittura a formarsi da sé. (Patrizia P.)
In fondo scrivere serve un po’ anche a questo, a sognare, immaginare qualcosa di diverso o descrivere ciò che non ci riesce a fare con le parole … (Domitilla D.P.)
Un foglio bianco, senza macchie righe piegature, una penna, tra il pollice e l’indice della mano destra, mi fanno sentire … DIO. (Anna Maria G.)
Con la penna in mano spariscono le frazioni del tempo, non esiste l’orologio che possa fermare la fuoruscita di ricordi, sensazioni, pensieri, emozioni che fuggono nello spazio infinito. (Carmen T.)
Scrivere ci fa guardare avanti, sognare; guardare indietro, ricordare – e guardare dentro. E’ un potente mezzo di riflessione, comprensione, distaccamento; autoanalisi e cura. Ma anche di sfogo!
“Voglio scrivere,
per graffiare il foglio con la mia rabbia!
Voglio scrivere,
per racchiudere le mie paure
nel tondo della grafia!
Voglio scrivere,
per depositare i pensieri tristi
sul foglio bianco
e chiudere in fretta la pagina
per non farli scappare.” (Rosella F.)
E, dopotutto, scrivere è sempre anche comunicare: Comunicare con se stessa/o, oppure con l’altra/o. “Tutto quello che viene scritto, vuol essere letto”, diceva Saverio Tutino: nessuna eccezione per le scritture intime, autobiografiche. Voci scritte chiedono l’ascolto.
Sono onesta: come fanno i bambini, scrivo per catturare l’attenzione, non so bene di chi. Lettore ignaro, ti prego fermati un attimo a sentire ciò che ho da dire! (Maria Pia N.)
Usata come comunicazione nelle relazioni quando la voce non riusciva ad esprimere. Parole che si spengono in gola per il timore della reazione altrui, o quando sono così profonde che pronunciarle sembra di denudarsi. (Maristella B.)
Come si comunicano emozioni con la scrittura – oltre alle parole – ci dimostrano le righe di Franco, che ricorda come ha affidato il suo trasporto amoroso doppiamente al pennino: Da giovane, quando scrivevo alla mia fidanzata, sul finale, alla parola baci, premevo il pennino ingrandendo il tratto come se il bacio inviato fosse davvero dato con tanto trasporto amoroso. (Franco T.)
La nostra propria grafia ci può piacere o no: è la nostra. Nelle nostre parole, righe, fogli ci specchiamo, ci riconosciamo.
Anche se la mia grafia è inusuale e di difficile lettura, non mi passa certo per la mente di cambiarla. Fa parte della mia identità ed anche se volessi non vedo come potrei: esprime qualcosa di me, anche se non so bene cosa. Tocca prenderla così com’è, come i tratti del carattere o l’aspetto fisico… (Maria Pia N.)

Scrivere è faticoso. E tanto altro ancora. Ho constatato, ad esempio, che non solo ciò che si scrive è rivelatore prima di tutto verso se stessi, ma che la calligrafia è capace di svelare come ci si sente, cosa fa tremare la penna, perché si sceglie un colore di inchiostro o un altro, perché si va verso l’alto o il basso. Scrivere a mano racconta di noi. Io lo so, mi intriga, mi piace. (Paola F.)
La scrittura a mano, lo specchio di chi siamo, muta nel tempo, diventa la somma dei nostri cambiamenti, non è più quella dei banchi di scuola, si carica della vita vissuta, delle gioie e dei dolori trascorsi, diventa nervosa e frettolosa come i tempi che viviamo. (Annamaria E.)
Prendo la penna e scrivo. Un gesto che parla di me, del mio stato d’animo, nel momento in cui lo compio. La mia grafia può essere bella e chiara oppure spigolosa e disordinata, a seconda di come mi sento, se ho fretta o se ho a disposizione righe o foglio bianco. (Daniela G.)
La grafia, si direbbe non bella, ma rispecchia una storia e con essa nel tempo si trasforma così come ha fatto il mio viso. Spezzata, angolosa, irregolare, chiede attenzione per la decifrazione. Confesso, mi piace, suggella una relazione esclusiva e particolare, certo per me vitale. (Anna Teresa B.)
