Articolo pubblicato su IUA n° 5, Anno II, Maggio 2015

La Liguria, da Riva Trigoso a Portovenere, è tutta un susseguirsi di scogliere e calette che fanno da contorno al Bracco, più o meno al centro di questo arco abbiamo Le Cinqueterre. L’intero territorio, costellato di piccoli comuni e borghetti, offre degli indimenticabili scorci panoramici sia in direzione levante che ponente. Lontano dalla fascia costiera sorgono decine di paesi abbarbicati sui cucuzzoli o sui passi che portano alle valli interne; anche qui i panorami sono ricchi di fascino e di serenità. Dovunque è visibile il mare.

Sino alla fine del XX secolo queste località erano frequentate da un pubblico stagionale ed affezionato che rendeva i paesi del Bracco e della costa pieni di vita, di iniziative sia sportive che culturali.

Attualmente in questi paesi si vive una stagione effimera, a cavallo del ferragosto, e durante i fine settimana tipo “mordi e fuggi”; e questo mi fa tornare alla memoria un film degli anni sessanta – intitolato “Brigadoon” – che riviveva una giornata ogni cento anni.

Tuttavia devo notare che questa è una situazione di livello internazionale perché anche in Francia e in Portogallo ho notato la stessa tendenza: la gente si accumula nelle città e i paesi si spopolano per rivivere solo in determinate occasioni. Girando per l’Europa ho visto paesi stupendi che sembravano abbandonati, però nei week-end ritrovavano una o due giornate di vita.

La cosa preoccupante di questo abbandono dei paesi è l’incuria. Nella zona del Bracco molte terre hanno smesso di essere coltivate e i muretti a secco dei terrazzamenti agricoli vanno lentamente crollando. Là dove erano vigneti e uliveti ha ripreso vita la macchia mediterranea e stanno nascendo boschi di lecci e roveri accompagnati da erica arborea, corbezzoli e mirto, bordati dal lentischio.

Questo abbandono produce spesso frane rovinose e altri disastri ambientali.

L’incontrollata proliferazione dei cinghiali scoraggia i pochi contadini restanti che vedono le loro fatiche distrutte in una notte di scorrerie di questi animali mentre la reintroduzione del lupo scoraggia la pastorizia che abbandona questi territori. A completare il quadro c’è la moria dei pini e la malattia dei castani: gli alberi muoiono crollando gli uni sugli altri dando vita a radure che si riempiono velocemente di rovi diventando intransitabili.

In questo quadro sopravvivono solo le iniziative legate alle zone costiere o a quelle facilmente accessibili in auto.

Nel territorio framurese si sta creando una passeggiata sulla scogliera che è molto suggestiva.

Occorre tenere presente che a Framura il territorio è caratterizzato da due realtà geologiche diverse: dal centro del paese a ponente il territorio è di origine sedimentaria, a levante è di origine effusiva e pertanto le scogliere risultano molto differenziate.

Sempre da Framura sino a Levanto, passando per Bonassola, è stata realizzata una pista ciclopedonale sfruttando vecchie gallerie ferroviarie dismesse: cinque kilometri godibilissimi per gli improvvisi scorci che si colgono nelle aperture sul mare.

Devo dire che l’abbandono dei paesi ha rallentato il processo di cementificazione selvaggia che stava per aggredire queste zone, ciò ha permesso di conservare un territorio naturalistico e selvaggio dove non è raro incontrare animali selvatici di tutti i generi, dall’upupa, alle poiane, ghiandaie, scoiattoli, tassi, oltre a cinghiali, rettili e uccelli di vario tipo, uno più intraprendente dell’altro. Insomma, nonostante l’abbandono in questi territori si possono trovare percorsi di una bellezza unica, circondati dal profumo della macchia e dai suoni di una natura sempre in vitale fermento.

Licenza Creative CommonsFramura, un angolo di Liguria di Guido De Marchi © 2015 è distribuito con Licenza Creative Commons Attribuzione – Non commerciale – Non opere derivate 4.0 Internazionale.
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