a cura di Carmen Ferrari

Questi versi ci accompagnano in un percorso dove le parole intagliano decise, quanto lievi, una composizione che, attraverso vari stadi, come una sorta di ricerca, cerca un anelito  che giustifichi una ‘assenza’. È questa assenza che permette una dilatazione dell’anima che riesce a guardare i propri e altrui enigmi.


Acqua, aria, terra, sono gli elementi che stringono alleanze, come tra terra e mare in ‘Senza confine’. È questa ‘assenza’ che dentro la privazione di un confine, permette alla parte onirica di sfumare nei versi, esaltando immagini, suoni, sentimenti, stati d’animo non soffocati dal chiarore del giorno: “Sono treno vagante sui binari perpetui alla stazione argentata della stessa fiaba notturna” (Notturna).


Una composizione i cui versi, a volte di delicata tragicità, appaiono e scompaiono nella sequenza che il lettore si aspetta, ma che, invero, ricompongono la sua trama. Lampi di immagini evocative che velocemente si presentano alla scena e si dileguano, ma ci lasciano un segno: “È buono questo pane- sa di neve – di cose sparse sui tavoli di marmo – s’impasta a mani grandi – vecchie svelte – come un fazzoletto girato in fretta – sulla testa” (Questo pane).


Come anime morte vagano i versi in un richiamo a riprendere ciò che gli è stato tolto: “Ho abbandonato tutto – ma sono legata a voi – gentili anime morte – aggancio di volti perduti – nel mio silenzio sfarzoso”  (Ho lasciato tutto).

Così i versi tornano  anche a intonare un canto che cerca i suoi perché – è la vita che canta una nuova iniziazione dopo aver perso la bussola d’origine – “Noi siamo tra i tanti  che persero – la bussola d’origine”. È sempre la vita che si riaffaccia… “Se torno a scrivere…”  (Se)

 

Un viaggio tenero quanto intenso di squarci doloranti dove la sofferenza passa nelle sue varie rappresentazioni e, come nei nostri rituali per superare le prove, l’aiutante magico è la poesia attraverso cui il verso si fa strada  per ricomporre quella ‘mancanza’  e permettere quel tornare agli alberi: “Torneremo quando gli occhi degli alberi – ci guarderanno per primi senza chiudersi…”  e  “…così saremo accesi – e sereni  finalmente – di tutto quanto è stato perso –  con giudizio – lungo il viaggio”  (Torneremo agli alberi).

 
Una raccolta poetica che avanza dentro al nostro stupore, dove l’incanto accende  vibrazioni interiori, stringendo con i versi una ricca fonte interpretativa.

Il ritmo interno delle poesie di Iole Troccoli si giova di una misura libera dei versi, intonati su due-tre accenti, che scandiscono il progressivo ampliarsi e ridursi del respiro della composizione, fino all’isolamento di una parola. Il mare, così presente, sfondo ideale su cui si effonde il cromatismo delle immagini, sembra costituire il paradigma sul cui esempio improntare la base ritmica, una ‘risacca’ che il lettore segue fino a perdersi, dopo l’ultimo verso, nel bianco della pagina vuota.

Carmen Ferrari



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CC BY-NC-ND 4.0 Recensione della raccolta poesie di Iole Troccoli ‘Torneremo agli alberi’ by L'Italia, l'Uomo, l'Ambiente is licensed under a Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivatives 4.0 International License.