Similmente ai governi precedenti ancora silenzio da parte del governo M5S-Lega sulla prevista creazione del Deposito Unico Nazionale per le scorie nucleari.
La
notizia è un po’ datata. Risale al novembre del 2018. La fonte è il sito
dell’Ansa Ambiente e Energia. A parte l’ANSA da nessun altra parte è apparsa la
notizia come se fosse una faccenda di poco conto ma che tale non lo è
assolutamente. Prima di scrivere queste quattro righe ho fatto un’accurata
ricerca per controllare se qualcosa si fosse mosso da parte del governo attuale
per impedire questo ennesimo scempio nei confronti di una terra meravigliosa
abitata da “zente” meravigliosa. Non avendo trovato alcuna novità, mi è
sembrato doveroso rendere nota la faccenda.
Claudia
Zuncheddu di Sardigna Libera (uno dei movimenti indipendentisti schierati
contro la realizzazione in Sardegna del Deposito Unico Nazionale adibito alla
raccolta e stoccaggio delle scorie nucleari) si è rivolta ai ministri
dell’attuale governo dopo che il ministro dell’Ambiente Sergio Costa si è detto
contrario alla realizzazione di questo deposito. Riportiamo in questa pagina le
sue esatte parole:
“Ai
ministri dello Stato italiano noi sardi chiediamo atti concreti responsabili e
ufficiali una volta per tutte. A tutt’oggi i Ministeri dell’Ambiente e dello
Sviluppo economico, persistono nel non rendere pubblica la mappa dei siti che
considererebbero sicuri per il deposito unico delle scorie radioattive”.
La Zuncheddu è preoccupata per l’atteggiamento di non discontinuità coi precedenti governi facendo quindi intendere che tutto è cambiato per non cambiare niente. In sostanza il governo M5S-Lega continuerebbe ad avere lo stesso atteggiamento coloniale nei confronti della Sardegna espresso dal Governo precedente.
Sardigna Libera, insieme ad
altri movimenti, ha sostenuto il ricorso da parte di Zero Waste Sardegna/Italia
alla Corte Europea per l’abolizione del Decreto Sblocca Italia creato dal governo
precedente. Ricordiamo che tale Decreto prevede un aumento degli inceneritori e
delle trivellazioni. Il governo del cambiamento ha disatteso le promesse fatte
in campagna elettorale riguardanti l’abrogazione del decreto.
La Zuncheddu ha concluso con
queste parole: In termini di servitù e di inquinamento la Sardegna ha già dato.
Tanto per ricordare… i
poligoni di tiro nel territorio di Quirra dove sono state trovate tracce di
uranio impoverito e che, a causa di esso, sono aumentate alcune gravi patologie
oncologiche e malformazioni di cuccioli e di bambini.
Forse non tutti sanno che la E45, la
strada di grande transito che per il blocco di un viadotto sul tratto
toscano-romagnolo è da qualche giorno interrotta, costituisce un asse viario di
importanza europea. Quella E maiuscola sta infatti per “Europa”. Come recita
Wikipedia…
Il percorso complessivo è di 5 190 km, che
si snoda attraverso i territori dei seguenti paesi europeiintermedi:
Finlandia, Svezia, Danimarca, Germania, e Austria. L’asse è misto,
autostradale, stradale e marittimo. L’itinerario comprende due attraversamenti
marittimi mediante traghetti,
il primo tra Svezia e Danimarca, il secondo tra la parte
continentaledell’Italiae la Sicilia, dove la strada
termina.
In pratica, va da Capo Nord all’estrema punta meridionale dell’Italia. Negli anni, ha assunto grandissima importanza in Italia perché consente di bypassare velocemente l’Appennino e dalla Pianura Padana raggiungere le valli del Tevere e dell’Arno, ed è la prediletta dal traffico merci su gomma perché non vi si paga pedaggio.
Ora, come i lettori
avranno saputo dai mass media, questo percorso fondamentale è interrotto, per
il sequestro da parte della Magistratura di un viadotto a rischio di crollo,
tra la Romagna e la Toscana. Sfortuna ha voluto che non esista più, in quel
tratto, una viabilità alternativa su cui deviare, per pochi chilometri, le vetture,
per farle rientrare allo svincolo successivo. La vecchia strada, infatti, è
impercorribile da qualche anno per una serie di frane, non è mai stata riparata
per una questione burocratica.
L’importo dei
lavori, infatti, è stato stanziato due anni fa, ma non è stato utilizzato perché,
nel frattempo, la strada è stata derubricata al ruolo di “viabilità comunale”,
perdendo il diritto ai contributi statali.
Una vicenda che ha dell’incredibile, se si considera che quel punto è del tutto strategico, come dimostra la situazione attuale. Come non bastasse, però, il tratto appenninico tra Cesena e Sansepolcro ha molte altre criticità, come sanno tutti quelli che lo percorrono regolarmente: da decenni il manto stradale è in rifacimento continuo.