La mia grafia è un tale disastro che a volte innervosisce anche a me stessa quando devo rileggermi, ma sento il bisogno di sgraffiare o dolcemente scorrere con la penna sul foglio quasi quotidianamente perché nel segno che lascio sul foglio sia esso uno scarabocchio o un testo vero e proprio io mi ritrovo senza maschere. (Tiziana P.)
Scrivere a mano vuol dire non solo lasciare un segno dei nostri pensieri sulla carta, ma dare alla nostra calligrafia la forma delle emozioni che stiamo vivendo in quel momento, significa esser presenti corpo e anima nelle parole, dipingere il ritratto di noi stessi, non solo in ciò che stiamo scrivendo, ma come lo stiamo scrivendo. (Lorenza C.)
Perciò, poter rileggere propri testi manoscritti, diari, lettere o appunti a distanza di anni, mi permette di confrontarmi doppiamente con la persona che sono stata/o; attraverso le parole scritte e attraverso il modo in cui venivano scritte. Le pagine ci mettono davanti a uno specchio che ci restituisce un ritratto reale di ciò che siamo stati e del tempo che è passato.
La mia calligrafia, credo sia abbastanza chiara e ordinata e rispecchi il mio carattere o perlomeno quella che la vita mi ha fatto diventare. Guardando vecchi scritti a mano, mi rendo conto quanto sia cambiata con il tempo. (Siria G.)
Mi commuovo, vedendo la mia scrittura di oggi, a volte disordinata, nervosa e irregolare. Non era così. (Piergiorgio C.)
Possedere e custodire queste pagine scritte da noi, in un altro tempo, ci rassicura. Ci restituisce la testimonianza di ciò che siamo stati/e, di ciò che abbiamo vissuto, pensato, creduto, voluto – e di come l’abbiamo fissato sul foglio, salvato dall’oblio.
E allora sapere che nella piccola cassapanca e nel mio scrittoio sono raccolti tutti i miei scritti a mano mi rassicura, dà consistenza alla mia storia. (Lorenza C.)
In fondo scrivere serve un po’ anche a questo … a lasciare qualcosa di sé.
(Domitilla d.P.)
È stato veramente impressionante leggere e rileggere tutte le lettere di cui qui si trovano alcune frasi. Ogni lettera, un mondo: ognuna diversa di volume, grafia, carta, busta, provenienza e contenuto. Mittenti femminili (44) e maschili (8), nati tra 1937 e 2010 – e comunque con molte considerazioni in comune quando descrivono il semplice e “naturale” atto della scrittura che stimola la memoria, la riflessione, la immaginazione; che ci permette di prendere distanza, di ordinare i pensieri, di comprendere e di comunicare intimamente con noi stessi o altri; che ci offre la possibilità di riconoscerci nei propri manoscritti e – alla fine, anche: di lasciare qualcosa di noi.
Sicuramente molti di questi significati possono valere similmente anche per la scrittura digitale, ma nei testi vengono nettamente fuori le sottili differenze che ci paiono essenziali.
Ci sono le risposte alla domanda: quali sono i momenti, le situazioni in cui la scrittura a mano è più efficace? Uno sguardo critico anche sull’apprendimento; ricordi della scuola d’infanzia e la didattica di una volta, con la quale siamo diventati gli esseri scriventi di oggi.
Le lettere ricevute confermano a noi del Circolo di scrittura autobiografica a distanza l’importanza di continuare nel creare occasioni per applicare la scrittura a mano, per comunicare per lettere.
Contemporaneamente ci si pone la domanda su come l’educazione alla calligrafia potrebbe e dovrebbe realizzarsi di nuovo all’interno delle scuole per impedire la perdita di questa grande possibilità d’espressione umana, nelle generazioni a venire dopo di noi.
Stefanie Risse
Fondatrice e coordinatrice del Circolo di scrittura autobiografica a distanza
Esperta di metodologie autobiografiche
Le lettere qui citate sono pubblicate interamente nella raccolta:
“Con a penna in mano. Emozioni, Riflessioni, Ricordi.” – Equinozi, Rosia 2023
1) Demetrio, Duccio: Raccontarsi. L’autobiografia come cura di sé, Raffaelo Cortina ed., Milano 1996
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