Racconto pubblicato su IUA n° 4, Anno I, Giugno 2014

Cairo Montenotte 1630-31

La bufera di neve m’investe. Violenta, freddissima. Mulinelli taglienti di spine di ghiaccio. Il vento non mi fa camminare. Ma io devo scappare! Scappare! Mi hanno inseguito gridando:

– U diavu! U diavu!!

L’uomo mi bastonava. La donna tremava di paura.

Son riuscito a scappare. Sono ferito. Un grumo di sangue rappreso mi pende dal naso. Un dolore violento mi strazia la gamba sinistra; là dove ho preso l’ultimo colpo. Ma, qui, nascosto nella foresta, non mi cercheranno. Rimango, al riparo di quest’albero cavo. Qui c’è pace. Mi rannicchio e chiudo gli occhi. Forse morirò questa notte. Non sento e non vedo più niente.

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Mi sveglio. E’ mattino. E son vivo! Non nevica più, anzi, c’è un poco di sole.

La foresta è imbiancata e brillante. La gamba ferita è intirizzita dal freddo. Ma si muove!

Odore di latte. Odore di legna bruciata. Ho fame… Se seguo gli odori, finirò di nuovo vicino alle case. No, non posso… Ho paura! Resto nascosto e ruberò qualcosa di notte. Senza essere visto.

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streghe_10E’ quasi sera… Ecco, una casa isolata nel bosco. Mi avvicino da dietro. Non mi vedranno.

Non sento rumori. Mi avvicino ancora. Provo a guardare all’interno, sporgendomi appena. C’è fumo. Il vetro è appannato. Non vedo nessuno. Aspetto ancora … Nessuno. Mi sporgo a guardare: un grande camino, una pentola al fuoco che bolle. Ho fame! Mi faccio coraggio. La porta è socchiusa, m’affaccio.

– Vieni, vieni pure…- E’ una voce di donna. Diffido. Scappo, ho paura. La paura dei vagabondi.

– Lascio aperta la porta, entra… se vuoi…

E’ ancora lei. Sta sulla porta. La posso vedere. E’ alta, un po’ curva. Né vecchia, né giovane. Ha strani vestiti, uno sull’altro, forse, per coprirsi dal freddo. Ha una piccola cuffia sui rossi capelli.

Puoi venire, se vuoi…- ripete più forte scrutando i cespugli vicini dove sono nascosto.

Una trappola? Se un uomo ci fosse, l’avrei già sentito… Risento l’odore del cibo. La fame mi lacera, mi morde. Coraggio! Devo avere coraggio! Avanzo esitando. Dentro c’è fumo. C’è una tazza di latte…

Vuoi bere del latte?- Non vedo la donna, forse sta dietro alla catasta di legna, di là, in fondo alla stanza. Non resisto. Bevo di corsa, guardandomi intorno.

…Così è andata. Ormai son passati tre mesi. E, da allora, io vivo con lei. La neve si è sciolta. Lei è dolce, tranquilla e mi parla… Parla, parla, parla tanto. Io ascolto. Forse è sola da tempo. Abbiamo una pecora, una capra e qualche gallina. Abbiamo del latte. Uova e formaggio non mancano mai. Le porto ciò che caccio nel bosco. Piccole cose che lei cuoce nel pentolone appeso nel grande camino.

Ho passato l’inverno con lei. Una notte più fredda mi ha accolto sotto la coperta di velli di lana. Da allora, io dormo con lei sul materasso di foglie di meliga. E sono felice. Un giorno mi ha detto:

Grazie, non sono più sola. Non andartene via quando arriva la bella stagione.

Così son rimasto. Qui, mi sento sicuro. La casa è ben nascosta nel bosco. Il mattino, andiamo a cercare le erbe. Lei le conosce; mi parla e mi spiega ogni cosa. Mi spiega; ma non sempre capisco!

streghe_01

Questa è la belladonna che toglie li spasmi malefici – mi dice – Questa, la digitale contro li mali cardiaci. Questa la serpentaria: posta la polvere sul capo prima di coricarsi si può veder, nel sonno, il futuro… Questo è il rosmarino che dispone li animi alla giocondità, questa è la betonica che custodisce le anime e i corpi dai malefici; difende i cimiteri dalle visioni che inducono timori e cardo-santo_O2protegge i viaggi notturni dai pericoli. Questo è l’elleboro; muore chi lo coglie se è visto dall’aquila! Questo è l’aspleno; che legato con milza di mulo alla cinta delle donne, le fa diventar sterili. Questa è la malva che giova ai rodimenti delle budella e del sedere; chi beve il suo succo starà senza mali per tutto il giorno. Questo è il Cardo Santo: è santo perché ha molte virtù: libera dal dolore degli occhi, recupera la perduta memoria, ridona l’udito, purga il sangue, rompe la pietra, provoca i mestrui. Bevuta col vino, vale contro i veleni e il mal franzese. Si dice che un putto, dormendo alla campagna con la bocca aperta, gli entrò un serpe nel corpo e bevuto ch’ebbe la pozione di Cardo santo, subito il serpe se ne uscì per le parti da basso.