Così come le gallerie;
molti altri viadotti sono nelle condizioni di quello sequestrato dalla
Magistratura e non è difficile supporre che rischino di essere chiusi con
identiche modalità.
Insomma, una strada
europea che, proprio nel tratto italiano più delicato, prende connotati
decisamente sudamericani, o mediorientali, se preferite, per quel che riguarda
lo stato di manutenzione e l’obsolescenza delle strutture.
La popolazione che
abita nei borghi della profonda vallata appenninica percorsa da questo tratto
dell’E45, e che di essa si serviva per i suoi spostamenti quotidiani (pensate
solo agli studenti delle superiori che, col pullman, devono raggiungere ogni
mattina la scuola più vicina) è disperata; così come gli esercenti le attività
commerciali (alcune centinaia) situate lungo la superstrada.
Naturalmente, è stata la vicenda del Ponte Morandi di Genova ad allertare le autorità locali sul rischio di crollo di ponti e viadotti costruiti più o meno nella stessa epoca (anni Sessanta e Settanta del secolo scorso) e che presentano segni tangibili di deterioramento. Questo avviene non solo sulla E 45, nel tratto già ricordato, ma un po’ in tutto i Paese.
Rischiamo veramente
un blocco a “pelle di leopardo” degli assi viari del nostro territorio, se non
si mette mano a un progetto di sostanziale ammodernamento che richiede grandi
stanziamenti e lungo tempo di realizzazione.
A questo punto, non
sembra insensato pensare di dirottare i numerosi miliardi di euro previsti per
la costruzione della TAV Torino-Lione, un progetto che le associazioni
ambientaliste hanno da sempre contestato perché devastante dal punto di vista
ecologico e inutile sotto il profilo economico (vedi il nostro report di
qualche tempo fa) sull’opera di riassetto della viabilità generale, così
critica al entro come al sud.
Daniza era una madre, burbera,
scontrosa a volte ma appassionata coi suoi due piccoli, li coccolava, li
abbracciava, giocava con loro rotolandosi e ridendo felice.
Come ogni madre era prudente, li
circondava di tenerezza e attenzione ed era anche intransigente con loro,
dovevano imparare a difendersi dai predatori e procurarsi il cibo. Dovevano
diventare grandi e coraggiosi!
Lei li guardava e sorrideva, i
suoi due piccoli erano obbedienti e forti, la femminuccia era un po’
scavezzacollo, le piaceva correre e saltare, il piccolo era più timido e molto
attaccato alla madre.
Una bella famigliola che viveva
abbastanza spensierata nei boschi del Trentino, quei boschi belli ma sempre più
stretti fra le cime delle montagne senza vegetazione, i campi da sci sempre più
estesi e le costruzioni degli uomini.
Daniza lo sapeva ed era anche un po’ preoccupata, sapeva che il suo territorio si stava restringendo, sapeva che non ci si può fidare degli uomini, per questo viveva appartata, teneva i suoi due piccoli lontano da sguardi indiscreti, cercava di non far rumore.
Eppure a volte si sentiva
fotografata, osservata, ma lei abbracciava i suoi tesori e scordava tutto.
Daniza era un’orsa, una bella e
grossa orsa portata in Trentino a seguito di un discutibile progetto di
ripopolamento di orsi nelle Alpi.
Questi orsi erano diventati
un’attrattiva per la Regione, se entri a Trento c’è una grande aiuola dove puoi trovare la statua di
un bambino e di un orso! Un luogo accogliente e civile? No, un luogo di morte
per la maggior parte di loro…
Un giorno Daniza diventa
ingombrante, non la vogliono più, dà fastidio, forse a coloro che vogliono
incrementare il turismo o ampliare ancora le piste da sci!
Questi orsi si riproducono, ma
guarda un po’, e qualche turista potrebbe fare brutti incontri, i trentini non
sono in grado di gestire in modo serio questo progetto di ripopolamento, allora
decidono che Daniza deve essere eliminata! Certo loro dissero “ doveva essere
catturata per essere spostata…”
Appena tutti noi venimmo a
conoscenza di questa intenzione cominciammo a mandare mail, a pregare gli
amministratori regionali e provinciali
di ripensarci, in tutta Italia scrissero
articoli sui giornali, c’erano foto di Daniza coi suoi cuccioli, ancora troppo
piccoli per sopravvivere senza una madre.
Non ci fu niente da fare, gli
amministratori furono irremovibili, così avevano deciso e così accadde.
Con una serie di espedienti che
sapevano di falso anche a occhi chiusi, un “ cercatore di funghi” era stato
attaccato dall’orsa, strano, lei era tanto riservata… un veterinario,
cercando di addormentarla per catturarla, sbagliò la dose dell’anestetico e
Daniza non si risvegliò più! Morì, loro
dicono per errore, noi diciamo fu uccisa. La Magistratura aprì un’inchiesta che
poi archiviò, si sa come vanno le cose
in Italia riguardo all’ambiente….
