Articolo pubblicato su IUA n° 5, Anno I, Luglio-Agosto 2014

Capita, e ce ne rallegriamo, che talvolta le notizie relative all’ambiente del nostro paese siano positive. Così, oggi apprendiamo da un Convegno, tenutosi in questi giorni a Lama dei Peligni, nel cuore dell’Abruzzo, come il camoscio appenninico, uno degli animali-simbolo del Parco Nazionale, si possa ormai cancellare dall’elenco delle specie “a rischio immediato”, avendo superato i duemila esemplari.

camosci_m.marsicano

Un tempo presente su molti complessi montuosi dell’arco appenninico, questo cervide è diverso dal suo stretto parente che vive sulle Alpi, e, all’inizio del sec. XX, se ne contavano soltanto una trentina di esemplari. Nonostante la protezione accordatagli tramite la costituzione, negli anni ’30, del Parco Nazionale d’Abruzzo, la sua crescita è stata assai lenta, se in una vecchia “Guida alla natura del Lazio e dell’Abruzzo”, pubblicata nel 1972 da Mondadori e scritta da Fulco Pratesi e Franco Tassi, che ho recuperato su uno scaffale della mia libreria, si legge: “Il camoscio d’Abruzzo detiene la palma di nobiltĂ  e importanza, perchè i due o trecento esemplari dalle corna lunghe e affusolate e dall’agilitĂ  e robustezza leggendarie, che si nascondono tra le rocce e le foreste piĂą inaccessibili del Parco, sono gli autentici discendenti del camoscio appenninico (…) che aveva nel lungo isolamento finito con il differenziarsi abbastanza profondamente dai suoi lontani progenitori alpini.” Una crescita tanto esponenziale nel giro di appena quarant’anni è frutto di una saggia politica ambientale e di tecniche di ripopolamento particolarmente efficaci, come sottolinea il Presidente del Parco della Maella:

 

“Il camoscio piĂą bello del mondo, come viene unanimemente definito dagli zoologi quello appenninico – spiega Franco Iezzi – può essere considerato a pieno titolo un ambasciatore dei Parchi Italiani. Non solo rappresenta un caso di successo internazionale per le politiche di conservazione di una specie a rischio, ma la sua tutela è legata strettamente a quella del territorio in cui vive e alle politiche di istituzione delle aree protette. Insomma, se non ci fossero stati i Parchi dell’Appennino con tutta probabilitĂ  il camoscio non sarebbe sopravvissuto”.

Il camoscio appenninico non ha nemici naturali, se si esclude il lupo, che comunque preferisce rivolgere la sua attenzione a prede piĂą facili. Ergo, l’autore della sua “quasi-estinzione” è stato l’uomo, attraverso la caccia e la distruzione dell’ambiente elettivo di questo animale, cioè la foresta montana e i prati d’altura, dove trova il suo pascolo. Infatti, il camoscio si ciba praticamente solo di erbe, che i suoi particolari zoccoli sanno raggiungere anche scavando attraverso il manto nevoso.

Camoscio_appenninico-Rupicapra_pyrenaica_ornata_4

Questi strumenti preziosi, modellati con polpastrelli morbidi, che evitano le cadute e le scivolate in discesa, e con punte dure e affusolate, che permettono di sfruttare ogni piĂą piccolo appiglio nelle rocce, costituiscono il segreto della sopravvivenza dei camosci in un ambiente duro e difficile, quale quello dell’alta montagna.

Chi ha visto, in un documentario televisivo o, ancor meglio, nella realtĂ  attraverso le lenti di un binocolo, le evoluzioni di queste straordinarie creature tra picchi e dirupi che mettono i brividi anche a un esperto arrampicatore, sappia che in natura non esistono altri animali (se non gli stambecchi) capaci di simili imprese.

La certezza che nel futuro potremo continuare a ammirare i camosci d’Abruzzo impegnati nelle loro spericolate acrobazie è un punto a favore dell’uomo, che, per una volta, ha salvaguardato e non distrutto. Continuiamo così.

© copyright Gianni Marucelli 2014

Licenza Creative Commons
Quest’opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione – Non commerciale – Non opere derivate 4.0 Internazionale.

Share Button
Please follow and like us:

CC BY-NC-ND 4.0 La riscossa del camoscio appenninico by L'Italia, l'Uomo, l'Ambiente is licensed under a Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivatives 4.0 International License.