Da quando si è sciolta la neve, vengono a trovarla delle persone per curarsi con le erbe. Son donne con i loro bambini. Io resto nascosto dietro alla legna. Nessuno mi deve vedere. Lei fa decotti, impiastri, pomate, fumenti e dice oscure parole. Chi viene a trovarla le porta un po’ d’olio, della farina, del sale. Son doloranti all’arrivo, se ne vanno guariti e contenti. Insomma, tutto va bene e siam quasi felici.

L’altra notte siamo andati nella radura, dove c’è l’albero di noce, a cercare la pianta mandragola. Va raccolta quando c’è luna piena, facendo tre giri intorno alla pianta, se no, non fa effetto. C’erano già tre amiche e la sorella Lucia a coglier radici. Era una bella serata, han cantato e ballato al chiaro di luna. Io, son rimasto nascosto perché ho ancora paura. Mi son divertito a guardarle. Erano allegre e festose. Solo all’alba siam tornati alla casa nel bosco. Credo che proprio che resterò tutta l’estate con lei. E sì, forse, anche il prossimo inverno.

——

Sono arrivati tre uomini, all’improvviso. Uno era vestito di nero.

– Nasconditi! – lei mi ha gridato.

Ora sto qua dietro alla legna ammucchiata con il cuore che mi pulsa alla gola.

Strega! Che ti accompagni col diavolo ormai lo sappiamo! Ti han visto con lui di primo mattino! Strega ! Con tutte le masche hai ballato ‘sta notte! Avete preparato la polvere per far venire la peste!

Li sento gridare. Mi sporgo pochissimo per non essere visto. Lei si dibatte. Non vuole lasciare la casa. Ma la picchiano e le strappano le povere vesti. La trascinano fuori e la portano via. Li seguo a distanza per non essere visto. Solo ‘sta notte potrò fare qualcosa. Quando dormono tutti.

La portano giù nella valle. Molta gente arriva a vederla. Tutti gridano:

A morte la stria! Bruciatela! Bruciatela! Con la sorella ha portato la peste!

Le sputano addosso. La spingono a terra. La prendono a calci. La portano in piazza.

Fatele bere l’elleboro nero, se è strega, non sente il veleno! Fatele bere l’elleboro nero!

Io resto lontano. L’han chiusa da basso in una camera buia. Questa notte farò qualche cosa. Poi torneremo nei boschi. Andremo in un’altra foresta. Noi vagabondi, le conosciamo tutte, anche quelle lontane. Attendo la notte. La finestra è socchiusa. Riesco a spingermi dentro. Lei è lì, rannicchiata in un angolo buio. E’ tutta ferita, è quasi senza vestiti. Gli occhi son gonfi, il sangue rappreso. Ha spasmi violenti; forse ha bevuto l’elleboro nero. E’ legata, non posso farla scappare. Mi avvicino e lei allunga una mano. E’ una carezza tremante. Mi corico accanto. Lei sente il mio respiro e si calma.

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Un grido ci sveglia alle prime luci dell’alba.

Il diavolo! Il diavolo! Ha dormito con lei ! Satana nero è venuto a dormire con lei!

Arrivano in tanti gridando. Ecco i bastoni! Ecco le forche e le pale! Come l’altra volta. Iniziano i colpi.

Lei allora si alza, si butta per terra e mi copre col corpo.

Uccidetela! Uccidetela! –urla una donna. – No! Non ammazzatela adesso! Deve bruciare! Solo col fuoco Satana muore! Deve bruciare anche Satana insieme alla strega!-grida un uomo elegante.

Lei allora si alza. Come se fosse guarita. E’ bella, ritta e superba.

Sì, bruciateci insieme! Bruciateci insieme!- ripete sicura- Usciamo all’aperto. Tutti si allontanano un poco. Si direbbe che faccio paura. Lei cammina diritta, solenne. Io la seguo altrettanto sicuro.

A testa alta e a coda diritta.

C’è una catasta di legna in mezzo alla piazza.

Il diavolo! Satana! Ecco il diavolo nero! Il fuoco! Il fuoco!

Ma chi è questo diavolo? Ma chi è mai questo Satana nero? Forse son io perché son gatto e son nero?

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La fanno salire sulla catasta e la legano in cima. Io la seguo. Non l’abbandono. Voglion legare anche me. Ma non serve, io non me ne vado! Non la lascio! Fra le sue gambe, io resto, deciso, ostinato, strofinandomi a lei, ancora una volta. Adesso sento l’odore del fumo. Qualche fiamma la vedo salire.

Ci guardiamo ancora una volta. Siamo insieme. Siamo vicini. Sarà caldo come il nostro camino.

Nota:

Le sorelle Lucia e Maria Larghero furono torturate e poi bruciate nel 1631 nella piazza di Cairo Montenotte perché streghe e perché accusate di aver portato la polvere della peste nella valle Val Bormida. Nel dialetto locale le streghe vengono chiamate “Masche”. La Storia delle due sventurate sorelle, in parte documentata, è divenuta oggetto di leggende orali ancor oggi raccontate nella valle. Un tragico episodio da tramandare per riflettere sul pericolo che ignoranza e superstizione possono arrecare a una comunità.

                             Maria Ivana Trevisani Bach

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