Un cucciolo riuscì a scappare mentre
all’altro venne applicato un collare; non abbiamo saputo più nulla della loro
sorte.
Il dolore, il senso di impotenza,
la rabbia, la preoccupazione per quei poveri cuccioli soli e impauriti di
fronte a un inverno alle porte…
Quanto dispiacere dover
sopportare costantemente la cattiveria degli uomini, la loro stupidità e il
loro egoismo.
Sempre gli animali vengono
sfruttati, non solo per la carne, per il lavoro, per la compagnia, questa
volta anche per l’immagine!
Loro si sono fatti belli della
presenza degli orsi, quei meravigliosi plantigradi fieri, si sono divertiti a
pubblicare le immagini della madre orsa coi suoi piccini e poi, il gioco è venuto
a noia, abbattiamola !
Molti animalisti organizzarono
pullman da tante parti d’Italia e andarono a Trento a protestare contro questa
ennesima crudeltà, ma furono buttati fuori, malmenati e denunciati.
Anche noi di Firenze partimmo una
domenica alla volta di Trento.
Avevamo ottenuto il permesso di
sfilare per le strade della città, in modo pacifico, per far capire che era
stata una brutta decisione. Che ingenui eravamo!
Serena e altri amici avevano plasmato
con la cartapesta la sagoma di una povera orsa uccisa, sdraiata su una
portantina, a mo’ di funerale.
Dopo ore di viaggio arrivammo
finalmente a Trento, passammo davanti a quella aiuola col bambino che offre un
fiore all’orso, quella visione ci mostrò tutta l’ironia della situazione.
Ma eravamo solo all’inizio, il
bello doveva ancora arrivare.
Parcheggiamo in Piazza Stazione,
grande piazza semivuota, sotto lo sguardo incuriosito di alcuni extracomunitari
che pisolavano sulle panchine.
Erano arrivati tanti altri amici
in treno, alcuni vestiti da orso, altri con cartelli e striscioni.
Ci riunimmo per prepararci a
sfilare verso il centro di Trento.
A quel punto arriva la notizia:
in centro non si può andare, vietato dall’amministrazione, la polizia ha
l’ordine di non far passare nessuno.
Abbiamo il permesso di sfilare soltanto attorno a quella piazza Stazione
vuota, se vogliamo possiamo arrivare lì dietro, davanti al Palazzo della
Provincia, il palazzo di colui che più di tutti aveva voluto un finale così
crudele.
Così, dopo esserci sorbiti quattro
ore di viaggio per arrivare, che sarebbero diventate otto col ritorno, non
potevamo fare altro che accettare oppure salire sul pullman e ripartire.
Sfilammo dunque intorno a quella
piazza in tanti, in silenzio, con la morte nel cuore, con un senso di impotenza
tremendo e la voglia di urlare tutta la rabbia verso di loro, ma zitti, non si
poteva, altrimenti sarebbero stati guai ! Se non fosse stata tragica quella
situazione avrebbe avuto un senso grottesco.
Passammo davanti alle finestre chiuse del palazzo della
Provincia, un palazzone gigantesco costruito coi soldi dei contribuenti e naturalmente
chiuso, ovvio, era domenica!
Sfogammo la rabbia con molti urli
generici, ma io in cuor mio sapevo che quello sarebbe stato il mio ultimo
viaggio in Trentino! E anche adesso non riesco a comprare nemmeno le mele della
Val di Non, preferisco quelle toscane.
Stava venendo la sera. Dovevamo
prepararci a ripartire, cominciammo a radunarci e ancora arrabbiati e delusi,
Serena disse:
“Non riportiamo a casa le lanterne di carta che avevamo
preparato per Daniza, accendiamole e facciamole volare in cielo, in ricordo di
lei!”
Allora ci mettemmo tutti
ad accendere le lanterne mentre il cielo diventava sempre più scuro.
Le prime lanterne volarono in
alto, altre le raggiunsero.
Improvvisamente quelle lanterne
luminose si mossero e formarono una grandissima immagine della costellazione
dell’“Orsa maggiore”!
Appena me ne accorsi mi misi ad
urlare e tutti ci mettemmo a guardare in alto con gli occhi pieni di lacrime:
Daniza ci stava ringraziando!
Grazie a te Daniza, madre martire della cattiveria e dell’ottusità umana, non ti dimenticheremo MAI.
