Articolo pubblicato su IUA n° 8, Anno II, Settembre 2015

 

La pioggia picchiettava sul tendone della piazza all’aperto, rincorrendosi in goccioloni che cadevano sull’impermeabile.

Lì sotto, una coppia domenicale parla fitto fitto, che neanche il cameriere riesce quasi ad inserirsi per chiedere l’ordinazione.

 Una coppia di turisti, che girano per Milano in una domenica piovosa, una coppia di amici che si danno appuntamento per vedersi dopo tanto tempo, una coppia clandestina, una coppia di amanti, una coppia, due esseri umani, un paio, un uomo e una donna, un marito, una moglie, un padre, una madre.

Due come tanti e come nessun altro.

Una pizza e un primo e via a parlare.

Un parlare intenso, davanti alla tovaglia a quadretti bianchi e verdi, apparecchiata dai pensieri e dalle confessioni gettati sul tavolo insieme al calice di vino.

Poi all’improvviso, tra le parole che defluiscono come i rivoli d’acqua sopra il gazebo, i due restano soli: la pizzeria sbarra la porta e loro restano lì, fermi, ancora a parlare davanti alla brocca di vino e ai due bicchieri.

Sono seduti uno di fronte all’altro, poi no, lei si siede accanto a lui: sono timidi, entrambi, molto, per il loro carattere schivo e riservato.

Ma la loro timidezza si manifesta in modo diverso: lei lo guarda quasi sempre negli occhi, sfidando il suo pallido rossore delle guance, talvolta perdendo il filo del discorso e scordandosi ciò che la mente ha pensato e non ha fatto in tempo a far scendere alle labbra; lui, no, non guarda dritto in viso, non lo fa quasi mai, lo sguardo va oltre, oltre i palazzi, oltre la piazza.

Dove?

Dove cerca l’esistenza, o meglio quello che lui vuole da quello che si chiama vivere.

Voglio capire cosa voglio dalla vita, le dice.

Ma la vita è beffarda, gioca in modo imprevedibile e altalenante, non siamo noi a voler qualcosa da lei, ma è lei che vuole qualcosa da noi e allora dobbiamo noi imparare ad assecondarla.

Prima tirare fuori l’io con la lettera minuscola, che si arricchisca dell’Io con la lettera maiuscola con ciò che possiamo ricevere da chi sta intorno e donare.

Ognuno dà e riceve qualcosa, ma resta da capire quello che vogliamo dare di noi e quello che vogliamo ricevere, quello che vogliamo condividere e quello che vogliamo e dobbiamo custodire solo per noi.

E’ così che si riapre lo spazio per le emozioni, le passioni e più in profondo per i sentimenti, tutti, indistintamente, sia quelli che ci fanno bene sia quelli che ci feriscono.

E’ dalla sintesi degli opposti che scaturisce poi il positivo.

Questo lei avrebbe voluto dire, ma non l’ha fatto, perché sa più scrivere che parlare.

Poi è squillato un telefono, il tempo ha ripreso il normale cammino del tardo pomeriggio, riportandoli in mezzo alla piazza.

Sono entrati nella basilica lì accanto, perché amano i posti della città meno turistici e appariscenti, un segno della croce rapido e rapidi via verso le rispettive case.

Un saluto veloce e frettoloso, una breve telefonata.

Bacio

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Licenza Creative CommonsDomenica, la città e una cinepresa che racconta di Massimilla Manetti Ricci © 2015 è distribuito con Licenza Creative Commons Attribuzione – Non commerciale – Non opere derivate 4.0 Internazionale.
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