Fonte dell’immagine: www.artribune.com
Gabriella Costa è Vice Presidente L.I.D.A. Firenze Onlus (Lega Italiana dei Diritti dell’Animale); Membro del CAART (Coordinamento Associazioni Animaliste Regione Toscana)
Gentili lettori, nell’ultimo articolo di questa rubrica, con il quale provavamo a descrivere come sarebbe stato l’inverno 2018/2019, avevamo parlato di un mese di dicembre caratterizzato da un periodo piuttosto freddo attorno alla metà del mese, seguito da rimonte di aria più calda ed umida e dei mesi di gennaio e febbraio che potevano essere caratterizzati da temperature sotto la media. Arrivati alla fine della prima decade del mese di gennaio, in base alla lettura degli indici che si utilizzano in meteorologia ed in base allo stato di salute del vortice polare, possiamo confermare le ipotesi iniziali. Gennaio ha esordito con temperature piuttosto basse e con due irruzioni di aria artico-continentale che hanno portato la neve fino alle coste meridionali, soprattutto dell’Adriatico ma anche del Tirreno. In più occasioni in queste pagine abbiamo scritto di come, negli ultimi anni, nevichi maggiormente al meridione che non sulle Alpi. Certamente è curioso notare, giusto per fare degli esempi, come per 2/3 anni di fila abbia nevicato a Napoli e Salerno mentre dai palazzi alti di Milano, città con le Alpi sullo sfondo, spesso non si è vista la neve nemmeno con il binocolo. Anche se chi scrive è solo un appassionato di meteorologia e non un esperto, mi sento di rassicurare chi legge sul fatto che tale tendenza sia solamente temporanea e dovuta ad aspetti ciclici della circolazione atmosferica del pianeta (non è interesse del lettore leggere di indici come la PDO la NAO etc).
Si
è detto quindi che gennaio è iniziato con temperature piuttosto basse e, fatta
eccezione per una fase solo leggermente più mite fra il 13 ed il 18 del mese,
ciò che si può ipotizzare è il mantenimento di questo trend. Proprio tra la
fine del 2018 e gli inizi del 2019 è avvenuto l’ennesimo importante
riscaldamento ai piani alti della stratosfera il quale, seppure con tempi più
lunghi e con modalità diverse rispetto a quanto avvenuto nel mese di febbraio
’18, avrà nuovamente l’effetto di sconquassare il vortice polare e di far
espandere il freddo verso le latitudini più meridionali. Per non allontanare i
lettori da questa rubrica evito di provare a spiegare il meccanismo per il
quale un surriscaldamento nella stratosfera (parte più alta dell’atmosfera
terrestre), se avviene in corrispondenza di determinate zone dell’emisfero
nord, può portare ad un espandersi del freddo fino al Mediterraneo.
Andando
sul concreto, ciò che oggi, dati alla mano, è possibile ipotizzare è la
seguente previsione:
–
13/18 gennaio periodo solo leggermente più mite soprattutto al sud;
–
19/23 gennaio arrivo sul Mediterraneo di correnti nordatlantiche via via più
fredde, che potrebbero portare le prime vere piogge al nord e la neve in
collina, localmente anche più in basso;
– dal
24 circa fino alla fine del mese di gennaio, probabile affondo di correnti
artico-continentali piuttosto fredde, con possibili nevicate questa volta non tanto
al sud, ma con il centro-nord che torna in pole position;
–
ad inizio febbraio possibile arrivo di aria gelida di tipo continentale (ovvero
proveniente dalla Russia o dalla Siberia) con ripercussioni per buona parte del
mese.
Ad
oggi è difficile poter dire dove e quando pioverà o nevicherà, ma ciò che
appare certo è che i mesi di gennaio e febbraio per lunghi tratti saranno
freddi e con occasioni di neve in pianura nelle zone del centro-nord. Come già
scritto nel precedente articolo, qualcosa sembra cambiare nella circolazione
atmosferica del nostro emisfero. È lecito quindi attendersi per i prossimi anni
degli inverni dinamici, sicuramente diversi dalle ultime 4/5 stagioni.
Alessio
Genovese
Fonte
della fotografia: FoggiaToday (www.foggiatoday.it), fotografia di Matteo
Nuzziello.
Nel silenzio assordante degli organi di stampa, sulle isole dell’Arcipelago Toscano è cominciata la “soluzione finale” per quegli animali ritenuti “alieni”
Di Gianni Marucelli
Ci riferiamo al Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano, una vasta area comprendente le isole e il mare immediatamente circostante, di cui abbiamo già avuto modo di parlare non molto tempo fa per il massacro, eufemisticamente chiamato “eradicazione”, ma forse sarebbe più efficace “soluzione finale”, che riguarda la popolazione di mufloni, immessa dai cacciatori circa mezzo secolo fa e ora accusata di crimini contro l’ambiente: cibarsi di pianticelle giovani, prevalentemente di leccio, impedendo il rinnovarsi della macchia. I numeri, li ricordiamo, sono davvero eloquenti, più di 400 capi l’anno senza distinzione di sesso né di età (si uccidono anche, anzi preferibilmente, le femmine e i cuccioli); nonostante il gran daffare dei cacciatori di selezione (i comuni amanti dell’arte venatoria sono esclusi a priori), però, i mufloni mostrano una eccezionale virtù di resilienza, frustrando le aspettative del Consiglio Direttivo, imperiosamente guidato dal Presidente Sammuri.
Di ciò, ho detto, abbiamo già parlato: restano
però da chiarire quanto grande sia la somma che il Parco destina annualmente a
questa bisogna (o vogliamo definirla per quel che è, ovverosia strage entro un
territorio protetto).
Ma non è finita; il buon Sammuri, esperto
in gestione di ungulati (anche i cinghiali se la passano infatti assai male) si
è cimentato diversi mesi fa in un repulisti di volatili nella piccola isola di
Pianosa. Secondo le informazioni da noi avute, questo modesto territorio, che
lo stesso Parco pubblicizza come “L’Isola del Silenzio”, si è trasformato per
diversi giorni in un Afganistan nostrano: l’ordine era chiaro, andate e fateli
fuori tutti, fagiani e pernici rosse, che pacificamente vivevano qui da più di
un secolo.
Immaginatevi dunque (chi c’è stato lo
potrà fare facilmente) decine di doppiette in costante azione, supportate dai
cani da caccia. Terrore, sangue, pallini e cartucce sparsi per i prati, uccelli
marini, come i gabbiani, anch’essi spaventati che urlano la loro paura
dileguandosi sul mare…
Che spettacolo, signori, degno dei versi
danteschi!
Un’azione di impavido coraggio portata
avanti da Sammuri e dai suoi killer nonostante il parere contrario delle stesse
Associazioni venatorie!
Così si
esprime una di esse:
“Sull’isola di Pianosa, è in
atto un progetto di reintroduzione della pernice rossa di ceppo italico. Opera
sicuramente meritoria che fa parte di un più ampio progetto life, che punta a
eliminare dall’isola tutti gli alieni, sia animali che vegetali. Prima di
immettere i capi del progetto, devono essere rimossi i numerosi fagiani e
pernici (che dovrebbero essere ibride) presenti sull’isola. Nello scorso anno
un po’ di fagiani sono stati catturati con la collaborazione dei cacciatori, ma
adesso si è deciso di abbattere le centinaia di capi di qualità superiore che ancora
sono presenti sull’isola e avrebbero potuto ripopolare zrc e zrv. Forse è
il caso di pensarci meglio, e chiedere ancora l’intervento dei volontari del
mondo venatorio. Siamo sicuri che, come sempre, lavorerebbero gratis molto volentieri”.
Questa espressione, “lavorerebbero gratis”, ci induce a pensare
che i cacciatori di selezione siano stati pagati per quella pratica venatoria
che essi giudicano un divertimento; del resto, non si spiegherebbe altrimenti
perché, nei bilanci annuali del Parco stesso, siano state accantonate ingenti
somme per questo scopo. Per essere più chiari, pagare, e bene, i cacciatori di
selezione, quanto bene non
lo sappiamo ancora, ma lo scopriremo presto!
Insomma, la “filosofia” del Presidente Sammuri si basa sul seguente
presupposto: sterminare tutto quanto è stato introdotto nelle isole, diciamo
negli ultimi secoli, comprese le piante, che è definito “alieno”, e cercare di
reintrodurre specie che, presumibilmente, erano autoctone. Nel perseguire
questo tentativo è però avvenuto un episodio che dimostra quanto possa essere
fallace la presupponenza umana. Nell’Operazione Pianosa si dovevano anche
catturare le lepri, giudicate ibride, importate in tempi recenti; gli
scienziati dell’ISPRA hanno poi scoperto che questi abitanti di Pianosa
appartenevano alla specie “Lepre europea dell’Isola di
Pianosa che è geneticamente incontaminata e riconducibile alla Lepus europaeus
meridiei Hilzheimer, 1906, la sottospecie tradizionalmente descritta per
l’Italia, che si era creduta estinta a causa dei noti ripopolamenti effettuati
con altre sottospecie importate”. Così decreta una rivista venatoria.
E ora che accadrà? La lepri giudicate “geneticamente impure” e
adesso risultate di “italianissima stirpe” verranno ricondotte, con tante scuse, nella loro
isoletta?
Ci
piace citare, a proposito di tutto questo orrendo guazzabuglio, una
dichiarazione di Michele Rampini, esponente locale del PD:
“In
relazione al provvedimento del Direttivo del Parco – si legge in una nota – che
prevede l’eradicazione del Fagiano e della Pernice dall’Isola di Pianosa, mi
domando se questa sia la decisione più giusta e appropriata. Si afferma che
questi volatili, poiché introdotti dall’uomo nel 1800, non rappresentino una
popolazione faunistica autoctona e quindi vadano eliminati dall’ambiente in cui
in realtà sono nati da generazioni. Non si spiega né si afferma che siano
pericolosi per altre specie né tanto meno per l’uomo. Allora mi domando perché
tale furia contro degli animali che se inseriti in altri ambienti potrebbero
non essere capaci né di sfamarsi o peggio facile preda dei cacciatori perché
del tutto spaesati. Detto questo ovviamente non sono contro una caccia
regolamentata, ma contro un facile sterminio. Essere cacciatori vuol dire anche
competere con chi è cacciato. La pervicacia nel perseguire la teoria per cui in
un territorio deve essere salvaguardata ad ogni costo e senza ragionevolezza la
purezza di una fauna autoctona, mi sembra – conclude Michele Rampini
– che rasenti una specie di razzismo faunistico”.
In effetti, tutte le decisioni prese da Sammuri hanno il timbro
intellettuale dell’estremismo ecologista, ma la sensazione che più disturba è
quella del retro-pensiero razzista.
Volendo però scendere sullo stesso piano di ragionamento dei membri
del Direttivo del Parco, lancio una proposta, provocatoria sì, che però
dovrebbe rientrare nei loro parametri: prima della fine dell’ultima Era
Glaciale, quando le isole erano unite alla terraferma per l’abbassarsi della
superficie marina, all’Elba doveva certamente essere presente, insieme a tanti
altri animali, anche il Lupo. Vogliamo che sia la natura stessa a risolvere il
problema degli ungulati, adottando gli stessi criteri di Sammuri e C.? Bene,
reintroduciamo il Lupo!
Oppure cessiamo di scherzare e portiamo progetti di eradicazione
e relativi costi sulla scrivania del Ministro Costa, che poi è quello che paga
i conti?
MARCO FABBRINI, I due che salvarono il Natale, Graphe.it edizioni, 2018, Euro 10,90
Giocata tra lo spirito dickensiano di
Christmas’ Carol e l’ispirazione del romanzo sociale, la bella storia creata
dalla penna dell’amico Marco Fabbrini punta dritta alla sensibilità del
lettore, con una scrittura stilisticamente attenta anche a veicolare i lessemi
tipici della località dove essa è ambientata.
Che, poi, è Abbadia San Salvatore, borgo
storico del Monte Amiata e paese natale dell’autore, descritto nella sua realtà
e nelle sue suggestioni di centro minerario qual fu ai primi del secolo ventesimo,
con i boscaioli trasformati in minatori, economicamente più agiati, ma
sottoposti a un duro sfruttamento padronale.
Così, l’imperiosa richiesta del
Direttore, il tedesco Strege, di lavorare anche la vigilia della festa più
sentita dell’anno, giorno dedicato alla rifinitura e accensione delle
tradizionali “fiaccole”, sorta di pire che ancora oggi illuminano, strada per
strada, le vie del borgo la sera del 24 dicembre, innesca una rivolta operaia
che forse era già nell’aria.
Marco Fabbrini
Soltanto l’amicizia nata tra due
ragazzini, Mino e Adele, estremamente diversi tra loro, la figlia del Capo e il
figlio del minatore Sabbatini, riuscirà a riportare la ragionevolezza e la pace
tra le parti avverse, e a far sì che il Natale sia salvo, nonostante il prezzo
di sangue pagato dai lavoratori.
La lettura scorre piacevole e intrigante
dall’inizio alla fine, e può essere facilmente fruita anche dai bambini, visto
che proprio loro sono i protagonisti della vicenda.
Il romanzo, nel momento in cui scriviamo,
ha già ricevuto positivi attestati dalla critica, cui volentieri uniamo il
nostro parere, invitando all’acquisto e alla lettura.
Finalmente. Anche se ancora ufficialmente non in commercio, il romanzo del caro amico Gianni Marucelli, L’Isola del Muflone azzurro (Betti Editrice Siena) è stato pubblicato. È già visibile sui siti delle librerie on line quali Feltrinelli, Amazon e Libreria Universitaria.
Vi
confesso che, come se fosse stato un mio libro, non vedevo l’ora che il lavoro
di Gianni uscisse, anche se sarà disponibile a partire dal 1 febbraio. È
possibile, tuttavia, prenotarlo presso i siti delle librerie sopra riportate.
Questo
bellissimo romanzo l’ho praticamente visto nascere dalla prima pagina – ad
esser sinceri sin dalla copertina – all’ultima. Del resto ho curato
personalmente l’impaginazione del testo e il dipinto riportato in copertina è
mia opera creata appositamente per il libro di Gianni.
Il lavoro è stato lunghissimo ma divertente. Praticamente l’ho ritrascritto parola per parola fino alla sua conclusione permettendomi di leggere in anteprima assoluta la vicenda narrata con grande maestria dallo scrittore fiorentino.
L’ambientazione
della storia non è stata scelta a caso da Gianni: Capraia, isola dell’arcipelago
toscano, è molto amata dallo scrittore. Salta subito agli occhi la descrizione
di ogni singolo luogo anche nei minimi particolari. Si può dire che la conosca
bene quanto le sue tasche.
Gianni
narra due vicende apparentemente non legate: una collocata nel periodo del
declino e della perdita dell’indipendenza dei Rasenna, ovvero del popolo
Etrusco causato dallo strapotere della Repubblica Romana. L’altra si svolge nei
giorni nostri dove la protagonista principale è una bambina, la piccola Cate
che, nonostante sia perfettamente sana e normale, non sappia ancora parlare
correttamente: pronuncia una manciata di parole che, naturalmente, sta a voi
lettori scoprire quali siano. Se la bimba non ha ancora un rapporto normale con
il mondo dei grandi, ne ha uno fantastico con il giovane muflone Blè.
La
Sibilla del Mare e il lucumone di Volterra (Velathri in etrusco) caratterizzano
invece la vicenda del passato. Il principe sacerdote etrusco ha una missione.
Viene incaricato dalla Confederazione delle città etrusche (la Dodecapoli) di
nascondere i preziosi testi sacri della religione Rasenna incisi sull’unico
materiale non corruttibile dal tempo: l’oro. L’isola della Sibilla del Mare
(Capraia) è considerato il luogo più adatto per la sua missione. L’anziana
Sibilla aiuterà il Lucumone mantenendo il segreto del nascondiglio. Segreto che
non svelerà mai.
Cate
e il muflone Blè sono i punti cardini di tutta la vicenda catalizzata comunque
dalla presenza di un altro personaggio che molto assomiglia (e lo scrittore non
a caso lo menziona) ad Indiana Jones: un etruscologo che non appartiene alla
casta ufficiale degli archeologi ortodossi che si mette sule tracce dei testi
sacri perduti servendosi di una antica strana e particolare mappa rinvenuta nei
fondali della costa livornese. Lo studioso naturalmente non è solo nella
ricerca. Alcuni abitanti dell’isola, compreso il maresciallo dei carabinieri,
danno una mano all’uomo nella ricerca in un momento particolare: sul mar
Tirreno si vive l’incubo di uno spaventoso maremoto provocato dall’eruzione di
due vulcani sottomarini: Marsili e Vavilov.
Il resto della storia lo scoprirete voi, naturalmente. Sono sicuro che il romanzo vi appassionerà sin dalle primissime pagine tanto che vi sembrerà di assistere in prima persona alle due vicende narrate in questo libro che io pongo tra l’avventura, il fantasy, il quasi giallo e, perché no? Una spy story. Un libro che non deve mancare nella vostra libreria.
Il 1 Gennaio 2019 è iniziato il
sesto anno della rivista Italia Uomo Ambiente, l’amico Alberto Pestelli ha
pubblicato i dati numerici dei visitatori della rivista, numeri che di anno in
anno sono cresciuti.
Era il mese di Luglio 2014 quando
scoprii la rivista, una della collaboratrici, Iole Troccoli, aveva scritto una
recensione al libro “Tacco 12 in bilico sulla vita” della cara Anna Conte.
Anch’io in quei giorni avevo
finito di leggere quel libro, tante erano le emozioni che aveva generato in me,
mi era sembrato, già dalle prime pagine, un libro vero ed intenso, si percepiva
la voglia di una donna di mettere a nudo la parte più bella di lei, il suo
cuore e la sua anima.
Le mie emozioni le affidai alla
mia penna e la rivista Ilikepuglia.it le pubblicò il 10 Luglio 2014, ritenni
opportuno chiedere al coordinatore della rivista, ad Alberto Pestelli, se era
interessato a pubblicare il mio articolo, Alberto mi consigliò di scrivere al
direttore, il Prof. Gianni Maruccelli, seguì il suggerimento.
Vi riporto il testo della e-mail:
“Gent.mo Prof. Maruccelli, ho visto pubblicato, vari articoli e la
recensione scritta dalla signora Iole Troccoli, al libro “Tacco 12..” della
sig.ra Anna Conte.
Alla luce di tutto questo, ieri ho scritto al Sig. Alberto Pestelli,
gli ho comunicato, che ho letto il libro, che l’ho trovato particolarmente
interessante e che ho scritto una recensione, pubblicata sulla rivista on-line
ILIKEPUGLIA.IT, il 10/07/2014 e, successivamente sulla pagina FB della signora
Anna Conte.
dicendo che ero favorevole alla pubblicazione sulle vostre testate, qualora
l’articolo fosse risultato di vostro gradimento.
Il signor Alberto Pestelli, mi ha suggerito di inviare a Lei il tutto,
essendo Lei il direttore delle testate.
Ecco se ritiene opportuno ed in linea con le sue scelte editoriali, può
pubblicare la mia recensione.
In attesa di un suo gradito riscontro le auguro buon lavoro.
Carmelo Colelli”
La risposta del Prof. Maruccelli non si fece attendere:
“Caro Sig. Colelli, sono completamente d’accordo sul fatto di recepire
e pubblicare sulla nostra rivista la sua partecipata recensione al bel libro di
Anna Conte…e di questo informerò immediatamente il nostro Capo Redattore.
Inoltre, mi farebbe davvero piacere se Lei potesse collaborare con noi
anche in altro modo, inviandoci qualche breve articolo sulle suggestive
località della vostra bellissima terra di Puglia, sulle sue bellezze naturali e
storico-artistiche.
Restando in attesa, La ringrazio vivamente di questo suo primo
contributo
Gianni Marucelli”
La mia recensione venne
pubblicata il 30 Luglio 2014.
Dopo quella recensione, scelsi di
inviare sempre, alla redazione di Italia Uomo Ambiente, i miei articoli, i miei
racconti, le mie poesie, i miei disegni e ogni volta la direzione ha sempre
trovato spazio per pubblicarli, sulla rivista si è parlato dei luoghi della mia
Puglia, della sua gente e del dialetto che ancora si parla.
Da quel mese di Luglio 2014 sono
passati quattro anni e mezzo, con alcuni collaboratori, col direttore Gianni
Marucelli, con il coordinatore Alberto Pestelli, si sono stabiliti anche dei
contatti sui profili f.b…
Giorno dopo giorno, o se volete
post dopo post, ho scoperto delle persone speciali, con grande spessore
interiore, le loro parole sono frutto di personali emozioni che arricchiscono
chi li legge.
Sono veramente contento di aver
scoperto la rivista e a questa auguro una lunga vita, al direttore Gianni Marucelli,
al coordinatore Alberto Pestelli, alla redazione tutta e a voi tutti amici
della rivista auguro un anno speciale ricco di emozioni, quelle che
scaturiscono dal guardare, vivere e raccontare la bellezza che ci circonda.
Un
altro anno si è concluso. Ci lasciamo alle spalle mesi di grandi soddisfazioni
dal punto di vista editoriale e, nell’accingerci a iniziare il 2018, mi sembra
opportuno tirare le somme dell’anno appena concluso.
Come
lo scorso anno ho preparato una tabella dei download complessivi che riguardano
sia la rivista nel formato PDF, sia i supplementi e mini e-book, sia i vari
comunicati stampa che ci sono stati inviati dalla Federazione Nazionale Pro
Natura e da altri siti ambientalisti.
Se nel
7617 abbiamo ritenuto un buon successo aver avuto 6298 download complessivi, i 9780
download del 2017 sono entusiasmanti. Il prossimo anno proveremo a superare gli
8000 download.
Per
quanto riguarda le visite al nostro sito abbiamo superato alla grande i numeri
del 2017: 113964 presenze. Nel 2017 abbiamo avuto 103555 visite.
Abbiamo
avuto visite da tutta Italia ma anche numerosi click da tutto il mondo dagli
Stati Uniti d’America, la Gran Bretagna, Germania e tanti altri paesi europei,
dal Giappone alla Cina Popolare, a qualche stato africano.
Quindi
è comunque un successo più che ottimo. Successo che intendiamo ripetere
mettendoci ancor più d’impegno nel garantire un’informazione ambientale più
ampia possibile, nell’offrire pagine di cultura e arte, facendovi viaggiare
insieme a noi per gli angoli più belli, singolari e caratteristici del nostro
bellissimo paese.
Un
sentito grazie va al nostro direttore Gianni Marucelli per la sua grande
professionalità giornalistica e la sua disponibilità con tutti noi. Vogliamo
ringraziare la presidenza e il consiglio direttivo di Pro Natura Firenze e la
Federazione Nazionale Pro Natura per il loro prezioso sostegno.
Alberto
Pestelli, Coordinatore di Redazione
Rapporto annuale dei Download della Rivista,
miniebook, supplementi e documenti vari
Dati dal 1 Gennaio al 31 dicembre 2017
Download complessivi 2017
Download complessivi 2018
7617
7617
Download Rivista, supplementi e allegati vari dal 1 Gennaio al 31
dicembre 2018
Mese
Download 2017
Download 2018
Visite 2018
Gennaio
735
586
10201
Febbraio
346
971
8820
Marzo
539
1488
10623
Aprile
563
1116
9327
Maggio
838
805
10199
Giugno
527
780
14181
Luglio
600
509
9848
Agosto
381
693
9680
Settembre
415
428
8027
Ottobre
1352
740
7908
Novembre
826
925
8534
Dicembre
495
739
6616
7617
9780
113964
Visite totali al sito
dal 1 gennaio al 31 dicembre 2017: 103555 visite
Visite totali al sito www.italiauomoambiente.it dal 6 aprile 2014 (data di apertura del sito) al 31 dicembre 2018: 231122